Se l' Austria avesse ancora un impero, Karl-Heinz Grasser sarebbe un ufficiale di Sua Maestà. Alto, abbronzato e sempre inappuntabile, il giovane ministro delle Finanze austriaco è considerato il «duro» dell' Ecofin. Con il suo piglio militaresco tiene testa ai nemici e ne infilza sette in un colpo: la sua strenua difesa dei parametri di Maastricht e il suo accanimento contro la richiesta franco-tedesca di seppellire gli automatismi nella procedura di sanzionamento sono ormai leggendari. «Niente compromessi – ribadisce deciso – con chi vuole infrangere la promessa di stabilità e di crescita stipulata con 300 milioni di cittadini europei». Da lui e dall' altro rigorista, il collega olandese Gerrit Zalm, dipende la decisione dell' Ecofin di non annacquare il famigerato tetto del 3% per il rapporto deficit/Pil con troppe eccezioni, riducendo la lista stilata dal premier lussemburghese Jean-Claude Juncker a una vaga indicazione di massima. Ma di nemici ne vengono sempre fuori altri. Nessun uomo politico europeo spacca i fronti come lui. A Bruxelles, fra i colleghi ministri, ha fama di vanitoso e irascibile. In Austria gli rinfacciano alcune operazioni finanziarie disinvolte. Gli industriali tedeschi invece lo amano alla follia e lo vorrebbero tutto per loro. Fra i vari litiganti, il golden boy dell' Austria Felix prospera. Ormai da cinque anni il 36enne Grasser gestisce con grande successo le finanze della repubblica alpina. Da un deficit che superava il 2% nel 2000, il carinziano ha subito puntato al pareggio di bilancio, raggiunto l' anno dopo. Arrivato lì, ha cominciato a tagliare le tasse e a riformare il sistema pensionistico. «Ci siamo posti tre obiettivi: il pareggio di bilancio, il taglio delle tasse e l' aumento delle spese in ricerca e sviluppo, formazione e infrastrutture. E li abbiamo perseguiti con decisione in questi cinque anni, senza sconfinare a destra o a sinistra», osserva Grasser. Il miracolo gli è riuscito perché ha approfittato degli anni di vacche grasse per mettere in piedi quelle riforme che gli altri Paesi europei stanno tentando di fare adesso, nel bel mezzo della crisi, spinti dagli obblighi del Patto di stabilità. Non a caso, in Austria, di crisi si parla poco: dopo tutto questo lavoro ora ci si gode i primi effetti delle riforme sulla crescita, che quest' anno dovrebbe attestarsi sul 2,4%, al di sopra delle medie europee. E si attende ancora di vedere l' effetto della rivoluzione fiscale, entrata in vigore dal primo gennaio di quest' anno. «Con l' ingresso dei Paesi dell' Est nell' Unione Europea, l' Austria si è trovata di fronte due opzioni – spiega Grasser -. Potevamo aspettare di veder andare via le nostre imprese verso Paesi con una politica fiscale molto più favorevole della nostra, oppure affrontare la questione in anticipo e avviare una riforma radicale delle imposte societarie. Abbiamo preferito scegliere la seconda strada e dare un taglio netto, non una limatina come sta cercando di fare in questi giorni il cancelliere Gerhard Schroeder». Dal primo gennaio, Vienna ha tagliato le tasse sui profitti aziendali dal 34 al 25% e consente, come ulteriore asso nella manica, di portare in deduzione le spese di filiali collocate all' estero. «In questo modo – commenta Grasser – invitiamo le grandi imprese non solo ad investire da noi, ma anche a trasferire qui il quartier generale, le teste pensanti». I primi risultati già si cominciano a vedere: secondo uno studio dell' Austrian Business Agency, nel 2004 gli insediamenti societari dall' estero sono cresciuti del 30% rispetto all' anno precedente, in previsione della riforma fiscale. Dalla Germania il flusso è particolarmente massiccio, ma anche dall' Italia si muove qualcosa. «Con la nostra posizione centrale rispetto ai nuovi Paesi dell' Unione – specifica Grasser – e con un diritto societario favorevole, il segreto bancario, la sicurezza e la qualità della vita, stiamo cercando di fare concorrenza alla Svizzera nei confronti della grande impresa». Non a caso i lavoratori austriaci, praticamente privi di tutela contro il licenziamento, godono di un tasso di disoccupazione fra i più bassi d' Europa (5,8%). Del resto Grasser, di grande impresa, se ne intende. Rampollo di un grosso concessionario d' automobili di Klagenfurt, dopo una fulminante carriera politica a fianco del campione della destra austriaca, il governatore carinziano Joerg Haider, nel ' 98 Grasser ha piantato il suo mentore e la sua poltrona di segretario del partito liberale per passare all' industria privata, diventando vice presidente della Magna, il colosso della componentistica del miliardario austro-canadese Frank Stronach. Lì ha gestito per due anni gli 81 mila dipendenti di Stronach ma, dopo un' effimera ricomposizione con Haider, già nel 2000 è diventato il più giovane ministro delle Finanze della storia austriaca. Quando si è sciolta la coalizione tra cristiano-democratici e liberali, che aveva portato Haider al governo e l' Austria alla berlina in Europa, Grasser è semplicemente rimasto al suo posto di ministro come indipendente, abbandonando definitivamente il controverso compagno di strada, ormai diventato un peso. Da allora ha continuato a governare a fianco del cancelliere Wolfgang Schuessel, attraversando con disinvoltura più di uno scandalo. A colpi di energy drinks e buone relazioni internazionali, tra una scalata dello Stephansdom e una relazione con la regina dei cristalli Fiona Swarovski, Grasser è corteggiato dalla stampa seria e dalla yellow press con identica devozione. Per ora i suoi abili equilibrismi sembrano funzionare abbastanza bene, a tutto vantaggio del suo Paese. L' Austria? «Una storia di successo sensazionale», dice lui.
Etichette: guru