La forza del vento galoppa in Italia, come nel resto del mondo, ma il potenziale eolico del nostro Paese resta enorme. In uno studio recente, l'Associazione Nazionale Energia del Vento (Anev) lo quantifica in 16.200 MW. "E' un potenziale quasi equivalente a quello della Spagna", spiega il presidente Oreste Vigorito.
Gli oppositori dell'eolico sostengono che ormai ci sono già troppe pale in giro e non c'è più spazio per metterne altre…
"E' falso. Pur escludendo a priori le aree di particolare pregio paesaggistico, l'Italia ha ancora moltissime zone disponibili, per una potenzialità eolica complessiva di 16.200 MW, che potrebbero soddisfare il fabbisogno di ben 25 milioni di italiani. Queste cifre significano che in Italia l'energia del vento potrebbe garantire il 6,72% dei consumi interni lordi previsti al 2020 (405 TWh). In questo modo si eviterebbero oltre 23 milioni di tonnellate di emissioni e si risparmierebbero 107 milioni di barili di petrolio".
Da dove vengono fuori questi numeri?
"I dati sono stati elaborati dalle misurazioni di più di 300 anemometri sparsi su tutto il territorio nazionale, per un periodo di 12 anni. Il nostro studio tiene conto delle limitazioni di carattere normativo, dei vincoli e delle esigenze di rispetto ambientale, oltre che degli aspetti elettrici ed economici connessi alla producibilità minima".
Quali sono le zone più adatte?
"La mappatura del vento in Italia mostra che le condizioni più favorevoli sono nel Mezzogiorno: in testa c'è la Puglia (2.070 MW), seguita da Campania (1.915 MW) e Sardegna (1.900 MW). Al quarto posto le Marche (1.600 MW), che precedono Calabria (1.250 MW), Umbria (1.090 MW), Abruzzo e Lazio (900 MW ciascuna)".
Cosa bisognerebbe fare per raggiungere questi obiettivi?
"Ci vorrebbe una semplificazione normativa: al momento attuale, tirare su una pala eolica è più difficile che costruire una centrale nucleare. Ma soprattutto ci vorrebbero delle linee guida nazionali, per introdurre principi di uniformità e certezza su tutto il territorio italiano, con una ripartizione dell'obiettivo nazionale fra le diverse regioni".
Che effetto ha sul mercato la delega alle Regioni?
"La delega alle Regioni di competenze fondamentali in materia di pianificazione e autorizzazione ha portato alla frammentazione del quadro normativo: ogni Regione ha adottato regole specifiche, spesso condizionate da localismi. Nel proliferare del caos normativo, gli operatori energetici hanno abbandonato le fasi di sviluppo e di autorizzazione degli impianti, lasciando il passo ai cosiddetti 'developer'. Da questi intermediari gli operatori acquistano poi i progetti una volta divenuti cantierabili. Una semplificazione e unificazione delle norme eviterebbe questo 'mercato di carta', che appesantisce gravemente il settore e lo espone all'infiltrazione di elementi criminali, com'è successo recentemente in Sicilia».
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