Guerra degli acquedotti: attacco alle privatizzazioni

La battaglia per l' acqua diventa sempre più politica. «L' acqua è come l' aria, è un bene comune e non va privatizzato», dice il ministro dell' Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, inserendosi nella guerra in corso fra Rifondazione e la Margherita sul ddl Lanzillotta di liberalizzazione dei servizi locali. «Ma a differenza dell' aria – spiega più pacatamente Mauro D' Ascenzi, presidente di Federutility – l' acqua non arriva da sola nelle case, dev' essere incanalata e depurata con massicci investimenti in infrastrutture che costano molti soldi. O ce li mette lo Stato o si deve consentire a società industriali, pubbliche o private che siano, di organizzare un servizio secondo criteri di produttività ed efficienza. Per fare questo, però, mancano i margini: le tariffe italiane sono le più basse d' Europa». S' innesca così un circolo vizioso: il servizio costa poco per cui è scadente, ma proprio per questo non si può far pagare di più. E via con l' acqua minerale, di cui noi italiani siamo i maggiori consumatori d' Europa. Giocando sull' equivoco tra la materia prima acqua, che appartiene per legge al demanio pubblico, e la gestione delle infrastrutture che la trasportano, si può arrivare molto lontano. Nichi Vendola è arrivato ad affidare l' Acquedotto Pugliese, il più grande d' Europa, al guru dell' acqua «bene comune» Riccardo Petrella, salvo poi dimissionarlo a fine anno per manifesta incapacità gestionale, ma ribadendo nel contempo «l' immutata mission dell' Acquedotto Pugliese, ovvero la pubblicizzazione dell' acqua, così come previsto anche nel programma elettorale della coalizione di governo». Sulle barricate dell' «acqua pubblica» e gratuita, Vendola si trova in buona compagnia: da Franco Giordano a padre Alex Zanotelli, dall' Arci alle Acli, dall' Associazione Italia-Nicaragua alla diocesi di Termoli, da Mani Tese alla Rete Lilliput, dal Wwf a Pax Christi, dalla Fiom ai Cobas. Tutti insieme nel comitato promotore del progetto di legge d' iniziativa popolare per la «ripubblicizzazione dell' acqua», che viene proposto in questi giorni all' attenzione degli italiani con migliaia di banchetti. Di più. «Basta parole: moratoria subito!» si legge nel sito del Forum italiano dei movimenti per l' acqua, che chiede di bloccare anche i processi di liberalizzazione già in corso, in primis quello di Palermo, dove si è impedito più volte a colpi di blocchi stradali lo svolgimento della gara di affidamento dei servizi idrici provinciali, conclusa faticosamente la settimana scorsa. «Il problema fondamentale – dice D' Ascenzi – è che la gestione tradizionale delle risorse idriche regge un sistema clientelare basato sulla diffusa illegalità, soprattutto nel Sud, dove le reti non a caso fanno acqua da tutte le parti. L' Acquedotto Pugliese, che serve milioni di persone senza far pagare loro un centesimo di acqua e ne impiega migliaia, ai tempi del manuale Cencelli equivaleva a un ministero, tanto era il peso elettorale delle sue clientele». È soprattutto in difesa di questo sistema che a 12 anni dal varo della legge Galli di riforma dei servizi idrici, largamente inapplicata, si ritorna a mettere in discussione i principi della libera concorrenza. E così, mentre in Europa crescono i grandi gruppi specializzati nella gestione efficiente delle risorse idriche – da Veolia a Suez, a Thames Water – in Italia le utility restano frammentate e gestite in economia. Per la gioia dei signori delle autobotti.

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