Chris Meyer

“L’economia di domani è figlia delle scoperte scientifiche di oggi. Le nuove tecnologie sono i fatti con cui tutti i manager devono confrontarsi se vogliono restare competitivi. E la biologia è la chiave per affrontare l’imperativo dell’adattamento”. Chris Meyer, di passaggio a Milano per presentare alla business community italiana il suo libro Bioeconomia (Edizioni Olivares), prevede un’accelerazione crescente del ritmo a cui viaggia l’innovazione: il tasso di cambiamento raddoppia ogni dieci anni. L’autore di Blur, che ha teorizzato la rivoluzione internet dalla sua posizione privilegiata di direttore del Center for Business Innovation di Cambridge (Massachusetts) di Cap Gemini Ernst & Young, è convinto che come l’information technology ha rivoluzionato il mondo con i microprocessori e i modem, ora la convergenza fra tecnologie informatiche e ingegneria molecolare sta già per creare una nuova ondata, che rischia di cogliere impreparate le imprese incapaci di adattarsi.

Quale sarà la prossima ondata?

“La parola d’ordine del momento è connettività: tecnologie come Bluetooth, WiFi, Gps o i vari tipi di banda larga servono a facilitare le connessioni fra gli esseri umani, a renderle più veloci e più diffuse. Ma la nuova realtà che si sta già evolvendo da questa base è il dialogo fra le macchine. Tecnologie come il radio tag che presto andrà a sostituire il codice a barre sui prodotti dei supermercati, consentono d’instaurare un dialogo automatico fra il punto vendita e il produttore e di telecomandare dal basso i ritmi di produzione in base alle esigenze del mercato. Alla lunga, consentiranno anche d’instaurare un dialogo fra i capi d’abbigliamento e la lavatrice per impostare al meglio i cicli di lavaggio, fra il frigorifero e il supermercato per rifornire automaticamente le nostre case di quello che manca o fra il cibo e il forno per cucinarlo a puntino”.

Detto così, sembra fantascienza.

“Ma se dieci anni fa, quando il Cd-rom era stato appena immesso sul mercato e internet non era ancora entrata nella nostra vita quotidiana, le avessero raccontato come viviamo oggi, non le sarebbe sembrato fantascientifico?”

E quali sono le ricadute sul mondo del business?

“La prima ricaduta è che non si può più pensare d’impostare i modelli di produzione una volta per tutte: gli impianti devono essere aperti alla novità, capaci di evolversi in base alle nuove esigenze. E anche in questo la biologia ci può essere d’aiuto: alla John Deere, per esempio, vengono applicati i metodi di selezione impiegati nell’allevamento dei purosangue per ottenere il programma di produzione utilizzato nella fabbricazione di seminatrici. Quarantamila codici diversi corrono ogni notte sulle piste virtuali dei vari stabilimenti per selezionare le combinazioni migliori, basandosi su algoritmi genetici che ormai sono ampiamente utilizzati anche in altri settori, per esempio nell’analisi dei mercati azionari”.

Altri suggerimenti gestionali?

“Bisogna copiare la natura, utilizzando sei regole di base. Stimolare l’auto-organizzazione, gestendo sempre le imprese in direzione bottom-up, mai top-down. Utilizzare solo sistemi aperti, che consentano la ricombinazione dei codici informatici, delle caratteristiche dei prodotti, delle persone e dei mercati. Dotare la propria azienda di sistemi di percezione e reazione automatica, capaci di rispondere al cambiamento in maniera appropriata. Fare tesoro delle informazioni ricevute, incorporandole nei processi di apprendimento interno. Provare molte opzioni diverse, come nella selezione darwiniana, valorizzando quelle vincenti. Destabilizzare continuamente gli elementi statici della propria organizzazione, adattandosi al ritmo dei cambiamenti ambientali”.

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