Aem e Asm fidanzate con poca Letizia

Si ode a Milano uno squillo di tromba, a Brescia risponde uno squillo e la battaglia è servita, con Giuliano Zuccoli nei panni di Filippo Maria Visconti e Renzo Capra del conte di Carmagnola. I preparativi alle nozze Aem-Asm, che sembravano procedere spediti, si stanno incagliando sui nodi del concambio e della governance. Già a partire dalla presentazione del piano industriale della superutility da 9 miliardi di euro – definito dai bresciani «condizione necessaria ma certamente non sufficiente per la conclusione dell' eventuale progetto d' integrazione» – si era capito che la trattativa si stava sfilacciando. Riserve Le riserve di Asm, considerata un' azienda modello nel panorama delle utility italiane, sono soprattutto di tipo gestionale. Pionieri nella termovalorizzazione e nel teleriscaldamento, i bresciani hanno appena conquistato a New York il titolo di «migliore sistema del mondo» nel loro settore, trattando 760 mila tonnellate di rifiuti l' anno e producendo energia per il fabbisogno di 170 mila famiglie, oltre al riscaldamento per 130 mila abitazioni. «Andando a nozze con l' Aem, Asm corre un rischio gravissimo di mettere a repentaglio queste eccellenze», commenta Giulio Sapelli, ex presidente di Meta Modena, rifacendosi alla recente esperienza di fusione con Hera: «Ci vogliono grandi sinergie industriali e compatibilità gestionali per giustificare una fusione del genere, ma soprattutto maggiore chiarezza negli incastri societari». Sapelli si riferisce al problema delle relazioni fra Aem e Edf, che oggi condividono il controllo di Edison, seconda compagnia elettrica italiana. Edison è in mano al 70% di una holding paritetica tra Edf e Delmi, società di cui a sua volta Aem ha il 51% (il resto è spartito fra l' emiliana Enia, l' altoatesina Sel e soci finanziari), ma i francesi hanno anche una partecipazione diretta in Edison del 17%. Per ora la gestione è paritetica, ma in realtà Edf consolida il 50% di Edison e Aem ha, di fatto, poco più del 15. «Per unirsi con Asm – precisa Sapelli – Aem dovrebbe prima liberarsi dalla subalternità a Edf». Tra due anni «È vero che sull' operazione Aem-Asm incombe il nodo della governance di Edison – ribatte Andrea Gilardoni, docente Bocconi ed esperto di gestione delle utility – ma si tratta di un nodo destinato a sciogliersi nel giro di due anni, quando scadranno i patti parasociali alla base dell' alleanza tra Edf e Aem. Proprio per questo le nozze fra Aem e Asm vanno celebrate prima: per gli italiani sarà tanto di guadagnato presentarsi a quella scadenza con le spalle più larghe». Secondo Gilardoni, anzi, l' operazione Aem-Asm è ancora troppo timida: «Queste nozze dovrebbero essere solo il primo passo per arrivare a un' alleanza ancora più vasta, che potrebbe includere anche Hera». Per competere su un mercato dell' energia diventato ormai globalizzato, in pratica, bisogna puntare a costruire una Rwe italiana: «Solo con un peso specifico di quelle dimensioni si raggiungerebbe la massa critica adatta per tener testa alle altre utility europee». E chi mette i bastoni fra le ruote anche a questo primo passo, sostiene Gilardoni, «si assume una gravissima responsabilità nei confronti dei consumatori e del Paese». Più che i bastoni, nelle ultime settimane sono i coltelli che volano. A parte le perplessità dei bresciani, le maggiori difficoltà stanno sorgendo proprio a Milano, sul fronte interno. In casa Aem si respira aria costruttiva e si ribadisce l' intenzione di andare fino in fondo. Ma le discrepanze fra l' approccio del sindaco Letizia Moratti e di Giuliano Zuccoli, presidente e ad di Aem (oltre che presidente di Edison), sono sempre più marcate. Una frattura che pone un problema di governance non indifferente. Su questo tema, la Moratti ha spiegato che l' obiettivo è solo «di essere garanti verso i cittadini per dare loro servizi migliori a prezzi più competitivi». Ma la definizione del peso delle due amministrazioni comunali nella nuova superutility non è un nodo facile da sciogliere, perché la quota di Aem controllata da Milano (43,2%) è ben inferiore a quella di Brescia in Asm (69,2%). Anche se Asm vale complessivamente meno di Aem, l' obiettivo di un concambio alla pari resta lontano da raggiungere: nelle condizioni attuali, Brescia verrebbe a detenere nel nuovo gruppo una quota del 28%, mentre Milano avrebbe il 25%. E a Milano c' è già chi teme questo squilibrio in termini di controllo: «Non finiremo mica per farci governare dai bresciani?» Difficile rispondere a queste pretese campanilistiche con un neutro: governerà chi è più bravo e offre maggior valore aggiunto agli utenti. Incorporazione Il problema si potrebbe evitare con l' incorporazione in Aem del ciclo idrico (MM) e dei rifiuti (Amsa), in modo tale da creare massa e da rendere i modelli di business delle due società più compatibili. Ma anche questa operazione incontra notevoli difficoltà: il ciclo idrico è stato già escluso dal perimetro della fusione, mentre l' Amsa dovrebbe essere incorporata nelle prossime settimane. Basterà? Sul fronte della governance la scelta sembra indirizzata verso il sistema dualistico alla tedesca, con la presidenza del consiglio di sorveglianza a Renzo Capra e la presidenza del consiglio di gestione e il ruolo di ad a Giuliano Zuccoli. Ma sulle cariche operative girano già anche altri nomi, come quello dell' ad di Fastweb Stefano Parisi, ex direttore generale di Confindustria. E non c' è dubbio che proprio su questo punto potrebbe incagliarsi tutto il meccanismo. A meno che i due sindaci, Letizia Moratti e Paolo Corsini, non riescano a prendere per le corna il toro che sta già scappando.

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