Civitavecchia è un territorio energeticamente sismico: ogni volta che l' Enel comincia a costruire qualcosa, dal sottosuolo della politica si scatena un terremoto. Non appena i lavori per la riconversione a carbone della centrale a olio combustibile di Torrevaldaliga si sono rimessi in moto, dopo la sentenza favorevole del Tar che ha sospeso il blocco regionale, i sindaci della zona hanno dissotterrato l' ascia di guerra, invitando alla mobilitazione popolare: la prossima manifestazione di protesta dei «No Coke Alto Lazio» è fissata per il 13 maggio. Le richieste più pressanti del Wwf e degli ambientalisti non sono rivolte a Piero Marrazzo, il governatore del Lazio che già sta facendo tutto il possibile per bloccare l' impresa, ma a Romano Prodi: «Gli obiettivi di Kyoto sono incompatibili con la scelta del carbone, ci piacerebbe quanto prima sapere da che parte starà il nuovo governo». «Per Prodi sarà questo il primo banco di prova», dicono. Ed è vero. Le recenti follie del greggio che in certi giorni ha superato i 73 dollari al barile e le difficoltà vissute quest' inverno in Europa nell' approvvigionamento di gas hanno convinto tutti i principali esponenti politici nazionali, compreso Romano Prodi, della necessità e dell' urgenza di diversificare le fonti di approvvigionamento delle materie prime per la produzione di energia. In Italia infatti usiamo idrocarburi per produrre circa il 70% della nostra elettricità, mentre in Europa la stessa percentuale è prodotta con il carbone e il nucleare. «L' Enel – spiega l' amministratore delegato Fulvio Conti – punta ad azzerare il ricorso al petrolio»: ha riconvertito nove centrali da olio a gas per 5 mila MW con un investimento di oltre due miliardi e sta riconvertendo altre due centrali a carbone da 4.500 MW complessivi, Civitavecchia e Porto Tolle. Per Civitavecchia, l' investimento è di 1,5 miliardi, di cui 1,2 miliardi già spesi per la fornitura di macchinari e lavoro. Il progetto – approvato con decreto ministeriale nel dicembre 2003 – prevede l' adozione delle migliori tecnologie disponibili per l' abbattimento delle emissioni, che consentiranno di aumentare il rendimento dal 37 al 45% e di ridurre le emissioni dell' anidride solforosa dell' 82%, degli ossidi di azoto del 61% e delle poveri dell' 82%. Anche le emissioni di anidride carbonica, che è un gas considerato responsabile dell' effetto serra a livello globale, si ridurranno del 18% rispetto al livello attuale. Ma da quando sono cominciati i lavori di riconversione – dopo un processo autorizzativo che ha raccolto l' assenso sia dell' amministrazione comunale che di quella regionale – una lunga teoria di proteste, ricorsi e manifestazioni ha intralciato la realizzazione del progetto, fino all' ordinanza della giunta Marrazzo, che in marzo ha vietato i dragaggi delle opere a mare, necessari per predisporre l' attracco delle navi carboniere. Praticamente una pietra tombale, che ha sollevato notevoli dubbi a livello nazionale: Pier Luigi Bersani, responsabile economico dei Ds, ha notato «una certa sfasatura nei tempi della decisione», della giunta Marrazzo. La questione, però, sta diventando centrale per il futuro energetico del Paese: la morte del progetto di Civitavecchia, con un conseguente danno economico colossale per l' Enel che minaccia di chiedere 2 miliardi di danni alla Regione, si tradurrebbe infatti nella morte della strategia pro carbone della compagnia guidata da Fulvio Conti. Una strategia che rappresenta per l' Italia l' unica opportunità d' introdurre il carbone pulito nel mix nazionale di generazione, riducendo le bollette elettriche, poiché nessun altro operatore si arrischia a puntare su questo combustibile povero ma tanto osteggiato. Ora si attende – il 25 maggio – l' udienza di merito del Tar, che si è già pronunciato un anno fa a favore della legittimità dei lavori. Ma anche in caso di sentenza favorevole all' Enel, gli strumenti di pressione della giunta Marrazzo per tenere in scacco la politica energetica del nuovo governo sono infiniti. A meno che Prodi non s' imponga.
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