Il risveglio globale dell’atomo

A trent' anni dal referendum che ha messo la parola fine al contrastato sviluppo di un comparto nucleare made in Italy, si manifestano anche da noi, come nel resto dell' Europa antinuclearista, i primi segnali di risveglio. L' Enel, dopo aver comprato quattro reattori in Slovacchia, sta per metterne in cantiere altri due, con un investimento da un miliardo e mezzo, e viene riaccolta così nella World association of nuclear operators, da cui era uscita. Le gare d' appalto sono imminenti e tutta la costellazione dei nuclearisti italiani – da Ansaldo Nucleare ad Ansaldo Camozzi, da Sogin a Techint – ha un piede sull' acceleratore. Nell' opinione pubblica, intanto, si fanno largo i primi ripensamenti sull' opportunità di privare ancora a lungo il nostro Paese, unico fra i grandi del mondo, di questa fonte di energia così importante, che copre il 28 per cento dei consumi elettrici europei. Così come gli svedesi, che avevano deciso di fermare tutte le centrali nel 2011 ma ora hanno cambiato idea e si apprestano a potenziarle, anche il 56 per cento degli italiani si è dichiarato favorevole, in un recente sondaggio, a un ritorno al nucleare sul nostro territorio. «Paradossalmente, è l' opinione pubblica europea a trainare i politici in questa direzione», spiega Alessandro Clerici, presidente onorario del World energy council in Italia e responsabile del gruppo di lavoro europeo sul ruolo del nucleare. Sia nei Paesi dove la corsa al nucleare è già ricominciata, come in Francia, in Finlandia, in Slovacchia o in Romania, sia dov' è ancora ferma come in Germania, la principale motivazione addotta dai cittadini favorevoli all' atomo è la sua sostenibilità ambientale, molto maggiore delle fonti fossili. «Chiunque voglia combattere l' inquinamento e l' effetto serra – commenta Clerici – non può prescindere dal nucleare, una fonte priva di emissioni e al tempo stesso competitiva con i combustibili fossili». Per di più l' utilizzo massiccio di petrolio e gas, praticato in Italia per compensare la mancanza del nucleare, ci espone a un' estrema volatilità dei prezzi e a una grave dipendenza da Paesi tutt' altro che amichevoli. Le riserve dell' opinione pubblica non sono più concentrate sul pericolo di gravi incidenti, come ai tempi di Chernobyl, ma sul problema del collocamento delle scorie più radioattive, quelle che non possono essere riprocessate. «Nessuno si rende conto, però, che questo tipo di scorie ha un volume molto ridotto e quindi non ha senso pensare a depositi Paese per Paese: bisogna individuare un certo numero di siti europei, in grado di ospitare anche le scorie dei Paesi più piccoli, come ad esempio la Slovenia o la Croazia, che hanno una piccola centrale in comune e in teoria dovrebbero costruire ognuna un mini-cimitero nucleare: assurdo», fa notare Clerici. Dal rapporto del Wec, che servirà anche alla Commissione Europea come base per la futura politica energetica continentale, emerge chiaramente che le potenzialità del nucleare potranno essere sfruttate al meglio solo rafforzando la collaborazione europea e applicando economie di scala all' interno dei singoli Paesi. «Abbiamo messo attorno a un tavolo tutti i maggiori operatori del settore e abbiamo concluso che la nuova generazione di reattori, di cui si sta già costruendo il primo esemplare in Finlandia, sarà ancora più competitiva della vecchia – precisa Clerici – soprattutto se produttori e grandi consumatori riusciranno a consorziarsi fra di loro per firmare contratti di lungo periodo, che abbattano il rischio dell' investimento iniziale». Com' è successo in Finlandia. Calcolando i costi di una centrale di terza generazione come quella in costruzione a Olkiluoto, dalla nascita alla morte, compreso il tasso interno di rendimento che va conteggiato per ogni investimento operato in regime di libero mercato, si arriva a un prezzo dell' elettricità a bocca di centrale di 3 cent a kilowattora, contro i 7 della media italiana. Su questi numeri va calcolato il taglio secco che il nucleare porterebbe alla nostra bolletta elettrica. «Ma attenzione – ammonisce Clerici – per parlare di atomo bisogna costruire un sistema, non una centrale sola. Con tre centrali uguali, si risparmia un terzo del costo di un impianto singolo. Il mondo industriale italiano lo sa e questa è la direzione che dovrebbe prendere»

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