L’orbita di Arturo

Innovazione e concretezza. E' di questo che hanno bisogno le piccole e medie imprese italiane, ma nessuno le aiuta. Ed è per questo che Arturo Artom, fondatore e presidente di Netsystem, si sta battendo. «Il ritardo italiano nell' innovazione – constata Artom – è un dato che si può ormai dare per acquisito. Ma le piccole imprese sono quelle che ci rimettono di più, perché le grandi scaricano sulle piccole l' onere di questa perdita, espellendo manodopera e decentrando funzioni e produzioni». L' ingegno italiano non è più sufficiente per colmare il gap competitivo con altri Paesi: occorrono risorse finanziarie superiori. «A livello europeo – fa notare Artom – è attiva un' ampia gamma di strumenti per sostenere la ricerca delle imprese, con stanziamenti nell' ordine dei miliardi di euro all' anno. Ma sono strumenti che restano sostanzialmente preclusi alle piccole imprese». Dati alla mano, è facile dimostrare che i Framework Program dell' Ue sono un miraggio per le Pmi: su circa 13,7 miliardi spesi dall' Fp5 per il quinquennio ' 98-2002, solo un decimo è andato alle piccole imprese. Se poi si prende in considerazione il settore dell' informatica, la quota scende al 3,5%. E da quando è partito l' Fp6 – il programma per il quinquennio 2003-2007 – non è cambiato niente nei regolamenti che trasformano la richiesta di fondi in una corsa a ostacoli, malgrado la decisione ufficiale di riservare il 15% del budget alle Pmi. Lo stesso organismo incaricato dalla Commissione del monitoraggio del programma, l' Istag, ha rilevato tutti i limiti delle regole di accesso: «Criteri finanziari tali da ostacolare le Pmi più innovative»; totale esclusione delle start-up; tempi troppo lunghi per ricevere i finanziamenti; discriminazioni dovute alla grandezza dei programmi, al numero dei partecipanti e alla durata richiesta. Altri paletti sostanzialmente impossibili da superare sono la transnazionalità del progetto e spesso anche l' intersettorialità: infatti le Pmi sono generalmente legate a una dimensione locale e molto focalizzate sul loro business. «La piccola impresa semplicemente segue il mercato, capta un gap nell' offerta, si attrezza freneticamente e produce il meglio di se stessa, in modo da battere magari il grande gruppo sul filo di lana», spiega Artom. E lui ne sa qualcosa, visto che ha fatto proprio così. La sua Netsystem ha cominciato a fornire collegamenti Internet veloci attraverso la parabola satellitare – fra lo scetticismo degli addetti ai lavori – per consentire l' accesso alla banda larga anche a chi abita in località remote, dove il cablaggio non arriva. Dopo aver forzato con una causa storica la liberalizzazione della telefonia in Italia, dopo un periodo in Omnitel e poi in Viasat, Artom ha scommesso con Netsystem proprio su innovazione e concretezza, individuando un varco nel mercato e colmandolo con una risposta banale: l' uso del satellite per ricevere e del doppino telefonico per mandare le proprie richieste in rete consente ai suoi clienti di basarsi sulla stessa tecnologia satellitare utilizzata per ricevere il segnale televisivo (molto più a buon mercato rispetto a quella necessaria per instaurare la comunicazione nei due sensi) e contemporaneamente di emanciparsi dalla schiavitù del cavo a fibre ottiche. Una scommessa vinta: dopo neanche tre anni di attività, Artom ha firmato un grosso contratto con Telecom Italia (in Italia c' è almeno un milione di utenti Internet che non hanno alcuna possibilità di essere raggiunti dalla banda larga via cavo), ha conquistato la leadership in Europa (un mercato da cento milioni di utenti) e ora si sta espandendo anche nell' Est Europa e sulla sponda Sud del Mediterraneo. L' itinerario di Netsystem dimostra che la ricerca applicata è altrettanto importante della ricerca pura per fare innovazione ed è proprio su questi temi che i fondi europei potrebbero fare la differenza. La proposta di Artom è di utilizzare da un lato la leva fiscale per stimolare le Pmi a investire in nuove tecnologie (con lo stesso strumento legislativo usato per l' incentivazione al commercio elettronico), dall' altro di approfittare del semestre italiano all' Ue per mettere all' ordine del giorno alcune modifiche (come l' abolizione della clausola della transnazionalità) dei meccanismi di assegnazione dell' Fp6 sul modello della legge Sabatini, che per quasi quarant' anni ha consentito alle piccole imprese italiane di abbattere i costi dell' acquisto di macchinari nuovi con un sistema di rimborsi semplicissimo. Inoltre Artom propone di aumentare la riserva destinata alle Pmi dagli attuali 2,13 miliardi di euro a 5 miliardi per il prossimo quinquennio. Sarebbe un bel colpo per un Paese dove il 72,6% del valore aggiunto prodotto viene dalle Pmi, contro una media europea del 59,7%. Bisogna solo vedere se gli altri sono d' accordo.

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