L' Italia ritorna all' atomo. Con la partecipazione dell' Enel alla costruzione di un reattore di terza generazione a Flamanville, in Normandia, e l' acquisizione di quattro reattori operativi (più altri due da completare) in Slovacchia, si avvicina il momento tanto atteso dagli ingegneri nucleari italiani, che da vent' anni sono sottoutilizzati o costretti a espatriare per lavorare nel proprio campo. «Dopo il referendum dell' 87 – spiega Giancarlo Aquilanti, appena chiamato a gestire la nuova squadra atomica dell' ex monopolista elettrico – in Enel siamo rimasti in pochi, non più di una quarantina. Al momento del referendum ero impegnato nella progettazione dei nuovi reattori che l' Enel voleva costruire in diversi siti già individuati, come Trino Vercellese II o Avetrana in Puglia, ma sono stati bloccati dalla reazione popolare. Poi ho continuato a occuparmi di progettazione e costruzione d' impianti, non più atomici ovviamente». Da ottobre, insieme ad altri ingegneri nucleari della «vecchia guardia», Aquilanti è entrato nell' orbita della nuova squadra che si andava formando e da qualche giorno ne è diventato il responsabile. «Abbiamo attinto alle forze interne – precisa Aquilanti – ma stiamo soprattutto assumendo giovani che lavorano all' estero e sono attratti da questa nuova avventura italiana oppure sono appena usciti dalle poche facoltà che ancora ne sfornano: a Torino, Milano, Pisa e Roma. Alla fine, dovremmo arrivare a una quarantina di persone, di cui una trentina saranno inserite a scacchiera nel progetto francese dell' European Pressurized Reactor già avviato in Normandia». La partecipazione italiana al progetto di Flamanville è stata approvata la settimana scorsa dal cda di Edf, dopo una serie interminabile di resistenze generate dalla guerra dei nervi in corso fra Enel e Suez. Con questo delicato passaggio, l' Italia approda finalmente al futuro dell' atomo in Europa: l' Epr che sorgerà a Flamanville, infatti, è simile a quello che Areva (erede di Framatome con una partecipazione di Siemens) sta già costruendo a Olkiluoto in Finlandia e diventerà l' impianto standard europeo, da ripetere tutte le volte che ci sarà bisogno di una nuova centrale nucleare. Le altre due tecnologie concorrenti – l' Ap 1000 dell' ex americana, ora giapponese, Westinghouse e la russa Vvr 1000 – sono lievemente in ritardo rispetto ai francesi. L' accordo di Enel con Edf, ora al vaglio dell' Antitrust europea, darà agli italiani il 12,5% della produzione del primo Epr. Come contropartita, l' Enel finanzierà l' equivalente del 12,5% dell' investimento globale di 3,3 miliardi di euro. In più, potrà esercitare un' opzione per la stessa quota su altri cinque reattori successivi, tutti da 1.600 MW, che verranno costruiti sullo stesso modello e il cui costo, grazie alle economie di scala, non supererà i 2 miliardi. Alla fine l' Enel potrà dunque contare sulla produzione di 1.200 MW nucleari, ai quali si aggiungono i 2.600 MW nucleari appena acquisiti dalla privatizzazione della compagnia elettrica slovacca Slovenské Elektrárne. In tutto, una potenza nucleare da 3.800 MW, oltre il doppio della capacità produttiva dismessa dopo il referendum dell' 87. Per ora nel progetto francese è presente solo l' Italia, ma è probabile che la partecipazione nei prossimi mesi verrà allargata anche alla tedesca E.on, alla belga Electrabel e forse alla spagnola Endesa, tutte interessate a contribuire alla costruzione di quello che diventerà il nuovo reattore standard d' Europa. È attorno al 2020 che la maggior parte dei 59 reattori francesi, insieme a quelli di molti altri Paesi europei, arriveranno all' età della pensione ed è per quell' epoca che i partner elettrici del continente si stanno preparando a una nuova stagione del nucleare.
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