Maxi-turbine da fantascienza per catturare il vento del mare

L'eolico offshore pensa in grande. Turbine da 6 megawatt sono ormai già in uso per le installazioni in mare e il mercato punta deciso verso i 10 megawatt, oltre il triplo delle pale normalmente installate oggi a terra. Aerogenerator X, una turbina da 10 megawatt di forma radicalmente nuova e dal diametro totale di 275 metri, è stata ingegnerizzata dalla britannica Arup e inizierà ad essere prodotta dal 2013-2014, per iniziativa di un consorzio che comprende il governo di Londra, diverse università britanniche e una serie di grandi nomi dell'industria come Caterpillar, Edf, E.on, RollsRoyce e Shell. Il modello concorrente, Britannia, sempre da 10 megawatt, assomiglia molto di più a ai generatori attuali, ad asse orizzontale, ed è stato progettato dall'americana Clipper: alto 180 metri, con pale da 72 metri, sarà ancorato direttamente sul fondo del mare, a differenza dell'Aerogenrator X che poggerà su di una piattaforma semi-sommersa simile a quelle usate per l'industria petrolifera. Tutte e due cercano di risolvere un problema di costi: considerando che tirare su una pala in mare costa dieci volte tanto rispetto ai campi eolici di terra, aumentando la potenza della turbina si riducono le differenze. La norvegese Sway, invece, affronta un'altra questione, molto sentita in Italia: per superare la difficoltà di collocare campi eolici su fondali profondi, la sua nuova turbina sarà galleggiante come una bottiglia mezza piena, grazie a una torre immersa per cento metri e riempita di zavorra, ancorata sul fondo del mare.

Questi prototipi e altri ancora rappresentano il futuro dell'eolico, a giudicare dalla rapidità con cui cresce l'offshore, ultimo arrivato sul mercato del vento, praticamente inesistente fino al 2007. In Europa, nel 2010 sono state installate 308 nuove turbine in mare, il 51% in più rispetto al 2009, per un totale di 883 megawatt distribuiti su nove parchi in 5 Paesi europei, tutti affacciati sul Mare del Nord o sul Baltico. Gli investimenti complessivi si sono aggirati sui 2,6 miliardi di euro. I dati 2010 portano la capacità eolica offshore europea a 2.964 megawatt. Per il 2011, l'European Wind Energy Association prevede nuove installazioni offshore per una capacità compresa tra i 1.000 e i 1.500 megawatt. In Italia, invece, i vari tentativi di installare turbine offshore si sono scontrati con le resistenze locali: famoso è il caso del parco progettato da Effeventi al largo delle coste molisane, bloccato a suo tempo da Antonio Di Pietro, allora ministro delle Infrastrutture, e mai più decollato.

Per ora il Paese leader è la Gran Bretagna, con una capacità di 1.341 megawatt, seguita da Danimarca e Olanda. E proprio dal Regno Unito ci viene una previsione di crescita stratosferica sul medio periodo: di qui al 2050 la capacità eolica offshore mondiale aumenterà fino a 1.150 gigawatt, secondo il centro studi governativo Carbon Trust, con ritmi di crescita media del 10% l'anno nel periodo considerato. Il segreto di questo sviluppo sta soprattutto nell'estensione dei parchi progettati, grazie ai bassi fondali comuni nel Mare del Nord: il Dogger Bank, ad esempio, è un colossale banco sabbioso che si estende per 18mila chilometri quadrati, a cento chilometri delle coste inglesi, con profondità fra i 15 e i 30 metri, su cui si sta costruendo un gigantesco parco eolico che arriverà in una prima fase a una potenza di 9.000 megawatt e in una seconda fase a 13mila (oltre il doppio di tutto l'installato italiano). L'appalto è stato vinto dal consorzio Forewind, costituito da Sse, Rwe, Statoil e Statkraft, attraverso una gara bandita dall'agenzia demaniale britannica Crown Estate. Il banco è tutto ciò che rimane di un grande territorio conosciuto come Doggerland, sommerso dopo l'ultima glaciazione, ma non è l'unico caso: formazioni geologiche analoghe sono sparse in tutto il Mare del Nord e potranno essere sfruttate in base al piano eolico del governo di Londra, che punta a un totale di 32.000 megawatt, per coprire un quarto della domanda elettrica britannica.