I consumi corrono, le centrali non decollano, domanda e offerta di energia sono sempre più distanti. Per di più, a differenza degli altri Paesi europei, oltre due terzi dell' elettricità italiana viene prodotta da idrocarburi, che seguono le quotazioni del petrolio. E il greggio ormai buca il soffitto. C' è poco da stupirsi, dunque, se il prezzo dei chilovattora in Italia viaggia su valori quasi doppi rispetto alla media europea e la bolletta scoppia. «Nel primo mese di vita, sulla piattaforma dell' Ipex sono stati scambiati ben 7,4 teravattora (sui 25 complessivi del mercato italiano), per un controvalore di 408 milioni di euro», spiega Sergio Agosta, amministratore delegato del Gme (il Gestore del mercato elettrico, che gestisce la Borsa). Il prezzo medio ponderato in base ai volumi scambiati è stato di 51,83 euro al MWh, che evidenzia una divaricazione del 14% rispetto al prezzo di generazione (Pgn) preso a riferimento dall' Autorità per definire le attuali tariffe del mercato vincolato. Il confronto lascia il tempo che trova, naturalmente, perché non ha senso paragonare un prezzo regolamentato con quello emerso dall' incrocio tra domanda e offerta sul libero mercato; tuttavia a fine giugno l' Autorità di Alessandro Ortis dovrà pur tener conto del divario per stabilire quanto incideranno i rincari della materia prima sulle bollette degli italiani. «Va ricordato – risponde Ortis – che gli aggiornamenti tariffari restano trimestrali, e quindi si tratterà sempre di medie che per loro natura appiattiscono le punte. Inoltre, per proteggere i consumatori vincolati dalla volatilità dei prezzi, l' Acquirente Unico acquista fuori Borsa più della metà dell' energia che gli serve. Ad aprile si è rifornito anche attraverso contratti bilaterali diretti con i produttori (27% del fabbisogno), attraverso gli approvvigionamenti di energia Cip6 (11%), l' import (13%) e gli acquisti in Borsa a prezzo garantito (10%, contratti differenziali). Quindi, per aprile, meno del 40% degli acquisti risente del prezzo di Borsa». Fatti i conti, la ricaduta potrebbe essere del 2-2,5% secondo le stime di Energy Advisors, una delle prime società di consulenza nel settore. Sulle imprese che si possono approvvigionare al mercato libero, invece, le ricadute sono già evidenti. «L' effetto Borsa sta causando rincari del 5-10%», spiega Carlo Tortato, presidente del consorzio veneto Unindustria Multiutilities, che l' anno scorso ha intermediato 836 mila MWh per 230 siti produttivi. I contratti bilaterali stipulati dalle piccole e medie aziende del consorzio infatti prevedono uno sconto fisso rispetto al prezzo di riferimento. «Se sale il prezzo di riferimento, alla fine aumenta anche il nostro», puntualizza Tortato. Sommando all' effetto Borsa le ricadute delle nuove fasce orarie decise in marzo dall' Autorità, contro cui Unindustria ha presentato un ricorso al Tar insieme ad altri 12 consorzi, si arriva a un rincaro medio annuale del 10-15%. «Ma non basta: a questo vanno aggiunte le nuove componenti tariffarie, gli oneri di capacità e di perdite, che ci costeranno un altro 5%», conclude Tortato, stimando sul 15-20% l' aumento complessivo della bolletta energetica cui dovranno far fronte le imprese italiane nel corso di quest' anno. «E sono stime prudenziali – precisa Tortato -, perché tengono conto solo dei rincari di aprile, un mese tradizionalmente molto tranquillo per i prezzi dell' energia, con i riscaldamenti al minimo, i condizionatori spenti e i bacini idroelettrici pieni». Secondo le stime del Grtn (il gestore della rete), da quest' anno l' Italia entrerà nel novero dei Paesi ricchi dove il fabbisogno estivo di energia supera il fabbisogno invernale: contro un picco invernale di 55.500 MW, il picco estivo potrebbe raggiungere i 55.800 MW. Giugno e luglio saranno i due mesi a rischio blackout e presenteranno la sfida più ardua anche per le quotazioni di Borsa, che in presenza di forti carenze rischiano d' impennarsi. L' anno scorso i due picchi erano già quasi equivalenti: 53.400 MW d' inverno contro 53.100 d' estate. Ma basta andare indietro di pochi anni per constatare la differenza: nel 2000 il picco invernale si era attestato sui 49.713 MW, mentre il picco estivo si era fermato a 47.383. I consumi di energia degli italiani, quindi, sono a una svolta. Non così la produzione. A fronte del fabbisogno previsto per quest' anno, sarà difficile superare l' estate senza distacchi di corrente, perché la potenza disponibile del sistema elettrico italiano per ora non supera i 50 mila MW (a fronte di una potenza installata di oltre 76 mila MW) e l' import è stato ridotto a 5 mila MW. Il divario fra potenza installata e potenza disponibile è una grande debolezza del sistema, dovuta alla variabilità delle fonti idroelettriche e alle inefficienze causate dal caldo nelle centrali termoelettriche o sulle linee ad alta tensione. L' altra è l' estrema lentezza con cui procede l' incremento della capacità produttiva. «Nonostante piccoli passi avanti, non abbiamo ancora superato le resistenze opposte da più parti alla costruzione di nuove centrali», ammette Giovanni Dell' Elce, sottosegretario alle Attività produttive e promotore di un Osservatorio per sveltire le procedure. «Decine di progetti sono bloccati dai veti locali, da complessità burocratiche o dalle incertezze normative che frenano gli investitori finanziari», rincara Dell' Elce, che punta sulla riforma delle politiche energetiche messa in campo dal ministro Marzano, in attesa del via libera parlamentare. «La prossima settimana vogliamo riportare il decreto al Senato e siamo decisi a porre la fiducia se incontrerà altre resistenze», ammonisce Dell' Elce. Dei 12.600 MW di produzione autorizzati dal ministero, in effetti, ben pochi sono stati realizzati e per quest' estate saranno disponibili al massimo un paio di migliaia di megawatt in più rispetto all' anno scorso.
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