Le piastrelle del futuro potrebbero diventare delle centrali elettriche, "spalmate" sull'esterno degli edifici: la conduttività elettrica è l'ultima trovata dell'industria ceramica italiana, all'avanguardia di una vera e propria rivoluzione nelle costruzioni. Ma già oggi il distretto di Sassuolo cerca di soddisfare i clienti più esigenti in fatto di sostenibilità: per produrre una tonnellata di piastrelle consuma meno della metà dell'energia utilizzata negli anni ‘70. Idem dicasi per i principali inquinanti, generati nella fase di cottura: il fluoro, il piombo e le polveri, ridotti a un decimo rispetto agli anni Settanta. Anche i consumi idrici sono molto diminuiti, grazie alle buone pratiche di riclaggio delle acque. Al giorno d’oggi, uno stabilimento riutilizza – direttamente o indirettamente – tutte le acque reflue e tutti i residui di fabbricazione, con un notevole risparmio di acqua, energia e materie prime. E c'è anche chi cerca di riciclare materiali esterni alla sua produzione, come il gruppo Concorde, che ha appena realizzato il primo prodotto industriale incorporando nell'impasto il vetro dei tubi catodici rottamati: le piastrelle così ottenute sono preferite dagli architetti che vogliono ottenere una certificazione Leed, lo standard americano per gli edifici verdi. Ma la ricerca non si ferma qui. “Uno dei campi più promettenti è quello della funzionalizzazione delle piastrelle”, spiega Giorgio Timellini, direttore del Centro Ceramico di Bologna e professore di Scienza dei materiali all'università di Bologna. “Con l'uso di materiali nanostrutturati da sovrapporre al supporto ceramico, si possono fornire alle piastrelle funzionalità nuove e speciali, come ad esempio la produzione di energia fotovoltaica, attraverso un film sottile di silicio amorfo, o degli effetti fotocromatici e termici, utili per ottimizzare l'isolamento degli edifici”.
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