Rinascita nucleare. E' la parola d'ordine lanciata a livello globale dall'Economist nel 2007, la stessa ripresa dal Ddl Sviluppo appena approvato dal Senato italiano. Ora ci sono 45 reattori in costruzione in giro per il mondo, mentre nel nostro Paese il governo si è dato sei mesi per decidere dove mettere le nuove centrali e il sito di stoccaggio delle scorie. Ma emergono subito i primi ostacoli. In Europa, il primo reattore di terza generazione, in costruzione in Finlandia, subisce un ritardo dopo l'altro. In Italia, la collocazione delle centrali non sarà affatto semplice. Dopo una prima apertura, sia il presidente veneto Giancarlo Galan che il siciliano Raffaele Lombardo, si sono fatti più cauti. Il Veneto ne parlerà solo dopo una dettagliata anamnesi tecnico-scientifica e la Sicilia si appellerà in ogni caso a un referendum popolare. Gli esperti, intanto, puntano il dito su Montalto di Castro, al confine tra Lazio e Toscana, come primo sito da prendere in considerazione: lì stava sorgendo l'ultima centrale nulceare italiana, mai terminata a causa dello stop all'atomo dopo il referendum dell'86 e poi riconvertita dall'Enel alla tecnologia policombustibile, ora datata e antieconomica. Sul problema stanno lavorando i dieci "saggi" incaricati dal governo, da Adriano De Maio a Luigi De Paoli, da Giuseppe De Rita ad Alberto Lina. Vedremo che cosa ci diranno. Nell'attesa, sono le imprese interessate a esporsi di più. A2A, insieme a Edison, è fra le più attive. "In Italia esistono le condizioni per una ripresa – spiega Silvio Bosetti, direttore di EnergyLab e molto vicino a Giuliano Zuccoli, oltre che a.d. delle ex municipalizzate di Como e Monza – ma occorre che queste siano concretizzate attraverso immediate, intelligenti e ponderate azioni di governance del sistema: integrare l’assetto normativo e legislativo, costituire l’Agenzia per la sicurezza, gestire le ricadute sul mercato elettrico, garantire i profili di competitività, allinearsi negli accordi internazionali sulle tecnologie e sulla gestione del ciclo dei rifiuti, favorire la diffusione e crescita delle competenze, aprire e garantire opportunità per l’industria e l’ingegneria nazionale, facilitare un'adeguata attività di divulgazione pubblica e individuare delle compensazioni per il territorio". Come dire, bisogna ricostruire un sistema industriale che non c'è più. Ma il punto più dolente sono gli aspetti economico-finanziari. Se serviranno, come dicono gli analisti, almeno 10 reattori per centrare l'obiettivo del 25% di produzione elettrica tracciato dal governo, chi li finanzierà? E con quali effettive convenienze per gli investitori? "Per gli aspetti economici – fa notare Bosetti – sono disponibili i primi studi, che documentano la percorribilità degli investimenti e la competitività del kilowattora da fonte nucleare con quello prodotto da altre fonti, in particolare dalle centrali a combustibile fossile. Gli operatori industriali europei sono pronti a entrare sul mercato nazionale. Il recente accordo tra Enel e Edf apre sicuramente la strada, con la presenza annunciata del maggior player mondiale del settore". Il credit crunch, però, non aiuta. "Altro discorso riguarda l’impegno finanziario, essendo iniziative di investimento ad altissima intensità di capitale. Qui occorre un approccio adeguato ai finanziamenti, che sono oggettivamente ingenti. Il costo del denaro è una variabile molto significativa e determinante i risultati degli investimenti. Un possibile modello economico e industriale è quello dei consorzi, un modello utile anche a valorizzare le principali aziende energetiche locali (Acea, A2A, Hera, Iride…) così come già accade in Finlandia o Germania". In pratica, le municipalizzate lombarde vorrebbero replicare il modello seguito in Finlandia, dove si è costituita una società senza scopo di lucro, la Tvo, per costruire la nuova centrale di Olkiluoto. La Tvo è un consorzio fra sessanta azionisti, operatori elettrici e industriali della carta, che si sono impegnati a ritirare a prezzo di costo tutta l'energia prodotta, per soddisfare il proprio fabbisogno. Così hanno abbattuto il rischio di mercato e sono riusciti a farsi finanziare l'investimento dalle banche all'80%, con un tasso molto contenuto. Ma anche lassù non tutto sta filando liscio, tanto che l'entrata in funzione della centrale continua a slittare. Ora si parla, forse, del 2012.
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