Tokyo alla paralisi energetica: il contributo dei rigassificatori

Un drastico programma di riduzione dei consumi elettrici è partito immediatamente dopo il terremoto di venerdì in Giappone e durerà settimane, se non mesi, coinvolgendo tutta la popolazione del Nord, fino a Shizuoka, 200 chilometri a Sud di Tokyo. Sul fronte industriale, i blackout programmati coinvolgono soprattutto l'industria automobilistica (Toyota, Nissan e Honda hanno chiuso gli stabilimenti) e informatica (Panasonic, Sony e Toshiba sono ferme), ma anche le altre. Difficile dire quanto durerà il blocco. Con 11 reattori fermi su 54, di cui alcuni talmente danneggiati da dover chiudere per sempre, è chiaro che ci vorrà tempo per tornare alla normalità.

Il Giappone, con 279 gigawatt di potenza installata, è il terzo consumatore di elettricità al mondo, dopo gli Usa e la Cina, ma è un Paese povero di risorse naturali e soddisfa un quarto della sua domanda elettrica attraverso il nucleare. Con 54 reattori, per complessivi 49 gigawatt, è la terza potenza mondiale nel nucleare civile, dopo gli Stati Uniti e la Francia. Sul fronte dei combustibili fossili, è il terzo consumatore di petrolio, dopo gli Stati Uniti e la Cina, e il secondo importatore netto, ma solo il 10% del suo sistema elettrico va a olio combustibile. E' il primo importatore mondiale di gas naturale liquefatto (Lng) e di carbone, con cui manda avanti oltre metà del suo sistema elettrico. Il rimanente 10% è coperto dall'idroelettrico e da altre fonti rinnovabili.

Ma il terremoto e lo tzunami di venerdì scorso non hanno abbattuto solo una parte del sistema nucleare: hanno anche travolto una grande diga – il cui crollo ha spazzato via 1800 case a valle – che supportava una centrale idroelettrica da 300 megawatt. Per fortuna la parte principale delle risorse idroelettriche giapponesi è localizzata al Centro-Sud del Paese, altrimenti il tributo di vite umane sarebbe stato ancora più alto. E' stata chiusa anche la centrale elettrica di Kashima, con oltre 4 gigawatt installati una delle più grandi centrali ad olio combustibile del mondo. E hanno dovuto fermarsi cinque raffinerie, con una capacità complessiva di 1,2 milioni di barili di greggio al giorno. In complesso, si calcola che manchi all'appello circa un quarto del fabbisogno elettrico nazionale.

Sono ancora attivi, invece, i terminali di rigassificazione, per cui il Giappone sta aumentando l'import di gas naturale liquefatto per compensare i blocchi dei reattori nucleari con le centrali a gas. Gazprom ha già promesso una fornitura extra di 200mila tonnellate di gas naturale liquefatto e altre forniture sono in arrivo dai mercati europei. Se il sistema produttivo giapponese riuscirà a rimettersi in moto in tempi brevi sarà solo grazie a questi impianti, che consentono una grande flessibilità di approvvigionamento. In Italia, dove dipendiamo da quattro tubi – tutti di proprietà dell'Eni – per le forniture di gas, questa flessibilità ce la sognamo.