Da Berlino il segnale della ritirata all’industria nucleare

Con la decisione di abbandonare il nucleare entro il 2022, il governo di Angela Merkel ha messo una pietra tombale sull'atomo europeo: otto centrali tedesche chiuderanno immediatamente, sei entro il 2021 e tre l'anno successivo. Subito dopo, gli svizzeri hanno deciso l'uscita dal nucleare entro il 2034 e l'abbandono dei progetti di costruzione di tre nuove centrali. Gli inglesi hanno messo un freno alla realizzazione dei loro nuovi reattori. Gli italiani andranno a referendum il 12-13 giugno e l'esito si può già dare per scontato, vista l'aria che tira e la facilità di ritirarsi da un progetto mai realizzato.

La prima reazione dall'industria è stata quella di E.on: durissima. Farà causa al governo di Berlino chiedendo un congruo risarcimento. "La compagnia si aspetta adeguate compensazioni", ha detto un portavoce, aggiungendo che i danni sono calcolabili "in una somma a due cifre in miliardi di euro". Rwe, per parte sua, ha fatto sapere che "si stanno considerando azioni legali". Con le sue quote negli 11 reattori nucleari tedeschi in cui è presente, E.on avrebbe potuto produrre 1.271 terawattora di qui alla fine del ciclo di vita previsto: come dire che solo con quelli avrebbe potuto mandare avanti l'Italia intera per quattro anni. Ripercussioni si cominciano a vedere anche sulla strategia internazionale delle aziende tedesche: Siemens, che ha appena sofferto una batosta da 648 milioni di multa per la rottura della joint-venture nucleare con la francese Areva, ha deciso di uscire anche dall'accordo con il colosso russo dell'atomo Rosatom, che aveva firmato due anni fa.

In Giappone, l'effetto Fukushima si fa sentire su Toshiba, casa madre insieme a Westinghouse del reattore AP1000, grande rivale dell'Epr francese: il campione tecnologico giapponese ha annunciato un ridimensionamento delle attività nucleari a favore delle rinnovabili e delle smart grid. "Se tutti nel mondo sono contrari all'atomo non ha senso continuare a dire che questa tecnologia sarà il pilastro della nostra strategia", ha dichiarato il presidente di Toshiba, Norio Sasaki, aggiungendo che "ci vorrà del tempo per capire esattamente quale sarà il nuovo quadro internazionale". Il gruppo ha reso noto che l'obiettivo di 39 ordini per altrettanti reattori AP1000 slitterà di due anni fino al marzo 2016. Sasaki ha precisato che gli ordini per i quattro AP1000 da realizzare in Cina non subiranno ritardi, ma potrebbero slittare di 2-3 anni i tempi di approvazione dei progetti negli Usa e in altri Paesi. Toshiba si concentrerà di conseguenza su nuovi settori come le rinnovabili, le smart grid e le batterie, per i quali stanzierà 700 miliardi di yen (oltre 6 miliardi di euro). Più in dettaglio, ha spiegato Sasaki, 350 miliardi di yen saranno investiti nel solare, idroelettrico, geotermico ed eolico, 800 miliardi nei motori elettrici a bassi consumi, negli inverter e nelle batterie e 900 miliardi nelle smart grid.

La svolta della Merkel ha travolto anche il mercato europeo della CO2, dove i prezzi sono schizzati in alto fino a 17 euro la tonnellata, partendo dal presupposto che la chiusura dei reattori tedeschi rimetterà in gioco il carbone polacco e il gas russo, causando un marcato aumento delle emissioni di anidride carbonica e quindi del valore dei certificati relativi. La Germania ha solo sei mesi per evitare il blackout estivo, che nelle condizioni attuali risulterebbe inevitabile. E quindi dovrà mettere rapidamente in piedi un'alternativa, non certo affidandosi alle fonti rinnovabili. La Francia stessa è preoccupata dall'improvviso venir meno dell'energia d'importazione tedesca, che colpisce il sistema francese proprio in un momento di grave siccità, di cui soffrono anche i sistemi di raffreddamento dei reattori. La Commissione Europea, a sua volta, non è stata particolarmente entusiasta della decisione unilaterale di Berlino, che non tiene conto delle ricadute infrastrutturali per l'Europa, come ad esempio nuovi gasdotti o elettrodotti intercontinentali. Ma l'addio al nucleare della locomotiva tedesca è ormai deciso e resterà un punto di svolta nella strategia energetica del Vecchio Continente.