Domani alle 9.30 le associazioni che rappresentano il settore delle fonti rinnovabili (Aper, Assosolare, Anev, AssoEnergie Future, Gifi, Ises Italia) incontrano imprese e cittadini al teatro Quirino di Roma per spiegare gli effetti immediati del decreto ammazza-rinnovabili e per rilanciare una "collaborazione paritaria tra il governo e l’industria per una legislazione finalizzata alla reale promozione delle rinnovabili in Italia che dia certezze nel lungo periodo".
Già venerdì il ministro Paolo Romani incontrerà tutti gli operatori del settore: "Massimo in due settimane vogliamo produrre un provvedimento che dia certezze al settore, in modo che le nostre banche, i nostri imprenditori e i nostri produttori abbiano la possibilità di investire in base a quanto consentito e consentibile da parte dei cittadini", ha dichiarato nel corso dell'audizione in Commissione Industria del Senato.
Ma il decreto ha già fatto effetto, prima ancora di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Le banche hanno immediatamente tirato i remi in barca e tutti i progetti in corso si sono fermati, con danni colossali ai soggetti coinvolti e la prospettiva reale di perdere l'unico settore in forte crescita nel panorama industriale italiano, così com'è successo in Spagna.
In una lettera aperta al Presidente del Consiglio dal titolo Cancellati per Decreto, pubblicata oggi in uno spazio pubblicitario su diversi quotidiani, quindici imprese del settore "che impiegano centinaia di lavoratori e hanno circa 1,3 miliardi di euro investiti in impianti che entreranno in esercizio oltre il 31 maggio 2011" polemizzano duramente con il governo: "Se si vogliono cambiare le regole, che lo si faccia ma qualsivoglia cambiamento non deve avere alcun impatto retroattivo e sui lavori in corso".
Così non è, grazie alle gravi incongruenze contenute nel decreto e messe in luce dall'avvocato Paolo Falcione di DLA-Piper anche in una lettera diretta al presidente Giorgio Napolitano, per invitarlo a non firmare una normativa palesemente illegittima. Ma il suo appello è caduto nel vuoto.
"Il comma 9-bis – spiega Falcione – pone come data di scadenza del 3° Conto Energia il 31 maggio 2011. Termine che si pone in palese violazione dell’art. 41 della Costituzione che tutela l’iniziativa economica privata, in quanto le decisioni di investimento relative al 3° Conto Energia sono state fatte facendo affidamento su un regime adottato nell’agosto 2010 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2011 e previsto fino a tutto il 2013. E se è vero che l’ammissione all’incentivo è ex post rispetto all’allacciamento, non per questo si può ledere l’affidamento degli investitori: infatti essi si assumono il rischio costruzione, ma non di repentino mutamento del quadro legislativo. La norma rasenta la modifica retroattiva di regimi di incentivazione, regolarmente sanzionata come illegittima dal Consiglio di Stato".
Per di più, il decreto impone che il quarto Conto Energia venga adottato in tempi strettissimi, entro il 30 aprile 2011, ma se ciò non avverrà per ritardo o perché cadrà il governo prima, il comma 9-bis è indipendentemente idoneo a bloccare l’attuale 3° Conto Energia.
"Da ultimo – precisa Falcione – il quarto Conto Energia si baserebbe su scaglioni annuali di potenza massima incentivabile. Si deve allora ipotizzare che si torni ad una ammissione ante costruzione, altrimenti non sarebbe un regime di incentivo ma una sorta di roulette russa, in cui ogni primo gennaio si riparte da zero in un meccanismo di chi prima arriva meglio alloggia, che in Italia, per esperienza, incentiva solo la corruzione".