Le tempeste scoppiano sempre di domenica. E di notte. Nell' alta Val Leventina, a ridosso del Gottardo, un fulmine ha interrotto domenica scorsa la stessa direttrice del blackout del 28 settembre, la linea Musignano-Lavorgo. Tre-quattro minuti con il fiato sospeso per i tecnici del Grtn sono bastati a riportare tutti indietro, alla notte del grande buio. Ma gli italiani non se ne sono accorti. Stavolta il blackout non c' è stato. Le linee d' interconnessione non sono più sovraccariche, perché le importazioni di energia sono state ridotte. Le comunicazioni tra i tecnici ai due lati della frontiera sono migliorate, grazie all' addestramento nelle reciproche centrali operative. Le linee di difesa preventiva hanno funzionato. Ma il rischio rimane. Le linee d' interconnessione che collegano l' Italia alla rete europea sono ancora carenti. Il parco di generazione non si è ampliato di molto rispetto a un anno fa, quando ci furono i primi distacchi di corrente programmati. E i consumi continuano a galoppare. Due milioni di condizionatori comprati in un anno, fanno circa duemila megawatt in più. Per ora il tempo è stato clemente, ma basta un' ondata di caldo e la domanda s' impenna: per ogni grado in più il consumo aumenta di 500 MW. Se i picchi estivi della domanda – previsti dal Grtn a fine luglio-inizio agosto e nell' ultima settimana di agosto – dovessero rivelarsi esatti, il sistema elettrico italiano non sarebbe in grado di soddisfarli. Di conseguenza il gestore della rete, nella persona dell' amministratore delegato Luca D' Agnese, sarebbe di nuovo costretto a staccare la corrente a una parte del Paese. Il piano dei distacchi è già pronto, facilmente consultabile nel portale di Enel Distribuzione, alla voce «pianificazione emergenza blackout». È passato un anno e siamo daccapo. Che cos' è cambiato nel frattempo? «Stiamo cercando di utilizzare meglio il parco centrali, incentivando le aziende produttrici a spostare in un periodo dell' anno meno critico le manutenzioni, che di solito si facevano d' estate. Per far fronte ai casi d' emergenza abbiamo rimesso in funzione vecchi impianti che non venivano più usati perché considerati troppo inefficienti. Abbiamo introdotto il capacity payment, componente tariffaria che premia la disponibilità di generazione nei giorni critici». Così la carenza di generazione finisce nell' aumento delle tariffe. Come si spezza questo circolo vizioso? «La nostra capacità di generazione non riesce a star dietro alla crescita dei consumi: la vera soluzione verrà solo dalla costruzione di nuove centrali». Per frenare la corsa dei prezzi, l' Autorità sembrerebbe decisa ad affidare al Grtn le centrali meno efficienti, che mandano in orbita le quotazioni di Borsa (il 18 giugno siamo arrivati a un prezzo record di 163,49 euro a MWh), sottraendole alla gestione delle aziende elettriche. Lei cosa ne pensa? «Si tratta di un provvedimento estremo, pensato per evitare che nelle ore e nelle zone di massima criticità l' unico operatore disponibile sia libero d' imporre il suo prezzo. Ma spero che le brusche oscillazioni, che hanno spinto l' Autorità a prendere in considerazione questa soluzione, non si verifichino più…». In ogni caso la partenza della Borsa dovrebbe incentivare la costruzione di nuovi impianti… «La trasparenza sul fronte dell' offerta è essenziale per attirare gli investimenti: seguendo i prezzi di Borsa si vede chiaramente come il caldo fa salire la domanda. Quando si rompe un impianto, sale ancora di più. I prezzi alti diventano un incentivo a esserci nei giorni e nelle ore in cui serve». Ma anche così non è detto che si risolva il problema: in certe zone è la rete che non regge le nuove centrali. «Ci sono strozzature che vanno corrette, come la dorsale calabrese, da raddoppiare. Già oggi quella è una linea carente e in Calabria si stanno costruendo diverse centrali. Se non verrà rafforzata, l' energia prodotta non potrà arrivare a destinazione. L' elettrodotto Rizziconi-Laino, progettato nei primi anni ' 90, è molto urgente, anche se mi rendo conto che l' attraversamento del parco nazionale del Pollino è un problema delicato». Stesso discorso per la linea Matera-Santa Sofia, che dovrebbe trasportare l' energia dalle centrali pugliesi alla Campania, dove le carenze sono drammatiche. Ma è ferma da dieci anni per l' opposizione del comune di Rapolla. «Anche qui stiamo cercando da anni di raggiungere un compromesso. C' è una variante già autorizzata con un decreto presidenziale, ma la gente del paese non è d' accordo». Non avete mai pensato di riservare i distacchi di corrente soltanto alle regioni deficitarie, per indurre gli enti locali a un comportamento più responsabile? «Dal punto di vista tecnico non è impossibile, ma i problemi politici sarebbero enormi. E poi spesso non è facile circoscrivere tutte le responsabilità a un solo territorio regionale: nel caso dell' elettrodotto Matera-Santa Sofia, ad esempio, è la Campania a essere deficitaria, ma Rapolla è in Basilicata». Problemi analoghi s' incontrano sulle linee d' interconnessione con l' estero? «Sì, ma lì stiamo facendo parecchi passi avanti. Sull' elettrodotto San Fiorano-Robbia, che aumenterà di un quarto la capacità di trasporto dalla Svizzera, ci siamo già messi d' accordo con i paesi interessati della Valtellina e della Val Camonica e speriamo di concludere i lavori entro fine anno. Smantelleremo decine di vecchie linee minori, con poca capacità, che sposteremo sul nuovo elettrodotto. Così almeno ci sarà una struttura sola». E sul fronte Nord-Est? «Lì siamo deboli. Stiamo cercando di aumentare la capacità d' interconnessione con l' Austria attraverso la linea Cordignano-Lienz, e con la Slovenia attraverso la Udine-Okroglo, che rafforzerà molto quel fronte, da cui potremmo importare quantità ben maggiori di energia a buon prezzo se la rete fosse più articolata».
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