La crisi attanaglia le imprese, calano i consumi di energia, si riduce il prezzo del kilowattora. A giugno la quantità di energia elettrica richiesta in Italia, pari a 26,3 miliardi di kilowattora, è calata del 7,6% rispetto ai volumi richiesti a giugno dell'anno precedente. Un calo in linea con quelli registrati nei mesi precedenti: -7,3% a maggio, -8,8% ad aprile, -9% a marzo e via così. Nel primo semestre del 2009, il fabbisogno complessivo di energia elettrica ha registrato un calo dell'8,2% rispetto allo stesso periodo del 2008. Di conseguenza, scende ancora il prezzo di acquisto dell'elettricità, scambiata in media a 51,82 euro al megawattora, l'11,4% in meno rispetto al mese precedente. Si tratta dell'ottavo calo congiunturale consecutivo e porta il prezzo vicino al minimo storico. Dividendo per tecnologie, però, si nota una crescita delle vendite per l'energia prodotta da fonti verdi (eolico +42,4% e idroelettrico +9,5%), mentre perdono terreno gli impianti termoelettrici e i cicli combinati a gas (rispettivamente -19% e -24,4%). Così va anche nel resto del mondo e, per adesso, gli utenti si fregano le mani. Ma il grande guaio – ammoniscono gli analisti dell'Agenzia internazionale per l'energia – potrebbe venire, paradossalmente, dopo. Sotto forma di una crisi energetica da rimbalzo, che potrebbe mettere al tappeto le ambizioni di nuova crescita. Il fenomeno trainante di questo scenario non è nuovo: la crisi deprime gli investimenti, strozza la ricerca, smobilita gli impegni. Poi, una volta agganciata la ripresa, l'effetto boomerang: la richiesta riprende a decollare, le emissioni (calate grazie alla crisi) tornano a gonfiarsi, gli approvvigionamenti faticano a tenere il passo. E i prezzi dell'energia, inevitabilmente, s'impennano. Il presente, insomma, inganna, perché dietro l'apparente abbondanza di energia a prezzo calmierato c'è soltanto la crisi. Tant'è che il 2009 si chiuderà per la prima volta con una discesa dei consumi elettrici globali: -3,5 per cento. Difficile, con questo trend, pretendere la salvaguardia dei piani d'investimento. "Le compagnie petrolifere – si legge nell'ultimo rapporto dell'Agenzia – hanno cancellato o rinviato investimenti per circa 170 miliardi di dollari, che nel futuro prossimo sottrarranno alla disponiblità mondiale almeno 2 milioni di barili di petrolio al giorno. E se il trend rimarrà quello attuale, nei prossimi 18 mesi si aggiungeranno ulteriori tagli per 4,2 milioni di barili". Non meno marcato – sottolinea il rapporto Iea – il taglio dei progetti nel gas: i 28 milioni di metri cubi al giorno di tagli alla nuova capacità programmata potrebbero arrivare a fine anno a 100 milioni e oltre. Una frenata, nei piani per incrementare l'upstream di petrolio e gas, di oltre il 20 per cento. E per il carbone potrebbe andare anche peggio: la contrazione degli investimenti raggiungerà a fine anno il 40 per cento. Le nuove previsioni di medio termine dell'Agenzia non brillano dunque per ottimismo, anche se riservano uno spiraglio di fiducia alla possibilità che il mondo abbia finalmente imboccato in modo definitivo la via del risparmio e dell'efficienza energetica. "Forse è troppo presto per parlare di un cambiamento strutturale verso un minore impiego di petrolio – si afferma nel rapporto – ma ci sono indizi che questo accadrà". La nascita di una nuova coscienza ecologica in Paesi come gli Stati Uniti resta comunque sullo sfondo. L'Agenzia ritiene ora che tra il 2008 e il 2014 la domanda globale di petrolio crescerà in media di appena lo 0,6% l'anno, portandosi da 85,8 a 89 milioni di barili al giorno. Solo nel 2012, a 86,8 milioni di barili al giorno, i consumi saranno più alti che nel 2008. Ma fare previsioni attendibili, avverte il direttore dell'Agenzia, Nobuo Tanaka, è difficilissimo: "Nel 2013 o nel 2014 potremmo avere di nuovo una crisi da carenza di offerta, come quella dell'anno scorso, quando il prezzo del greggio superò i 147 dollari al barile. Se invece la ripresa sarà lenta, potremmo ritrovarci con un'ampia capacità produttiva di riserva". Le previsioni base dell'Aie indicano in effetti che l'anno prossimo avremo un cuscinetto più che confortevole, di 7,7 milioni di barili al giorno, pari all'8% della domanda. Ma è bene non sentirsi troppo rassicurati, perché in mancanza di un'inversione di tendenza sul fronte degli investimenti, un nuovo shock petrolifero sembra essere solo rinviato.
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