Dave Keeling, la fatica di setacciare l’aria

Il vulcano di Mauna Loa emerge di colpo dall'oceano e sale su drammatico, un cono alto più di 4000 metri. In cima l'aria è straordinariamente pura: siamo in mezzo al Pacifico, niente traffico o ciminiere all'orizzonte. Ogni tanto il vulcano si risveglia, ma di rado, l'ultima eruzione risale al 1984. E' da qui sopra, da un piccolo laboratorio costruito negli anni Cinquanta, il Mauna Loa Observatory, che Charles "Dave" Keeling ha misurato giorno dopo giorno, per quasi cinquant'anni, la concentrazione di CO2 nell'atmosfera terrestre, tracciando così la famosa Keeling Curve, oggi considerata la teoria della relatività del riscaldamento globale. La prima misurazione risale al marzo 1958: quell'ampolla d'aria conteneva 316 parti per milione di CO2. Al tempo nessuno, nemmeno Keeling stesso, aveva la più pallida idea di quanto ci sarebbe tornato utile questo monitoraggio. Nel 2005, anno della sua morte, la concentrazione era salita a 378 parti per milione. A fine 2009, siamo arrivati a 386 parti per milione. Oggi i climatologi ritengono che 500 parti per milione sia il limite massimo che non possiamo permetterci di oltrepassare, se vogliamo evitare eventi catastrofici. L'osservatorio di Mauna Loa, con il suo combattivo staff di dieci scienziati, ha continuato a funzionare regolarmente anche dopo la scomparsa del suo paladino. Steve Ryan continua a misurare quotidianamente la concentrazione di anidride carbonica e di metano nell'atmosfera (i due principali gas serra), il monossido di carbonio, l'anidride solforosa (causa principale delle piogge acide) e controlla settimanalmente la concentrazione dell'ozono con dei palloni sonda. Ma nella curva di Keeling c'è un buco di qualche mese, nel '64, a testimonianza di quanto sia stato difficile mantenere in vita per mezzo secolo questa struttura modesta, eppure rivelatasi così importante per il futuro dell'umanità. Prima della nascita dell'osservatorio di Mauna Loa, si sapeva poco o niente della CO2 presente in atmosfera. Keeling cominciò a studiarla nel '56, quand'era ancora un postdoc al CalTech, per puro interesse nella geofisica. Riuscì ad avere un primo finanziamento dalla Los Angeles Weather Pollution Foundation e poi dall'US Weather Bureau, spiegando genericamente che voleva individuare "i fattori che controllano la presenza di CO2 nell'atmosfera". Dave Keeling cominciò a prendere campioni in giro per la California, mentre un gruppo di scandinavi stava facendo lo stesso in Svezia. Raffinando laboriosamente le sue tecniche di campionatura con strumenti sempre più sofisticati e ingegnosi, si rese conto che più le località erano isolate e più i valori misurati erano stabili e affidabili. Il suo mentore al CalTech, il geochimico Harrison Brown, era uno dei pochi scienziati ad aver studiato le possibili influenze sul clima derivanti dall'aumento di CO2 in atmosfera. Ma non aveva alcuna speranza di finanziamento per un programma di lungo periodo. Il monitoraggio "in situ" è la Cenerentola della scienza, poco amata e miseramente finanziata. Ancora oggi è così: per il gigantesco programma europeo Global Monitoring for Environment and Security, ad esempio, destinato programmaticamente a incrociare i dati registrati dai satelliti con quelli raccolti a terra, sono stati stanziati ben 3 miliardi di euro fino al 2013. Ma i finanziamenti sono destinati solo ai progetti satellitari, neanche un centesimo andrà nelle misurazioni a terra. Le agenzie che gestiscono i fondi sono sedotte dalla ricerca di base solo se consente una verifica di ipotesi già delineate, rapidamente "spendibili", o comporta lo sviluppo di tecniche spettacolari. Nessuna di queste motivazioni anima il banale monitoraggio a terra e la soddisfazione di requisiti analitici severi non è vista come un valore in cui valga la pena d'investire. Gli svedesi, non a caso, lasciarono perdere quasi subito. Keeling, invece, ebbe un colpo di fortuna. Nel '56 si stava preparando l'Anno Internazionale della Geofisica e due scienziati già famosi, Roger Revelle e Hans Suess, portarono l'argomento all'attenzione del comitato incaricato dal governo americano di organizzare l'evento. L'importanza di capire i "possibili effetti sul clima dell'aumento nella produzione industriale di CO2 previsto nei prossimi 50 anni" fu accettata dal comitato e Revelle invitò il giovane ricercatore a proseguire le sue misurazioni all'istituto di oceanografia che dirigeva, lo Scripps, a La Jolla, vicino a San Diego. Keeling rimase poi affiliato allo Scripps per tutta la vita. Ma non si fermò lì. Riuscì a farsi comprare dal comitato una serie di spettrofotometri, macchinari costosi e considerati del tutto eccessivi per la sua missione, ma rivelatisi poi essenziali per un monitoraggio accurato, e li piazzò in Antartide e a Mauna Loa, dove si stava costruendo l'osservatorio. Nel '58 cominciarono a fluire i primi dati. Man mano che le curve dei dati si allungavano, emergevano modelli. I cambiamenti stagionali e le differenze tra emisferi tracciavano il respiro della biosfera, dominato dall'inspirazione primaverile di CO2 e dall'espirazione autunnale dell'emisfero Nord, il più ricco di vegetazione. Keeling misurò l'abbondanza isotopica del carbonio 13 nella CO2 per dimostrare che le variazioni stagionali erano causate dalle piante presenti sulla superficie terrestre. Il primo rapporto di Keeling è una pietra miliare, che documenta il ciclo stagionale e l'aumento costante della CO2 su base annuale. Entro gli anni '70, divenne chiaro il nesso fra fenomeni catastrofici ricorrenti come El Niño e l'alterazione del ciclo stagionale della CO2. E l'aumento della CO2 venne attribuito al consumo crescente di combustibili fossili, dimostrando che una frazione consistente di CO2 aggiunta dalle attività umane rimane nell'atmosfera e non viene rimossa dalla biosfera. Malgrado la portata dei risultati, il lavoro di Keeling fu continuamente minacciato, come dimostra il salto registrato nel 1964, quando il blocco dei finanziamenti fermò per breve tempo le misurazioni. A un certo punto, gli fu richiesto di garantire due scoperte l'anno, come scrsse nel '98 nel resoconto delle sue tribolazioni, "Rewards and Penalties of Monitoring the Earth". Ma la sua testarda costanza è riuscita a prevalere anche oltre la morte: Ralph Keeling, scienziato come il padre, dirige oggi il programma di monitoraggio della CO2 di Scripps.