L’eolico fa gola anche alla mafia

Il vento non sente la crisi. Per l'eolico italiano, il 2008 è stato un anno record: con oltre 1.000 megawatt di nuova installazione e un tasso di crescita del 35%, il Belpaese ha conquistato il sesto posto come potenza cumulata (3.736 MW) nella classifica dei top ten mondiali. Con 6 miliardi e mezzo di kilowattora prodotti, pari al consumo domestico di 6,5 milioni di italiani, la produzione elettrica dell'eolico supera ormai il 2% dei consumi nazionali. In un periodo di recessione, difficile trovare performance del genere in altri settori industriali. Non a caso tutte le grandi compagnie energetiche, da Enel a Edison, passando per Sorgenia, Falck, Api, Erg e Saras, sono impegnate alla grande su questo segmento delle rinnovabili, finito recentemente anche al centro delle mire della mafia, come emerge dalla indagini siciliane, fra Palermo e Mazara del Vallo. Un episodio sinistro, che però dimostra quanto l'energia del vento stia diventando attraente, perfino per la malavita organizzata.
Certamente il quadro è radicalmente mutato rispetto a qualche anno fa, quando di eolico si occupavano solo pochi idealisti. Oggi l'azienda leader del vento italiano è il gruppo britannico International Power: possiede 1.199 MW di impianti eolici, di cui 550 MW in Italia, dove alla fine del 2008 la sua quota di mercato era di poco inferiore al 15%. A seguire, con un 10% del mercato ciascuna, si trovano quasi appaiate Enel GreenPower e la Fri-EL dei fratelli altoatesini Thomas, Josef e Ernst Gostner. In particolare la Fri-EL ha avuto un notevole sviluppo nel 2008, mettendo in esercizio oltre 150 MW, per un totale di 386 MW. Seguono con il 9% Edison Energie Speciali e la Ivpc di Oreste Vigorito, uno dei pionieri del vento italiano, con oltre 1000 MW di pale in gestione, di cui più di un terzo di sua proprietà.
Ma la corsa all'energia del vento è solo all'inizio e deve superare ancora molti ostacoli. Anev, Aper, Enea e Gse, che hanno diffuso i dati dell'anno passato, sottolineano il persistere di ostacoli relativi "agli iter autorizzativi e alle lungaggini necessarie per la connessione dei nuovi impianti". Per non parlare dei blocchi ricorrenti nelle regioni più ventose d'Italia, a partire dalla Sardegna. Per vedere l'autorizzazione di un parco eolico, ci vogliono in media cinque anni. Prima c'è la valutazione ambientale, poi la conferenza dei servizi, dove decine di enti devono dare il proprio assenso, infine la rilevazione anenometrica per verificare che la zona sia adatta, quando è evidente come la società proponente abbia già valutato la ventosità della posizione, altrimenti l'impianto non sarebbe remunerativo. Malgrado la crescita degli ultimi anni, quindi, la potenza eolica italiana resta un decimo di quella tedesca e un quinto di quella spagnola. Il nostro potenziale è ben lungi dall'essere esaurito. Uno studio dell'Anev calcola un potenziale di 16.200 MW installabili, escludendo le aree protette, dove le pale eoliche non possono trovare applicazioni: se il libro dei sogni venisse realizzato, il settore che oggi impiega 15mila persone, arriverebbe a 66mila addetti e coprirebbe i consumi di oltre 23 milioni di italiani. Senza contare le installazioni offshore – considerate dagli operatori l'eolico del futuro – che in Italia non sono ancora nemmeno cominciate.
Sta iniziando a muoversi, invece, il mini-eolico, cui è stato recentemente esteso un meccanismo d'incentivazione simile al conto energia fotovoltaico: la tariffa, che durerà 15 anni, sarà di 30 centesimi per kWh. In Italia, per la verità, il movimento è partito prima dell'incentivazione: esistono già diversi produttori, come Ionica Impianti, Terom, Bluminipower, Siper, Ropatec e Tozzi Nord. Ma l'energia del vento, che sulla grossa taglia è ormai competitiva con le fonti fossili e presenta tassi di crescita molto attraenti, è ancora nella culla per quanto riguarda la microgenerazione. Bisognerà attendere anni per una diffusione di massa.

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