Cala il sipario sulle vecchie lampadine a incandescenza. Da oggi cominciano a sparire dai negozi quelle da 100 watt in su: stop alle forniture. Dopo 130 anni di onorato servizio – da quel lontano 1879, quando Thomas Alva Edison iniziò a commercializzarle – i bulbi di vetro contenenti un filo di tungsteno stanno per uscire di scena, messi al bando sia dall’Unione Europea che dagli Stati Uniti.
Il motivo è chiaro: con il loro stentato 10% di efficienza (il resto dell’energia immessa va disperso in calore), le lampadine a incandescenza sprecano troppa elettricità. La loro sostituzione con fluorescenti compatte, se fosse realizzata entro il 2015 in tutto il Vecchio Continente, porterebbe a un taglio di emissioni pari a 23 milioni di tonnellate di anidride carbonica, con un risparmio di 7 miliardi di euro. In Italia, invece, la messa al bando delle vecchie luci permetterebbe di tagliare 3 milioni di tonnellate di CO2 e di risparmiare 5,6 miliardi di kilowattora all’anno, con un beneficio di oltre un miliardo di euro ogni dodici mesi.
Il nostro Paese su questo tema si era mosso prima di altri, con un articolo ad hoc della Finanziaria 2008, che prescriveva il divieto di mettere in commercio lampadine a incandescenza di qualsiasi potenza dal 1° gennaio 2011. Ma l’attuale governo ha rivisto le date per mandare in pensione l’incandescenza, adeguandole a quelle del resto d’Europa. Da oggi, quindi, cominciano a sparire le luci a incandescenza con una potenza maggiore o uguale a 100 watt, dopo un anno toccherà a quelle da 75 watt, nel 2011 alle 60 watt, fino al blocco totale nel 2016. Tra i produttori di lampadine, che nel 2008 hanno avuto un giro d’affari di 400 milioni, nessuno è contrario, anzi: la “rottamazione” dell’incandescenza a favore delle fluorescenti compatte potrebbe essere redditizia per loro. Un vecchio bulbo costa infatti un cifra non lontana da un euro contro i 7-15 euro delle luci di ultima generazione.
Sono i consumatori, da un lato, e gli architetti della luce, dall’altro, a ribellarsi. Il motivo è semplice: le fluorescenti compatte saranno anche risparmiose, ma gettano sul tavolo da pranzo una pessima luce, che trasforma un’allegra cena fra amici in un funerale. Infatti nel Regno Unito, dove il governo si è mosso prima, anticipando il bando al 1° gennaio di quest’anno, i giornali gridano allo scandalo: “La grande rivolta delle lampadine”, titolava il Daily Mail a tutta pagina qualche settimana fa. E i piccoli negozi che avevano stoccato abbastanza incandescenti a 100 watt da riuscire ancora a venderle per molti mesi dopo il bando, hanno fatto affari d’oro, con file davanti alla porta per accaparrarsi i pochi bulbi rimasti, a prezzi doppi del normale. Si può star certi che la reazione degli inglesi si ripeterà nel resto d’Europa appena il divieto entrerà in vigore, come in una rappresentazione teatrale già vista.
La sfida, per l’industria dell’illuminazione, sarà migliorare sempre di più questi prodotti, che però sono già migliorati tantissimo: le prime fluorescenti, qualche anno fa, facevano una luce ben peggiore, pur consentendo risparmi del 70-80% sui consumi. Non a caso l’illuminazione industriale si è già orientata in questa direzione: su circa 400 milioni di sorgenti luminose italiane, ormai più del 10% è fatta di fluorescenti a risparmio energetico. Ma c’è un paradosso: il mondo dell’illuminazione ecosostenibile, se da un lato consente di risparmiare sui consumi, dall’altro pone il problema dello smaltimento, visto che le fluorescenti contengono piccole quantità di materiali tossici come il mercurio, “che con un solo milligrammo – spiegano i ricercatori dell’Università americana di Standford – può comunque contaminare 4mila litri d’acqua”.
Un problema che i produttori non si nascondono: se è vero che con queste nuove lampadine limiteremo le emissioni di anidride carbonica, è anche vero anche che da un punto di vista ambientale il loro bilancio di sostenibilità non è poi così favorevole, perché per produrle ci vogliono materiali più inquinanti. Ecco perché la scommessa è anche sulle nuove alogene, che coniugano un’ottima qualità della luce con un risparmio del 30% rispetto alle più comuni incandescenti e costano la metà delle fluorescenti. Ma i produttori puntano soprattutto sui Led, i diodi semiconduttori nati negli anni ’80, che emettono luce a partire da minuscoli chip di silicio. Peccato che oggi un 7 watt a Led, che esprime la potenza di un 35 watt, costi 30-35 euro e presenti caratteristiche d’instabilità che ne fanno una tecnologia non ancora matura per il mercato di massa.