Abbiamo «scelto Brindisi per la sua posizione favorevole nel centro del Mediterraneo e per la presenza sulla costa di un sito già destinato all' energia, tra la centrale Edipower e il Petrolchimico. Un impianto di rigassificazione collocato in quella posizione è il modo migliore per collegare in maniera flessibile i giacimenti del Nord Africa con l' Europa, senza le rigidità tipiche dei metanodotti. British Gas costruisce impianti di questo tipo in tutto il mondo. Per Brindisi e per il mercato italiano del gas sarebbe un gran peccato se decidessimo di andarlo a fare altrove, magari in Spagna». Armando Henriques, amministratore delegato di British Gas Italia, è strabiliato, più che arrabbiato. La costruzione del vostro impianto è bloccata da due anni. Perché? «Intralci burocratici di tutti i tipi: in due anni l' impianto avrebbe potuto già essere pronto, invece siamo appena riusciti a cominciare i lavori di colmata». Ma le autorizzazioni le avete? «Il processo autorizzativo è finito nel 2003, con un decreto ministeriale emesso in accordo con la Regione, dopo una Conferenza servizi che ha coinvolto oltre venti istituzioni locali e nazionali. Nel decreto è scritto che possiamo costruire qui un rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi l' anno, un decimo del fabbisogno italiano. Con quel documento in mano, abbiamo avviato le gare d' appalto in Italia e siamo andati a costruire sulla costa egiziana, a Idku, il terminale di liquefazione del gas destinato ad alimentare Brindisi con il metano che estraiamo dai nostri giacimenti egiziani. Quell' impianto di liquefazione è già pronto da tempo. Ma manca ancora il terminale gemello, in Puglia». Che cos' è successo nel frattempo? «Niente. Non è successo niente. Nessun grave incidente a qualche rigassificatore, che del resto sarebbe difficile, visto che il gas viene conservato in serbatoi sicurissimi a pressione ambiente, escludendo rischi di esplosione. Nessuna nube tossica, poiché il metano non inquina. Nessun caso di marea nera: eventuali versamenti di gas liquefatto in mare darebbero luogo solo a evaporazione, senza lasciare residui». Dev' essere pur successo qualcosa per ritardare di due anni «Le elezioni. I nuovi eletti in Comune, Provincia e Regione, Domenico Minnitti, Michele Errico e Nichi Vendola, vogliono spazzare via il lavoro dei predecessori. Ci hanno messo i bastoni fra le ruote in tutti i modi, con ricorsi al Tar e alla magistratura, ispezioni, blocchi, manifestazioni. Abbiamo dovuto muovere perfino l' ambasciatore britannico, sir Ivor Roberts, che è sceso a Brindisi prima di Natale per cercare un accordo. Non so perché vogliano ritirare la parola data, ma se il governo lo consentisse non sarebbe un grande esempio di credibilità». E voi? «Andiamo avanti. La pressione degli enti locali non può annullare il decreto di autorizzazione e il blocco del Tar è stato eliminato in ottobre da una sentenza del Consiglio di Stato, con cui si faceva notare che tutti questi ostacoli burocratici sono strumentali e stanno causando danni rilevanti alla società. Se ci lasciano lavorare, l' impianto sarà pronto nel 2008». Gli enti locali dicono che Brindisi aspira a rilanciare la propria vocazione turistica e vorrebbero spostare il terminale in qualche località dei dintorni. «Impossibile, dovremmo ricominciare daccapo con le autorizzazioni. Del resto ai fini turistici la localizzazione del terminale è ottima: nella zona industriale del porto esterno, a oltre tre chilometri dal porto interno, dove la città si affaccia sul mare. Il traffico di navi metaniere, 100 all' anno, interesserà solo la zona esterna per 70-80 minuti alla settimana. A Barcellona, nel centro del porto, c' è un terminale che accoglie 230 navi metaniere l' anno. E il turismo prospera. Questo impianto, un investimento da 390 milioni, è una grande opportunità di sviluppo per il territorio: dalla creazione di posti di lavoro alla formazione di competenze distintive, dagli investimenti indiretti ai servizi portuali e industriali connessi. Non c' è motivo di spostarlo».
Etichette: gas