Acqua pubblica o privata? Nell'idroelettrico abbiamo già superato il dilemma. Tanto che ci siamo meritati una lettera di messa in mora da Bruxelles, il primo passo della procedura d'infrazione, sulla proroga delle concessioni – senza gara – agli operatori già presenti sul territorio.
Con quasi 30 gigawatt di potenza installata, l'idroelettrico è uno dei pilastri fondamentali del sistema energetico italiano. Enel è il principale operatore a godere i frutti di questa straordinaria risorsa naturale, con circa metà della capacità disponibile, ma anche Edison, A2A, Acea, Hera e Iren la sfruttano con dighe e turbine in varie regioni d'Italia. Con la finanziaria 2011, il governo ha esteso di cinque anni i diritti di sfruttamento dei bacini idrici per gli operatori tradizionali e in un pugno di province dell'Alta Italia di sette anni aggiuntivi (totale: dodici anni), a patto che le società elettriche cedano le dighe a società miste controllate dalle province. In pratica, così si ripubblicizza il settore. E già i primi effetti si vedono: in Valtellina, patria di Giulio Tremonti, dove si concentra il 13% dell'idroelettrico nazionale, le concessioni sono scadute da poco, ma sono state automaticamente prorogate a Edison, A2A ed Enel, senza gare.
L'Antitrust aveva criticato questo provvedimento, segnalando le distorsioni. Ma la legge – pur essendo stata già dichiarata incostituzionale un'analoga disposizione di proroga contenuta nella finanziaria 2006 – è rimasta tale e quale. Così ora è intervenuto il commissario europeo al Mercato Interno, Michel Barnier, con una contestazione ufficiale: perché l'Italia ha prorogato le concessioni, invece di bandire nuove gare, come previsto dalla normativa varata nel 2005? Proprio grazie a quella legge il nostro Paese aveva fatto chiudere la procedura d'infrazione avviata da Bruxelles nel 2002. Stavolta sarà più difficile convincere Barnier, anche se al ministero dello Sviluppo Economico è stata già formulata la risposta, inviata a fine maggio, con cui si sostiene la necessità di garantire il recupero degli investimenti da parte del concessionario uscente. Dopo otto anni di contestazioni, però, stavolta l'Ue potrebbe decidere di andare fino in fondo.
La messa in mora di Barnier va a rafforzare il parere dell'Antitrust di Antonio Catricalà, secondo cui "il meccanismo delle proroghe per le concessioni nel settore idroelettrico rischia di avere effetti distorsivi della concorrenza". Quello che piace di meno al garante è la super-proroga limitata a Como, Sondrio, Brescia, Verbania e Belluno, per le società elettriche disposte a cedere le centrali alle province: un dispositivo che "attraverso il meccanismo delle società miste, risulta fortemente discriminatorio tra operatori localizzati in diversi contesti geografici, con effetti distorsivi e restrittivi della concorrenza in quanto potrebbe rintrodurre fittiziamente una preferenza per il concessionario uscente e gli enti locali". Su questo punto ha protestato anche il Partito Democratico, che nel caso dell'idroelettrico si è schierato contro l'acqua pubblica, in opposizione ai deputati della Lega, autori del provvedimento: "Di fatto nella produzione di energia il governo vuole ritornare alla proprietà pubblica degli impianti, visto che le società a proprietà maggioritaria degli enti pubblici locali potranno godere degli affidamenti diretti da parte degli stessi enti pubblici".
La ri-pubblicizzazione dell'idroelettrico, intanto, procede spedita: a Bolzano, la Provincia autonoma ha da poco conquistato definitivamente il controllo dell'idroelettrico in Alto Adige, affidando 27 delle 28 grandi derivazioni prima in possesso di Enel e Edison alla sua controllata Sel. Sarà questo, se rimane in vigore la legge contestata da Bruxelles, il destino di tutto l'idroelettrico italiano, che copre oltre un quinto della domanda energetica del Paese ed è considerato dagli operatori una risorsa preziosissima, capace di soddisfare rapidamente le punte di domanda.