La peggiore delle ipotesi? Fusione del nocciolo con esplosione del reattore. In questo caso la fuoriuscita di materiale radioattivo sarebbe inevitabile e massiccia. Un'ipotesi teorica, mai accaduta nella storia del nucleare civile. Nell'incidente di Three Mile Island, nel 1979, si arrivò alla fusione del nocciolo. Ma senza danni, perché il reattore rimase perfettamente integro. Dalla centrale non uscì nulla e tutto il materiale sta ancora chiuso lì dentro, annegato in un sarcofago di cemento. A Cernobyl non si arrivò mai alla fusione del nocciolo, ma ci fu un'esplosione da cui fuoriuscì una parte del combustibile radioattivo. Le conseguenze furono molto più gravi, come sappiamo.
Nel caso di Fukushima Daiichi, non sappiamo ancora con certezza come stiano le cose. L'agenzia di sicurezza nucleare giapponese sostiene che le quattro centrali più vicine all'epicentro del terremoto siano state subito spente e nega la fusione del nocciolo nell'unità numero 1 della centrale di Fukushima. L'esplosione, dovuta a un problema al sistema di raffreddamento, dovrebbe avere intaccato solo le pareti esterne della centrale, non il reattore. Ma la fuoriuscita di cesio indica che ci sia stata una fusione di combustibile, anche se probabilmente non del nocciolo. E quindi resta un'incongruenza fra quanto dichiarato e l'evidenza dei fatti.
La centrale di Fukushima è un bestione composto da 6 unità per quasi 5 gigawatt di potenza: potrebbe soddisfare da sola un decimo del fabbisogno italiano di energia elettrica. Costruita nel '66, la centrale utilizza dei reattori Bwr (Boiling Water Reactor) costruiti da General Electric, Toshiba e Hitachi. Il nocciolo di un reattore Bwr può essere immaginato come la resistenza elettrica che scalda l'acqua in un comune bollitore da cucina: è immerso nell'acqua e diventa molto caldo. L'acqua lo raffredda e allo stesso tempo trasporta via il calore, di solito sotto forma di vapore, per far girare delle turbine che generano elettricità. Se l'acqua smette di fluire, abbiamo un problema. Il nocciolo si surriscalda e sempre più acqua si trasforma in vapore. Il vapore causa una forte pressione nella camera interna del reattore, un contenitore sigillato. Se il nocciolo – composto principalmente di metallo – diventa troppo caldo, tande a sciogliersi e alcune componenti possono infiammarsi.
Nella peggiore delle ipotesi, il nocciolo si scioglie completamente e buca il fondo della camera interna, cadendo sul pavimento della camera di contenimento, un altro contenitore sigillato. Questo è progettato apposta per evitare che il contenuto del reattore penetri all'esterno. Il danno a questo secondo contenitore può essere anche grave, ma in linea di principio dovrebbe poter evitare una fuga radioattiva nell'ambiente circostante. L'espressione "in linea di principio", però, è sempre relativa. I reattori sono progettati per avere diversi livelli di sicurezza, in modo da far scattare un'altra procedura se la prima fallisce. Ma quel che è successo a Fukushima dimostra che non sempre si riesce a mantenere il controllo del sistema. Il terremoto ha fatto spegnere automaticamente i reattori in funzione, ma ha anche tolto la corrente alle pompe che facevano fluire l'acqua di raffreddamento del nocciolo. I generatori diesel si sono attivati per ovviare al blackout, ma sono partiti con un'ora di ritardo rispetto all'interruzione di corrente, non si sa perché. Questo ha scatenato il surriscaldamento del reattore.
Nel caso di Three Mile Island, non si è arrivati alle estreme conseguenze, perché la camera di contenimento ha tenuto. A Cernobyl, un reattore considerato inaccettabile in base agli standard occidentali proprio per la mancanza di sistemi multipli di sicurezza, la fuoriuscita di materiale radioattivo avvenne a causa dell'esplosione, che scagliò in aria il combustibile nucleare, non in seguito a una fusione.
Nel caso di Fukushima Daiichi, il monitoraggio dell'International Atomic Energy Agency (il braccio di sicurezza nucleare delle Nazioni Unite) ci dice che il reattore è stato spento subito. Ma il riscaldamento continua attraverso la reazione nucleare, che ci mette molto tempo prima di esaurirsi. Non possiamo sapere se la drammatica esplosione cui abbiamo assistito attraverso le riprese televisive abbia davvero intaccato solo le pareti esterne della centrale. L'unica fuoriuscita radioattiva di cui siamo a conoscenza è derivata dalla necessità di sfiatare la pressione che si era creata nella camera di contenimento. Questa manovra, resasi necessaria per contenere il surriscaldamento, dovrebbe far uscire solo isotopi radioattivi che decadono rapidamente, prodotti dall'acqua di raffreddamento. Resta da spiegare la presenza di isotopi di cesio. Questi sono prodotti dalla reazione nucleare del nocciolo e dovrebbero restare confinati all'interno del reattore. Se sono stati registrati all'esterno della centrale, vuol dire che il nocciolo ha cominciato a disintegrarsi.