Bioetanolo da scarti agricoli: un prototipo a Comacchio

Paglia, legno e scarti vegetali in genere,
ma anche vinacce, pastazzo di agrumi, cruscami, bucce di pomodoro, residui dei
semi di soia e del cotone. Sono queste le materie prime utilizzate da Umberto
Manola, inventore della tecnologia Hyst (Hypercritical Separation Technology),
per ricavare farine alimentari, cellulosa per l’industria dei biocarburanti
(bioetanolo), combustibili solidi (lignina) per il settore delle bioenergie,
fibre di cellulosa per l’industria cartaria e chimica. Il processo consiste nel
separare le componenti della materia prima immessa facendo scontrare tra di
loro, ad alta velocità, le particelle di biomassa trasportata da getti d'aria
contrapposti. Il sistema, che sarà commercializzato dalla BioHyst, consente di
trasformare le biomasse residue provenienti dalle attività agricole o
dall’industria agroalimentare in matrici ricche di amido, facilmente
fermentabili in etanolo, con costi e consumi energetici estremamente ridotti.
Il prototipo, a San Giuseppe di Comacchio, nelle valli ferraresi, lavora ogni
ora due tonnellate di materiale, ma potrebbe arrivare fino a sette: è stato
presentato la settimana scorsa al responsabile del gruppo sistemi vegetali per
prodotti industriali dell’Enea, Vito Pignatelli. "L’Enea è interessata a
questa tecnologia – ha detto Pignatelli – per l’applicazione nel campo dei
biocombustibili, ma si potrebbe pensare di applicarla anche per la separazione
degli elementi radioattivi dalle scorie prodotte dall’industria nucleare".
"Questa tecnologia, brevettata e accompaganata da un software
specifico, è nata in decenni di sperimentazioni, derivate dall'esigenza di
valorizzare gli scarti dei mulini", spiega Daniele Lattanzi, responsabile
della strategia di BioHyst. I
settori su cui punta BioHyst sono le energie alternative e l'alimentazione, con
uno sguardo particolare alle aree più povere del pianeta. "Il nostro
obiettivo è fornire in comodato d'uso gratuito alcune decine d'impianti ai
Paesi in via di sviluppo", precisa Lattanzi, che è già in trattative avanzate
con il governo del Senegal. La diffusione della tecnologia BioHyst nei Paesi
industrializzati sarà funzionale alla raccolta di risorse da investire nella
costruzione di impianti per i Paesi poveri. "Nella mangimistica, ad
esempio, la nostra tecnologia porta enormi risparmi, sostituendo l'orzo con gli
stocchi di mais come fonte di amido si può tagliare del 30-40% i costi di
approvvigionamento".

  • Mario P. |

    E’ bene che gli internauti sappiano che lo scorso 2011 la magistratura ha posto sotto sequestro con l’accusa di truffa il macchinario creato dal sig. Manola.
    Infatti il Manola nel 2003 tramite una società americana la DDS, avrebbe presentato in america la stessa tecnologia millantando i soliti 40 anni di ricerca.
    Successivamente la DDS è fallita perché non avrebbe commercializzato l’apparato. Tutto ciò si può verificare consultanto il sito:
    http://www.vegacomputing.com/ddstechusa/index.htm
    Dando un’occhiata al sudetto si può evincere che le affermazioni in esse presente risultano molto simili a quelle presenti nel più recente sito della Biohyst.
    Inoltre, pare che il Manola si stia rifiutando di collaborare con la giustizia per ripetere gli esami mostrati in precedenza.
    Da quello che sta venendo a galla sembrerebbe che questo dispositivo sia una TRUFFA COLOSSALE. Speriamo che la magistratura faccia luce al più presto

  • Roberto |

    Fantastico! Si può migliorare ed incrementare notevolmente la risorsa alimentare specie per i paesi sottosviluppati e, sentite, sentite, produrrà anche un MARE di bioetanolo di 2° generazione che ci toglierà dalle dipendenze del molto inquinante ed ESOSO PETROLIO! BEN VENGA QUESTA TECNOLOGIA!

  • Enrico P. |

    Questa notizia è eccezionale. Con un dispositivo inventato da un ricercatore italiano si può affrontare utilizzando gli scarti agricoli il problema della fame nel mondo e quello dell’energia. Complimenti a Manola e a Biohyst.
    Enrico

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