Piccolo è bello. Il nucleare 2.0 esce dai laboratori di ricerca e fa il primo botto in Borsa, con l'annuncio dell'alleanza fra Bill Gates e Toshiba per costruire il primo “reattore portatile”, partendo dalla tecnologia sviluppata da Nathan Myhrvold, l'ex capo tecnologico di Microsoft. Sull'onda della notizia, pubblicata dal quotidiano giapponese Nikkei, il titolo Toshiba ha chiuso con un balzo del 3,6% alla Borsa di Tokio, in controtendenza sul resto del listino. La partnership fra il miliardario filantropo e l'azienda giapponese, infatti, potrebbe essere decisiva per quel segmento dell'industria nucleare che sta tentando di miniaturizzare i reattori, tagliando i costi e rendendo sempre più trascurabile il problema delle scorie radioattive.
TerraPower, lo spin out atomico della galassia di Myhrvold, che fa capo a Bill Gates, ha in mente di utilizzare come combustibile nel suo Traveling Wave Reactor (Twr) proprio le pastiglie di uranio esaurito, senza necessità di ricaricarlo per decenni. In questo modo si estenderebbero di centinaia di anni le riserve di uranio a disposizione dell'umanità. Toshiba, da parte sua, è la più avanzata delle grandi società nucleari nella realizzazione di reattori compatti: il suo prototipo 4S (Super-Safe, Small, Simple), che può operare senza interruzione per 30 anni, punta a ottenere in autunno il via libera da parte delle autorità Usa per poter iniziare la costruzione del primo reattore nel 2014. I giapponesi contano di poter sfruttare circa l'80% delle tecnologie usate dal 4S anche per il Twr, mentre resta da risolvere il nodo del combustibile. Ma Toshiba e TerraPower non sono le uniche aziende a muoversi su questo terreno. Il piccolo reattore mPower della Babcock & Wilcox sarà probabilmente il primo a vedere la luce negli Stati Uniti, dove tre grandi utilities – Tennessee Valley Authority, First Energy e Oglethorpe Power – hanno firmato il mese scorso un accordo per la sua realizzazione e hanno già avviato le procedure per ottenere la certificazione dalla National Regulatory Commission. Il reattore ha una capacità di 125-140 megawatt, circa un decimo di quelli grandi. Ma il costo è in proporzione: 750 milioni di dollari (550 milioni di euro), contro i 5-10 miliardi di dollari di un reattore dai 1100 megawatt in su. Il piccolo mPower ha anche il vantaggio di dimezzare i tempi di costruzione e non ha bisogno della presenza di grandi masse d'acqua, per cui può essere installato anche nell'arido West. E' pensato per essere interrato e ricaricato ogni cinque anni: diminuisce ulteriormente il rischio di incidenti. E può essere utilizzato in forma modulare: una centrale prevista inizialmente per pochi reattori può aumentarne gradualmente il numero a seconda delle necessità. Infine può stoccare per l'intero arco del suo funzionamento, 60 anni, le scorie che produce. NuScale ha progettato un prototipo con una potenza ancora più ridotta, sui 45 megawatt, e sta per chiedere la certificazione. Hyperion, una start up che sfrutta un brevetto dei laboratori nucleari di Los Alamos, punta addirittura su un “reattore portatile” da 25 megawatt, da spostare con un pickup, che può dare energia a 20mila famiglie. E ha già firmato un accordo per esportarlo in Russia. E' chiaro che i mini-reattori approfitteranno dei 54 miliardi di dollari stanziati dal presidente Barack Obama per rimettere in moto l'industria nucleare americana. E presto ce li ritroveremo anche da questa parte dell'Atlantico.