Fino a pochi anni
fa, la ferrovia sembrava un relitto dell'altro secolo. L'aereo simboleggiava
l'idea del futuro e del progresso tecnologico. Oggi no. Il treno è di ritorno.
L'alta velocità lo ha rimesso sui binari, con i treni-proiettile che sfrecciano
in Europa, Cina, India, Corea e presto anche negli Usa di Barack Obama.
La rinascita dei
treni coincide, guarda caso, con la rivoluzione della mobilità sostenibile:
milioni di persone si pongono ogni giorno il problema di ridurre l'impronta
ambientale dei propri spostamenti. Il trasporto aereo è il grande incriminato
di fronte al tribunale dell'effetto serra. Volare è una delle azioni che dà i
peggiori mal di pancia agli ambientalisti militanti, tanto che le compagnie più
avvedute stanno tentando in tutti i modi di sostituire il kerosene con i
biocombustibili. Il treno, alimentato dalla rete elettrica, è un mezzo
marcatamente più pulito, soprattutto se viaggia in Paesi dove prevale il
kilowattora nucleare. Non è un caso che l'alta velocità ferroviaria in Europa
sia nata in Francia (e in Asia in Giappone), dove l'elettricità è prodotta
all'80% grazie all'atomo, quindi con risorse interne e a costi vantaggiosi. Il
"bollino verde" del treno si appanna un po' nei Paesi come l'Italia,
dove le centrali elettriche vanno per oltre l'80% a combustibili fossili. Resta
comunque il fatto che i consumi a chilometro di un treno sono molto più ridotti
di quelli di un aereo e che la produzione concentrata di energia è sempre molto
più efficiente e pulita della produzione distribuita. In altri termini, fra
aerei e treni c'è la stessa relazione esistente fra una flotta di auto a
benzina e una corrispondente di auto elettriche: venisse anche da combustibili
fossili, l'alimentazione delle auto elettriche sarebbe sempre più pulita, semplicemente
perché l'energia prodotta in una centrale inquina meno di cento scappamenti.
Felici, quindi, i
Paesi dove i treni hanno già sostituito l'aereo: in tutta Europa, da Berlino a
Madrid, da Vienna a Londra, cadono come mosche le tratte aeree che gareggiano
con tratte ferroviarie entro le tre ore. Tra Parigi e Bruxelles i passeggeri
dei cinque voli quotidiani si sono trasferiti da tempo sul Thalys, lo stesso è
accaduto da Londra a Parigi, da Basilea a Francoforte o da Madrid a Barcellona.
Sono 560 i Tgv francesi in circolazione e 350 gli Ice tedeschi, ma solo 60 i
Frecciarossa italiani. Il reticolo dei treni-proiettile si allarga a vista
d'occhio dappertutto, tranne che in Italia. Per anni ci è stato spiegato che il
Corridoio 5 – ovvero il corridoio ad alta velocità che dovrebbe collegare
Torino a Trieste – è un'infrastruttura indispensabile per il sistema Paese. Ma
per il momento l'alta velocità italiana disegna solo una linea longitudinale
sulla penisola, da Torino a Milano e poi da qui a Bologna, Firenze, Roma e
Napoli. Da Milano verso Est non c'è nulla. O meglio, c'è solo la mini tratta
Milano-Treviglio. Poi il buio, che resterà fitto ancora per molti anni, perché
la tratta per Brescia e Verona non è stata ancora finanziata, la progettazione
della Verona-Padova è stata rimandata a dopo il 2011 e il tracciato
Venezia-Trieste nemmeno pensato. Il ritardo pesa su tutto il Nord Est e anche
sul collegamento con i mercati dell'Est europeo, oltre che sulla messa in rete
dei porti adriatici e la nuova autostrada del mare.
Verso Nord, poi,
i collegamenti ferroviari veloci con l'Europa hanno un grosso limite: le Alpi.
Esteso per 1200 chilometri da Lubiana a Nizza, a cavallo su sette Paesi, l'arco
alpino si erge come un grande muro al centro del Vecchio Continente, tagliando
fuori lo Stivale. E anche su questo fronte le novità accadono altrove. Di qui
al 2017 sono in progetto o in costruzione quattro nuovi mega-tunnel che
potrebbero riscattare il Belpaese dal suo isolamento plurimillenario. Le
quattro opere ciclopiche, equivalenti all'Eurotunnel sotto la Manica, non
assomigliano più in nulla alle antiche gallerie di scavalcamento delle cime più
alte, perché scavano le montagne alla base in modo da non costringere i treni a
superare dislivelli che impedirebbero l'uso dell'alta velocità. Il più
occidentale consentirà di viaggiare fra Torino e Parigi in meno di tre ore, il
più orientale di raggiungere Monaco da Verona in poco più di due ore, i due
centrali di collegare Milano con Zurigo in due ore e quaranta e con Basilea in
tre ore, offrendo così ai passeggeri italiani una connessione ottimale con il
sistema ferroviario continentale e liberando le strette valli montane dalla
valanga soffocante del traffico – soprattutto merci – transalpino su gomma.
Per ora solo due di
questi progetti sono già in corso di realizzazione: quelli svizzeri. Il nuovo
tunnel del San Gottardo, sulla tratta Milano-Zurigo, sarà lungo 57 chilometri
(il vecchio, del 1882, è di 15) e sarà completato da altre due gallerie di
base, a Nord e a Sud, lunghe in tutto 25 chilometri, sotto il Zimmerberg e
sotto il Monte Ceneri. Faraonica è un aggettivo modesto per quest'opera,
destinata a estrarre dalla montagna materiale sufficiente per costruire sette
piramidi di Cheope: sarà la più lunga galleria ferroviaria del mondo.
L'inaugurazione è prevista per il 2017. Il nuovo tunnel del Loetschberg, sul
tracciato Milano-Berna-Basilea, è lungo 35 chilometri (l'attuale, del 1905, è
di 14) e la prima galleria è già entrata in esercizio dal 2007, mentre la
seconda è fatta per due terzi. Ma anche quando in Svizzera tutto sarà pronto,
mancheranno le tratte di collegamento con l'alta velocità italiana, dal confine
a Milano. Vanno molto più a rilento, invece, i due progetti italo-francese e
italo-austriaco. E intanto il treno del futuro ci passa accanto.