Wildcatters

Li chiamano wildcatters. Spuntano come funghi dopo la pioggia quando il prezzo del petrolio sale e la ricerca di nuovi giacimenti diventa remunerativa anche per i piccoli esploratori, che non possono usufruire di economie di scala, ma hanno la flessibilità del mordi e fuggi. Di solito è gente del mestiere, che ha fatto esperienza nelle grandi compagnie petrolifere e ora cerca la fortuna in proprio, come ai tempi della corsa all'oro. In Europa, il loro Eldorado è l'Italia, molto meglio del Mare del Nord, dove la trivellazione in acque profonde ha costi proibitivi.

Glenn McCarthy è il capostipite della categoria: un mito texano. Nato a Beaumont pochi mesi dopo la leggendaria scoperta di Spindletop – primo pozzo di petrolio degno di questo nome perforato sul suolo americano – McCarthy è stato un rabdomante dell'oro nero che tra il 1930 e il '40 ci ha preso 38 volte, ha costruito un impero e lo ha sperperato al gioco. La sua figura è stata interpretata da James Dean nel film “Giant”, con Elizabeth Taylor e Rock Hudson, uscito nel '56 quando ormai Dean si era già schiantato con la sua Spider.

I suoi emuli moderni sono meno tragici. Sono prevalentemente australiani, britannici, canadesi o texani, ma sempre coadiuvati da una quinta colonna locale. Le loro società si chiamano Northern Petroleum o Petroceltic, Mediterranean Gas o Po Valley, a seconda delle zone in cui operano. In Italia ce ne sono una cinquantina, che trivellano allegramente sotto i nostri piedi senza che nessuno se ne accorga. Nel 2006 sono stati perforati ben 49 pozzi, di cui 34 per raggiungere giacimenti già scoperti e 15 per cercare nuove riserve. Nel 2007 altri 37, di cui 10 in località non ancora sfruttate.

Il territorio italiano è sbucherellato da quasi settemila pozzi (6955 per la precisione) alla ricerca di metano e di greggio. Al momento attuale ce n'è una sessantina in attività, per un'area complessiva di quasi ventimila chilometri quadri: questa è l'estensione delle concessioni governative, ma naturalmente non significa che si cerchi in tutta l'area. Negli anni '50 e '60 si perforavano più di cento pozzi l'anno, ma erano sterili tre trivellazioni su quattro. Oggi invece, grazie ai sistemi di prospezione più avanzati, vanno quasi tutte a buon fine. La maggior parte delle riserve scoperte finora sono nel sottosuolo di una specie di mezzaluna che percorre l'area padana, la costa adriatica per poi tagliare la Puglia e l'Appennino lucano (dove ci sono le Arabie d'Italia, la Val d'Agri e Tempa Rossa) fino alla Sicilia. Ma ci sono nuove zone interessanti: le più appetitose per le future scoperte di giacimenti sono al largo della costa ionica della Calabria, la Sicilia occidentale, il braccio di mare tra la Sicilia e Malta.

Le perforazioni esplorative si concentrano in Emilia Romagna, Basilicata, Abruzzo, Lombardia e Piemonte. In mare, si cerca soprattutto in Adriatico, Ionio e nel Canale di Sicilia. Ma pozzi, perloppiù esauriti, se ne trovano nelle zone più impensate. Basta un po' d'occhio e si scoprono facilmente: dal terreno esce un tubo d'acciaio alto un metro e mezzo con un paio di grosse valvole, di solito recintato in qualche modo per difenderlo dalle macchine agricole o dai vandalismi. Come nel caso del giacimento di Villafortuna, sotto il Parco del Ticino, che è stato raggiunto perforando orizzontalmente per sbucare lontano dalle zone protette. Ma non mancano pozzi neanche nel pieno degli insediamenti urbani: nel quartiere milanese di Lambrate ci sono quattro pozzi di metano trivellati dall'Agip, che arrivano fino a 1.700 metri di profondità. Due sono considerati ancora validi e attingono a un giacimento di gas che si estende sotto i piedi dei milanesi, fra il quartiere dell'Ortica, lo stabilimento dell'Innocenti e la tangenziale.

A Roma, a due passi dal Vaticano, ci sono due pozzi di petrolio che si spingono fino a 3mila metri. E di lato al Viale Cristoforo Colombo, non lontano dal raccordo anulare, è stato avviato un pozzo esplorativo dall'Italmin. I britannici di Ascent Resources hanno appena cominciato a trivellare alla ricerca di gas accanto all'aeroporto di Fiumicino: il loro obiettivo sono gli strati sabbiosi del Pliocene a circa mille metri di profondità.

La produzione domestica di petrolio, stando ai dati del ministero dello Sviluppo Economico, si è attestata nel 2007 a 42,6 milioni di barili. La Basilicata continua a farla da padrone, arrivando a coprire il 74% della produzione petrolifera nazionale con i suoi 3,2 milioni di barili. A seguire, i campi offshore (con un peso del 13%), la Sicilia (9%) e il Piemonte (2%). Considerando un prezzo medio annuo di 51 euro a barile per il greggio italiano, il valore complessivo del bottino supera i 2,17 miliardi. Quanto al gas naturale, la produzione italiana è stata di 9,6 miliardi di metri cubi. Considerando un prezzo medio di 24,5 eurocent al metro cubo, il valore complessivo arriva a 2,33 miliardi di euro. Il bilancio 2008 sarà ovviamente molto più interessante, visto il raddoppio delle quotazioni del greggio.

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