Archimede, fase due: chi c’è dietro al sole di notte

Questa dev'essere la volta buona.
Archimede, la prima centrale solare italiana a concentrazione, è stata inaugurata
ieri a Priolo alla presenza del numero uno dell'Enel, Fulvio Conti, e del
ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo. Ma non è la prima volta. Il
primo avvio ufficiale fu celebrato in gran pompa il 19 maggio 2004, alla
presenza del suo inventore, Carlo Rubbia, allora presidente dell'Enea, l'ente
che grazie a lui detiene il brevetto di questa tecnologia innovativa. Da allora
ad oggi l'impianto non ha funzionato, da un lato perché non era ancora
perfettamente a punto, dall'altro perché non erano ancora entrati in vigore gli
incentivi statali che lo rendono remunerativo. Ora gli incentivi ci sono e
Archimede può partire.

La sua particolarità risiede nella
capacità di raccogliere e conservare per molte ore l’energia termica del sole
per generare energia elettrica anche di notte o quando il cielo è coperto.
Grandi impianti solari termodinamici a concentrazione sono già in funzione con
successo, in particolare in Spagna e Stati Uniti, ma l'invenzione sviluppata
dal fisico italiano durante la sua presidenza dell'Enea ha dato una marcia in
più a questo tipo di fonte rinnovabile. Rispetto al metodo
"tradizionale" che usa lunghe file di specchi a parabola per
concentrare il calore del sole su un tubo dove scorre olio sintetico, la
centrale Enel utilizza i sali fusi come fluido termovettore al posto dell'olio.
Questi sali raggiungono infatti temperature molto più elevate (550 gradi
anziché 400), permettendo all'impianto di restare in funzione quasi a ciclo
continuo, senza doversi fermare nelle ore di buio o in caso di nuvole.

Ma le altissime temperature, che
presentano grandi vantaggi, hanno dato anche parecchi grattacapi ai tecnici che
dovevano realizzare l'impianto. Per questo dietro ad Archimede non c'è solo
l'Enea, ma anche l'azienda umbra che produce i tubi di scorrimento dei sali
fusi e detiene il brevetto insieme all'Enea. Gianluigi Angelantoni,
amministratore delegato dell'omonimo gruppo, crede moltissimo in questa nuova
tecnologia. E anche Siemens, che ha appena acquisito il 45% di Archimede Solar Energy,
la società del gruppo che si occupa di solare termodinamico. "Con il nuovo
stabilimento, che abbiamo appena inaugurato, sforneremo centomila tubi
all'anno, adatti sia per i circuiti a olio sintetico che arriva a 350 gradi,
sia per scaldare sali fusi fino a 550 gradi", spiega Angelantoni, che ne
ha già prodotte alcune migliaia in uno stabilimento più piccolo.

"Già nel 2012 il fatturato generato dal solare termodinamico andrà
a superare quello che fatturiamo oggi nel nostro business tradizionale",
precisa Angelantoni. Laddove il suo "business tradizionale", del
resto, non è nient'altro che la premessa per questo exploit. L'azienda di Massa
Martana produce già da decenni macchine estremamente innovative: è tra le
imprese leader nel campo dei simulatori per i test e delle apparecchiature
biomedicali a basse temperature. Con le sue camere di simulazione ambientale e
spaziale, i banchi di collaudo e i sistemi di vibrazione elettrodinamici, serve
l'industria automobilistica, aerospaziale, elettronica e della difesa in
Italia, Francia, Germania, Cina e India. Non a caso l'8% del fatturato nella
sede centrale è dedicato alla ricerca. E questo sforzo innovativo rappresenta
un traino non indifferente per tutto il distretto, dove diverse imprese sono
state coinvolte nel progetto Archimede. "L'energia solare e fotovoltaica
ha enormi prospettive di sviluppo e noi vogliamo essere al centro di questo
processo, che potrebbe portare l'Italia all'avanguardia in un campo dove siamo
ancora molto indietro", sostiene Angelantoni. La sua azienda, infatti, non
è impegnata solo nel solare termodinamico, ma produce anche macchine per fare
celle fotovoltaiche a film sottile, un'altra nuova frontiera del solare.
"Abbiamo realizzato una linea completa di produzione, lunga 130 metri, per
Arendi del gruppo Marcegaglia, la società che produce per prima in Italia
moduli al tellururo di cadmio", una tecnologia molto innovativa –
sviluppata da Nicola Romeo, docente di Fisica all'università di Parma – che
punta a fare a meno del silicio.

"Se vogliamo innovare, in questo Paese –
commenta Angelantoni – dobbiamo dare più soldi ai ricercatori, nelle università
e negli istituti di ricerca. Poi ci vorrebbe anche un miglior rapporto delle
università con le imprese, ma il problema fondamentale sono i mezzi finanziari
alla ricerca di base, che mancano". In pratica, i suoi
tubi rappresentano l'anima delle grandi centrali solari a concentrazione, dov'è
cruciale l'immagazzinamento del calore, per continuare a produrre energia anche
con diversi giorni di tempo coperto: nei sistemi utilizzati fino ad oggi, i
grandi specchi parabolici concentrano il calore su un tubo sottovuoto dove
scorre olio sintetico, che a sua volta deve scaldare con uno scambiatore di
calore un grande serbatoio pieno di sali fusi. Nelle centrali di nuova
generazione, come Archimede, tutto il circuito è pieno di sali fusi, che
raggiungono temperature impossibili per l'olio sintetico e non hanno bisogno
dello scambiatore. Angelantoni si muove su un confine oltre il quale fino ad
oggi non è andato nessuno: i suoi tubi, spalmati internamente di un coating
chiamato Cermet, sono gli unici al mondo capaci di contenere un fluido a
temperature così elevate. Questa tecnologia nuova migliora molto l'efficienza
del solare termodinamico, tanto che Angelantoni ha già ricevuto diverse
ordinazioni, soprattutto dall'Estremo Oriente. Il mercato, infatti, è in piena
esplosione, con 12 centrali in costruzione in Spagna e decine di altre in tutto
il mondo, dall'India agli Stati Uniti.