Per l’eolico italiano le pale restano ferme

Sarà un anno d'oro per il vento, ma non in Italia. Nel 2011 saranno avviati a livello mondiale nuovi impianti eolici per 45 gigawatt, un record assoluto, che porterà il totale in funzione a 240 gigawatt, coprendo il 2,5% della domanda elettrica globale, con picchi in Europa del 9% in Germania, 16% in Spagna o 21% in Danimarca. L'energia del vento, quindi, comincia a diventare una forza molto rilevante nella produzione di energia, soprattutto in Europa, in base alle previsioni della World Wind Energy Association.

In Italia, invece, il taglio degli incentivi ha quasi completamente paralizzato il mercato: nei primi sei mesi dell'anno è stato inaugurato solo un campo eolico, quello realizzato da Falck in Sardegna, un progetto che era già in ballo da otto anni. "Ora attendiamo i decreti attuativi della riforma Romani, che dovrebbero uscire a settembre, ma c'è il rischio che l'incertezza normativa blocchi qualsiasi nuovo progetto: è probabile che prima di quella data non si tirerà più su una pala", spiega Simone Togni, nuovo presidente dell'Associazione nazionale energia del vento. Il mercato eolico italiano, fino all'anno scorso uno dei più floridi del mondo, quest'anno verrà dunque scalzato dal sesto posto nella graduatoria globale, con l'avanzata della Francia e soprattutto del Regno Unito. La flessione era già cominciata nell'ultima parte del 2010: l'anno si era concluso in calo rispetto al 2009, per la prima volta nella storia dell'eolico italiano, con 900 megawatt installati contro i 1200 previsti, a causa del primo taglio all'incentivazione. Quest'anno, poi, il crollo: in tutto fino a giugno sono stati realizzati 280 megawatt di pale, contro gli oltre 500 degli ultimi anni nello stesso periodo. Un taglio secco del 50%, che rischia di farci perdere il treno per centrare gli obiettivi 20-20-20.

"Non siamo neanche a metà della strada, visto che abbiamo appena superato i 6000 megawatt installati e l'obiettivo governativo minimo concordato con Bruxelles è a 13.800 megawatt, ma noi contavamo di realizzare un potenziale anche superiore, andando avanti al ritmo del 2009", precisa Togni. Nel frattempo, il target per il fotovoltaico è stato innalzato da 8000 a 23mila megawatt, con un esborso complessivo previsto di 7 miliardi di incentivi al 2020. "Per l'eolico, non raggiungeremo un miliardo di incentivi al 20202", fa notare Togni. In pratica, aprendo i cordoni della borsa per il fotovoltaico, il legislatore ha completamente dimenticato l'energia del vento, a fronte di una produzione più che doppia, che già oggi con meno megawatt installati copre il 2,5% della domanda italiana e il 30% della produzione da fonti rinnovabili. Come noto, infatti, l'eolico è la fonte più efficiente e più competitiva fra le "nuove" rinnovabili, cioè escludendo l'idroelettrico.

"Niente di male a finanziare abbondantemente tutte le fonti rinnovabili – specifica Togni – ma ci vuole anche un certo equilibrio: oggi gli incentivi all'eolico sono in rapporto di 1 a 5 rispetto al fotovoltaico". I tagli del decreto Romani, per di più, sono retroattivi sull'eolico e hanno mandato tecnicamente in default tutti gli impianti esistenti, per cui rischiano di distruggere una filiera già consolidata, con quasi 30mila occupati e un giro d'affari di 3 miliardi e 700 milioni l'anno, senza contare il valore dell'energia prodotta. Le imprese del settore non possono ripagare l'investimento con un ritorno di 150 euro a megawattora, derivato dal taglio del 22% agli incentivi, per cui non emettono più dividendi e gli investitori ci stanno rimettendo di tasca propria.

Per quanto riguarda gli impianti futuri, invece, è chiaro che le banche non finanzieranno nulla finché non si conoscerà il nuovo modello d'incentivazione (che cambierà parecchio rispetto all'attuale, introducendo il sistema delle aste competitive) e le nuove tariffe. "A breve formuleremo al governo una proposta unitaria insieme alle altre fonti rinnovabili dell'Aper, in cui chiederemo l'applicazione dei meccanismi di asta solo per gli impianti sopra i 45-50 megawatt e sotto questa dimensione una tariffa incentivante non inferiore ai 160 euro a megawattora, che però dovrebbe essere applicata anche ai vecchi impianti, altrimenti il settore resterà in default". In pratica, i signori del vento chiedono una riduzione del taglio dal 22 al 15%, tenendo anche conto del fatto che gli incentivi all'eolico durano solo 15 anni contro i 20 del fotovoltaico e quindi molti vecchi impianti stanno uscendo dal periodo d'incentivazione. Da qui a settembre, la discussione è aperta.