Ma quale bolla, in Italia manca il gas

Una settimana di freddo intenso è bastata per mettere in crisi le forniture nazionali di metano: in quattro giorni di maltempo l' Italia ha bruciato l' 8% delle riserve strategiche, 400 milioni di metri cubi di gas stoccati durante l' estate in giacimenti sotterranei, da usare soltanto in caso d' emergenza. «Il provvedimento del ministro Marzano dimostra che c' è bisogno di una maggiore quantità di gas e di una vera liberalizzazione a monte, come diciamo da anni – rileva Mauro D' Ascenzi, presidente di Federgasacqua, l' associazione che riunisce i distributori locali del gas – Il prezzo di questa carenza finiscono per pagarlo i consumatori anche nelle bollette. Se si vogliono diminuire le tariffe, l' unica vera soluzione è aumentare la quantità e l' accesso al gas liberalizzato». Altro che bolla del gas: «La tesi sostenuta da Vittorio Mincato non sta in piedi – puntualizza D' Ascenzi – come s' è visto in questi giorni d' emergenza. Sul mercato italiano non si rischia un eccesso di disponibilità, semmai una carenza grave, anche mettendo in conto i 6,5 miliardi di metri cubi di capacità di trasporto in più promessi dall' Eni». Su questo punto concordano anche l' Antitrust e l' Autorità di Sandro Ortis che già l' anno scorso, a conclusione di un' indagine comune, avevano contestato duramente la tesi di Mincato, con precisione profetica. È «purtroppo evidente – conferma oggi il presidente Ortis – che non ci troviamo nella ' bolla di gas' anche recentemente paventata». Occorre dunque «assicurare presto, per ragioni di sicurezza e per lo sviluppo di un mercato efficiente, una capacità d' offerta adeguatamente superiore alla domanda», ammonisce Ortis, ricordando fra l' altro la sua richiesta per la «terzietà di Snam Rete Gas e degli stoccaggi Stogit». In prospettiva, le carenze sul mercato del gas rischiano d' interferire anche con il corretto funzionamento del mercato elettrico. «In Italia la domanda di metano cresce molto rapidamente, circa del 4% l' anno, perché il gas è più efficiente per alimentare le centrali e inquina meno dell' olio combustibile – fa notare Sergio Garribba, direttore generale del ministero delle Attività Produttive. Tutte le prossime centrali elettriche – circa 8 mila megawatt già in costruzione e oltre 10 mila approvati ma non ancora cantierizzati – andranno a gas e quindi da qui al 2006 il fabbisogno aumenterà di molto. Ma l' offerta è ferma da anni. Da un lato la produzione domestica cala: l' anno scorso dalle profondità dell' Adriatico e della pianura padana sono stati estratti soltanto 13 miliardi di metri cubi (un miliardo in meno dell' anno prima), sugli 80 miliardi che l' Italia ha consumato. Dall' altro lato l' importazione è quasi ferma, da quando Eni ha congelato il potenziamento dei suoi gasdotti per timore di generare un eccesso di metano. Proprio su questo aspetto si concentra l' inchiesta per abuso di posizione dominante appena aperta dall' Antitrust contro il cane a sei zampe, accusato di una vera manovra ostruzionistica per strozzare quattro concorrenti. In previsione del potenziamento in seguito congelato, Edison Gas, Compagnia italiana del gas, Bridas Energy International e World Energy si erano aggiudicate le gare avviate dall' Eni in base alle norme antitrust per ospitare nei suoi tubi il loro gas, comperato direttamente in Algeria, ma poi si sono viste negare il diritto di trasportare il metano, già ottenuto con un primo contratto a valere dal 2007, per presunte irregolarità procedurali. E quindi sono rimaste al palo. Come loro, tutti gli altri operatori dipendono dalla buona volontà dell' Eni per approvvigionarsi, passando sui suoi gasdotti. «Costruitevi i vostri tubi», tuona Mincato. Ma il presidente Ortis si spinge oltre e sostiene che l' Eni, nel privatizzare la rete, dovrebbe conferirvi i metanodotti esteri: il tubo che attraverso l' Austria si collega alla rete siberiana, quello verso l' Olanda, il Transmed verso l' Algeria e il metanodotto libico, appena entrato in funzione. La preoccupazione di Ortis è che il possesso d' infrastrutture estere consenta all' Eni di mantenere comunque il controllo del mercato italiano, anche dopo l' uscita dal capitale di Snam Rete Gas. Un' altra soluzione, molto caldeggiata dal ministero, è lo sviluppo di nuovi terminali di rigassificazione, adatti all' importazione per nave di gas naturale liquefatto (Gnl), che oggi in Italia può essere ritrasformato in metano soltanto nell' impianto Snam di Panigaglia, in Liguria. «Il Gnl alla fine diventa metano – precisa Garribba – ma è una commodity un po' diversa, tant' è vero che il suo prezzo non è direttamente legato a quello del petrolio come il metano via gasdotto. Arrivando via nave, consente una maggiore diversificazione delle fonti: a seconda del fabbisogno si possono ordinare più o meno carichi e se non lo si trova in Nigeria o in Qatar si può ricorrere alle forniture dalla Malesia o dal Messico». I due impianti più vicini alla realizzazione sono la piattaforma ideata da Exxon Mobil e Qatar Gas (45%-45%) in alleanza con Edison (10%) a Porto Viro, nell' alto Adriatico, che ha ricevuto l' autorizzazione in novembre, e quella al largo di Livorno progettata da Falck e Belleli in collaborazione con Amga, che riceverà l' autorizzazione ad aprile. Il loro completamento andrà a tutto vantaggio della concorrenza sul mercato italiano e le conseguenze sui prezzi si faranno sentire. Ma si tratta comunque di tempi lunghi. «Nel frattempo – commenta D' Ascenzi – gli italiani rischiano di vedersi presentare un conto ancora più salato delle bollette attuali. Non sarebbe giunto il momento di ripensare ai meccanismi individuati per arrivare a una liberalizzazione, rilanciando il processo di aggregazione e di riorganizzazione del mercato?»

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