Un mercato "atipico", dicono gli esperti. In Italia scendono i consumi di gas, l'offerta aumenta (almeno fino a quest'estate), ma i prezzi non si muovono. Anzi. Nel periodo dal giugno 2009 al luglio 2010 il costo delle forniture di gas per i consumatori industriali è cresciuto del 12,3 per cento, fino a 31 centesimi di euro per metro cubo di metano, a fronte di un calo dei consumi dell'8 per cento, secondo un'indagine di Nus Consulting. Mentre per le utenze familiari è rimasto quasi fermo, con una discesa nel 2009 e una risalita quest'anno.
Con il blocco del Transitgas dalla Svizzera, poi, c'è stata un'ulteriore impennata del 15% per le utenze industriali, rincaro considerato ingiustificato dall'Authority, dato che un altro gasdotto, il Tag, è attualmente sottoutilizzato per ammissione di Snam e della stessa società che controlla l'infrastruttura dalla Russia. Un rincaro di questo genere, dice l'Autorità di Sandro Ortis, è "tipico di situazioni in cui in cui la capacità di trasporto risulta completamente utilizzata, non sembra congruente con il mancato incremento dell'import di gas naturale in Italia attraverso il punto di entrata di Tarvisio". Per Fabio Santorum della svizzera Openlogs, primo trader indipendente attivo sul nostro mercato dalla sua apertura nel 2000, l'Italia è un'isola: "Il mercato più lungo d'Europa, dove i consumi sono scesi da 85 a 76 miliardi di metri cubi di gas all'anno e l'offerta da 90-95 è salita a 100 miliardi, senza nessun beneficio sui prezzi".
Ora l'Authority ci sta provando a tagliare la bolletta gas delle famiglie, con un piccolo ribasso dello 0,1% a partire dal 1° ottobre, ma un gruppo di compagnie lo contesta e ha fatto ricorso al Tar Lombardia per sospendere il taglio. Se il Tar accordasse una sospensiva, i consumatori rischiano di veder risalire di botto le bollette di un altro 3%, dopo quello di luglio, di aprile e di gennaio (in tutto +9,6% nel 2010). I primi operatori che sono ricorsi al Tar sono cinque: Eni, Enel, A2A, Gas Plus e Phlogas, ma se ne potrebbero aggiungere altri. Gli operatori contestano il nuovo metodo di calcolo dell'Authority, deliberato dopo le necessarie audizioni a fine settembre, con cui Sandro Ortis ha "aggiustato" le sue correzioni tariffarie tenendo conto dei prezzi internazionali del metano, che in Europa sono decisamente convenienti in questo periodo di abbondanza di offerta.
Visto che il ribasso internazionale si ferma ai confini dell'Italia, la delibera taglia-tariffe vorrebbe spingere gli operatori a rivalersi di questa anomalia sull'Eni, che detta i prezzi al confine, essendo il principale importatore di metano dall'estero. Ma gli operatori da quest'orecchio non ci sentono. E per il prossimo aggiornamento delle tariffe, che cade il 1° gennaio, "questa" Autorità non ci sarà più, visto che il mandato di Sandro Ortis e Tullio Fanelli scade improrogabilmente il 15 dicembre e dei loro successori non si sa ancora nulla. Di qui l'allarme delle associazioni consumatori, che in un comunicato congiunto hanno attaccato duramente i ricorrenti: "Non possono pretendere di far pesare sulle bollette degli italiani la difesa dei loro alti margini di guadagno: invece che andare contro i consumatori, si diano da fare per acquistare al meglio e sfruttare le riduzioni dei prezzi a livello internazionale".
Di fatto, il mercato del metano è liberalizzato da dieci anni, ma solo 800mila famiglie hanno cambiato fornitore, pari al 4% degli utenti domestici, e se si aggiungono anche le utenze industriali non si supera il 7%, a differenza dell'elettricità dove ormai 3,2 milioni di famiglie e 2,6 milioni di imprese, pari al 34% del totale, hanno cambiato fornitore, pur essendo la sua apertura ben più recente. Molti consumatori gas non lo sanno nemmeno di poter optare per il mercato libero: il 27% è convinto che solo i consumatori industriali possano scegliere liberamente l'azienda del gas, secondo una ricerca Bip-Nielsen. L'8,8 per cento addirittura è convinto che in Italia esista una sola azienda del gas e che non ci sia alcuna possibilità di scelta. Per questa liberalizzazione a due velocità, l'Autorità punta come al solito il dito su Eni, "operatore dominante che controlla ancora il 92% delle infrastrutture di import e il 65% delle immissioni sul mercato nazionale", al contrario dell'ormai ex-monopolista Enel, la cui quota sul mercato italiano si è ridotta al 30%. In pratica, i vantaggi di prezzo che si riescono a spuntare sono talmente minimi in un mercato così poco concorrenziale, che decade ogni incentivo a cambiare fornitore.