La casa del futuro si stampa e si riproduce all’infinito

Dai motori d'aereo alle valvole
cardiache, quasi tutto ormai si può stampare in 3D. Le tecnologie
digitali e le stampanti additive, che creano un prodotto da zero,
spalmando strati di materiale uno sopra l'altro, stanno già
rivoluzionando il settore manifatturiero, come ai tempi della catena
di montaggio di Henry Ford. Ma stampare edifici, si può? Esiste un
plotter grande abbastanza per edificare una casa, partendo dalle
fondamenta e deponendo mano a mano strati di materiale in base al
disegno dell'architetto?

Esiste. Sta in un capannone a Pisa. E
verrà utilizzato per realizzare un edificio a due piani in Olanda,
chiamato Landscape House, con la forma di un nastro di Moebius.
Enrico Dini, l'inventore del maxi-plotter, ci sta lavorando insieme a
Janjaap Ruijssenaars, l'architetto olandese che ha prodotto i
disegni. E la loro casa è già in corsa nel concorso internazionale
Europan, che mette a disposizione 50 siti per la realizzazione dei
disegni vincenti in 15 Paesi d'Europa. "In prospettiva, ci
piacerebbe costruirne una in ogni Paese, per inserirla ogni volta in
un paesaggio diverso, con diverse funzioni, dal museo alla casa
privata, ma per adesso abbiamo due proposte concrete, una in Olanda e
l'altra in Brasile", spiega Ruijssenaars, titolare dello studio
Universe Architecture a Amsterdam. Ruijssenaars ha lavorato con lo
scultore e matematico olandese Rinus Roelofs per concepire una
struttura continua di quasi mille metri quadri calpestabili, che
avesse anche la stabilità e la funzionalità di un edificio
abitabile. Per "stamparla" in pietra, con la tecnologia
inventata da Dini, sarà necessario suddividerla in sezioni di 6
metri per 9, visto che la sua macchina è larga sei metri.

LandscapeHouse_v2_final

"Nell'edilizia tradizionale,
bisogna partire da una cassaforma di legno, da riempire con un getto
di calcestruzzo, mentre con il mio sistema si può stampare il
fabbricato direttamente in sito, molto più velocemente", spiega
Dini. Il maxi-plotter brevettato dall'ingegnere toscano può dare
forma a qualsiasi disegno tridimensionale, spalmando strati di sabbia
da 5 millimetri di spessore uno sopra l'altro, legati da un collante
ecologico che li trasforma in un materiale composito simile a roccia.
Affascinato dalle forme organiche dell'architettura di Antoni Gaudi,
Dini ha già realizzato varie strutture con questo sistema, fra cui
Radiolaria, una scultura dalle forme ameboidi alta 8 metri, la più
grande mai prodotta da una stampante additiva. La riproduzione al
millimetro di forme molto complesse in un monolite di pietra sembra
la realizzazione su scala industriale dei giochi infantili con i
castelli di sabbia. Ma la trasformazione dell'edilizia in un processo
tecnologico, con la manodopera ridotta al minimo, potrebbe offrire in
prospettiva anche notevoli vantaggi economici. Il problema è la
logistica: una "stampa" di vaste dimensioni, anche solo per
lo scheletro di un edificio, è fattibile solo con la macchina sul
posto e quindi si tratta di costruirne una ad hoc per ogni edificio
che si vuole realizzare. Con un costo stimato di almeno un milione a
macchina, l'operazione vale la pena nel caso di una serie di
costruzioni collocate una accanto all'altra. Se si tratta di un
edificio unico, invece, la questione resta aperta.

Ma la Landscape House segnala una
tendenza che difficilmente si fermerà qui. Dopo anni di
sperimentazioni con la stampa tridimensionale nel design, la nuova
generazione di architetti non riesce più ad accontentarsi dei metodi
dell'edilizia tradizionale. Behrokh Khoshnevis, direttore del Center
for Rapid Automated Fabrication Technologies alla University of
Southern California, è convinto che la digitalizzazione
dell'edilizia sia fattibile in un futuro non lontano. Con la sua
Contour Crafting, Khoshnevis ha concepito l'automazione dell'intero
processo costruttivo per una serie di case da 200 metri quadri,
compreso l'impianto elettrico e le tubature interne alle pareti di
calcestruzzo. In base alle sue sperimentazioni, ogni casa a due
piani, completa di copertura, ma senza gli infissi, potrebbe essere
completata in 24 ore, con un costo di appena un quinto rispetto ai
costi correnti. Khoshnevis non ha grandi ambizioni estetiche, ma vede
l'automazione in edilizia come un'opportunità per elevare gli
standard abitativi nei Paesi poveri e per intervenire rapidamente in
aiuto dei senzatetto nelle regioni colpite dai disastri naturali.

Al polo opposto, Neri Oxman cerca di
riportare l'architettura verso la natura, con le sue forme biomorfe
stampate in 3D nel Mit Media Lab, dove ha fondato il gruppo di
ricerca Mediated Matter e dove insegna. Oxman vede nella stampa in 3D
un modo per instillare nell'architettura la multi-funzionalità delle
strutture biologiche, sperimentando materiali a densità variabile
per i pilastri, in modo da stamparli con il centro più poroso come
il tronco di un albero, o per le pareti, più pesanti o leggere a
seconda dei carchi, fino a farle diventare trasparenti laddove
possibile. In ognuna di queste sperimentazioni sta l'architettura di
domani, dove l'automazione, inevitabilmente, giocherà un ruolo di
primo piano.