Elettrificazione delle banchine per l’alimentazione delle navi in sosta. Mobilità il più possibile elettrica di passeggeri e merci. Produzione di energia con impianti fotovoltaici o eolici e illuminazione con tecnologia led. Miglioramento dell’efficienza energetica. Introduzione di sistemi telematici per fluidificare i traffici. Il porto – da sempre associato con acque inquinate, fumi pestilenziali, camalli arrabbiati e traffici loschi – si fa verde. E proprio perché fino ad oggi non ha attirato la stessa attenzione delle case o delle auto, potrebbe dare grandi soddisfazioni a chi sta tentando di dargli una ripulita. "In definitiva, l'80 per cento delle vendite di qualsiasi settore produttivo dipende dai porti, eppure i consumi portuali non vengono mai menzionati nel bilancio energetico delle grandi aziende", fa notare Henrik Kristensen, responsabile ambientale della Apm, il braccio portuale del gruppo Maersk, colosso danese dello shipping. Maersk è una delle compagnie che più si stanno impegnando sul fronte dell'efficienza. Fra le novità applicate dal suo operatore portuale, che ha come obiettivo il taglio di un quarto delle emissioni nel giro di tre anni, c'è un sistema di recupero dell'energia cinetica analogo al freno rigenerativo della Prius, ma su scala molto più vasta, che consente alle gru di accumulare energia mentre movimentano tonnellate di container e di restituirla alla rete come un generatore. Nel porto di Rotterdam, l'area concessa alla Apm ha già tagliato le sue emissioni del 45% con il passaggio all'energia del vento, generata da un parco eolico interno allo scalo, alla foce del fiume Maas, nella zona più esposta ai venti del Nord. E con il nuovo sistema regenerativo applicato alle gru, farà ancora meglio: nei test è stata ottenuta una riduzione dei consumi elettrici del 38 per cento. Non a caso Hutchison Wampoa ha equipaggiato così tutte le sue gru nello Yantian Terminal del porto di Shenzhen. Ma già l'utilizzo di energia elettrica, di qualsiasi fonte, al posto degli sporchissimi motori diesel che di solito alimentano le navi ferme in porto, è una buona notizia. Le banchine elettrificate si usano in Nord America nei porti di Los Angeles, Seattle, Juneau e Vancouver, in Europa a Goteborg, Lubecca, Zeebrugge e in tre porti finlandesi. In Italia, il primo scalo che utilizzerà l'elettrificazione delle banchine, consentendo così lo spegnimento dei motori ausiliari di bordo, sarà Civitavecchia. Il sistema di cold ironing, disegnato dall'Enel, verrà poi applicato anche a Venezia e La Spezia. Un'iniziativa importante, considerato che si tratta di strutture che accolgono un gran numero di navi da crociera e da trasporto. Grazie alla maggiore efficienza e ai sistemi di abbattimento delle emissioni presenti nelle centrali elettriche, il cold ironing permette, rispetto ai tradizionali generatori di bordo, una riduzione di oltre il 30 per cento delle emissioni di CO2 e del 95 per cento degli ossidi di azoto e del particolato, oltre all'azzeramento dell'inquinamento acustico. Il problema di base è che le navi non ancora predisposte a questo tipo di tecnologia dovranno pagare un costo di conversione che non è di certo irrisorio, si parla di cifre che vanno tra i 500 mila e il milione di euro per imbarcazione. E prima di decidere questo investimento gli armatori voranno sicuramente avere la possibilità di utilizzare il cold ironing in tutti i porti di attracco. Per facilitare la riconversione, quindi, la diffusione del sistema è fondamentale. Il passo successivo sarà imporre agli armatori l'uso di combustibili a basso tenore di zolfo (<0,1%), pena l'incremento delle tariffe. Infine, la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, per chiudere il cerchio.
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