La Smartina fila via silenziosa e più d'uno si ferma stranito a guardare: com'è che non fa rumore? Poi leggono le scritte sulla fiancata e capiscono, bussano sul finestrino, chiedono se cammina bene, quanto dura la carica, quanto costa… Girare con un'auto elettrica a Milano risveglia interesse, ma per ora rimane un esercizio teorico. Mancano le colonnine di ricarica, mancano le esenzioni per parcheggiare gratis in centro, mancano gli incentivi per abbattere i prezzi troppo alti delle auto. E forse manca anche un po' di sprint da parte dei consumatori, se è vero che il distretto italiano dell'auto elettrica vende quasi tutta la sua produzione all'estero. L'Italia infatti, pur non essendo un mercato di sbocco particolarmente interessante e non avendo un capofila attivo su questo fronte, ospita una serie di piccoli produttori considerati all'avanguardia in Europa, soprattutto nella Motor Valley emiliana. Perloppiù si tratta di trasformazione di auto o bus, che erano stati prodotti con un motore a combustione interna e in cui viene inserito un motore elettrico, su ordinazione di qualche Comune o Regione interessato a una flotta a emissioni zero. Su questo fronte è schierato un agguerrito gruppetto di piccole medie imprese, che sono in grado di costruire circa 6mila veicoli all'anno, di cui 900 autobus. Ma il mercato per ora resta minuscolo e molto frammentato.
Per il settore è determinante l'assenza di un grande player industriale, che potrebbe fare da catalizzatore. Tra i manager globali dell'auto, Sergio Marchionne resta uno dei più scettici rispetto alla propulsione a batterie, nella quale tutti i concorrenti, volenti o nolenti, hanno investito. "La struttura finanziaria delle auto elettriche non sta in piedi", ha detto recentemente. E in un certo senso è vero. Come le fonti rinnovabili di energia, anche l'auto elettrica non è realmente competitiva, sul piano dei costi, con le sorelle dotate di motore a combustione interna: la Smart Electric Drive, tanto per fare un esempio, non è ancora in vendita, ma è probabile che non potrà costare meno del doppio della sua omologa a propulsione fossile. Quindi per fare volumi avrà bisogno d'incentivi statali, che in Italia ancora non ci sono a livello nazionale. I più fortunati, per ora, sono i parmigiani, dov'è in fase d'avvio uno schema d'incentivazione in cui il Comune ha investito ben 9 milioni di euro, che serviranno anche a garantire uno sconto fino a 6mila euro agli acquirenti delle prime cento auto elettriche. Poi ci sono altre iniziative sparse, ma una strategia nazionale manca completamente. In Parlamento giacciono da mesi due proposte di legge in materia, che dovrebbero essere esaminate prima dell'estate per poter entrare in vigore nel 2012.
Basta un confronto con il caso francese, per capire dove andranno a parare i consumatori italiani interessati all'auto elettrica: qui il governo ha già stanziato 1,5 miliardi di euro in un piano per incoraggiare lo sviluppo della tecnologia dei veicoli puliti. Dal canto loro, Renault e Peugeot Citroen si sono impegnate e a mettere in vendita 60mila auto elettriche in Francia nel periodo 2011-2012, in particolare in 12 Comuni pilota. Contestualmente, una ventina di gruppi pubblici e privati hanno ordinato 50 mila veicoli elettrici per le flotte interne, con lo scopo di garantire ai costruttori francesi una domanda sufficiente a permettergli di avviare la produzione di massa.