Arenati sul Carso della burocrazia, in una guerra di trincea dove tutti si sparano addosso, ma non riescono ad avanzare di un millimetro. Nemmeno le merchant lines di Gianni Locatelli, giornalista di lungo corso (negli anni Ottanta diresse il “Sole 24 Ore”) e oggi presidente di Trafigura Italia, filiale italiana di un gruppo inglese da 30 miliardi di dollari specializzato nel trading dei combustibili e sbarcato a Milano con la liberalizzazione.
A cosa servono delle linee d'interconnessione?
"Ad arricchire l'offerta, aumentare la concorrenza e importare energia un po' più conveniente della nostra. Sulle Borse estere l'energia costa il 20-30% in meno rispetto all'Italia, comprarla lì è un bell'affare. Per di più, importando energia già pronta, in genere con cavi invisibili su tracciati di pochi chilometri, si evita di costruire in Italia impianti che qui non si riescono a fare, come le centrali nucleari".
Va bene, sono utili al Paese. E a voi?
“Siamo dei trader, compriamo e vendiamo energia sulla Borsa elettrica italiana e su quelle straniere come Powernext. Ma per ridurre i rischi un trader deve verticalizzare la sua attività, con un po' di produzione o una linea d'importazione dedicata, senza oneri di trasmissione. Una centrale a ciclo combinato a gas l'abbiamo già vicino a Gorizia, un'altra la stiamo costruendo a Greve in Chianti. In contemporanea lavoriamo sulle linee d'interconnessione”.
Ma…
“Siamo alle prese con gli ostacoli più incredibili. Abbiamo in piedi tre progetti diversi, tutti sul confine orientale che è il più attraente dal punto di vista dei prezzi: due con la Slovenia e uno con la Croazia, con cavi interrati o sottomarini, quindi l'impatto ambientale è minimo. Eppure non andiamo né avanti né indietro”.
In che senso?
“I rapporti con il territorio sono buoni, i Comuni interessati al tracciato sono d'accordo, ma abbiamo grosse difficoltà con la Regione e con i gestori della rete. Fra Terna e Eles, il gestore sloveno, è in corso un rimpallo kafkiano, in cui ognuno dice: non ti possiamo dare il via se non hai avuto prima il via dal nostro omologo. E noi lì a cercare di farli parlare fra di loro. Sembra quasi che facciano apposta a non tirare su il telefono per mettere i bastoni fra le ruote”.
E va avanti così da molto tempo?
“Siamo stati fra i primi a proporre delle linee d'interconnessione con la Slovenia e la Croazia, i nostri sono fra quei 42 progetti autorizzati con la prima normativa, nel 2002. Quindi è cinque anni che ci lavoriamo”.
E la Regione?
“Anche dalla Regione ci sono fortissime resistenze. Fino a un paio di anni fa, sembrava tutto tranquillo: il presidente Riccardo Illy si era dimostrato addirittura favorevole e ci aveva ricevuti insieme ad Acegas, l'utility triestina con cui siamo in partnership. Poi si è arenato tutto. Non riusciamo nemmeno a farci rispondere dall'assessore competente, Lodovico Sonego: gli ho scritto due lettere, una a metà marzo e una a metà aprile, per chiedere un incontro. Non ha risposto a nessuna delle due. Se andiamo avanti così perderemo un'altra estate. Bisognerebbe vincolare gli enti locali a dare il loro parere in tempi congrui”.
Non è un problema solo vostro…
“Me ne rendo conto, ma non mi consola. Se almeno dicessero chiaro che queste linee non si possono fare, rivolgeremmo i nostri investimenti da un'altra parte. Non si può bloccare delle imprese per anni senza spiegare perché”.
E' così per tutte le infrastrutture.
“A maggior ragione dovrebbero essere contenti di avere una linea elettrica, con un bassissimo impatto ambientale, piuttosto che una centrale a carbone. Cosa c'è di più pulito di una linea ad alta tensione? Non sporca, non comporta l'importazione di carburante, diminuisce l'impatto degli impianti di produzione. Mi sembra che dovrebbe suscitare solo reazioni positive”.
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