Turbine sempre più potenti, nuove tecnologie, costi in diminuzione. E la Cina che costruisce senza sosta. Per l'eolico mondiale è tempo di svolta: la forza del vento può fare ormai concorrenza alle fonti fossili. Nel 2010, malgrado la crescita frenata dalla crisi del credito, l'eolico ha fatto girare 40 miliardi di euro e ha dato lavoro a 670mila persone, triplicando il numero degli addetti rispetto a cinque anni fa. Il 2011 andrà ancora meglio e sul medio termine la World Wind Energy Association (sempre molto prudenziale nelle stime) prevede una capacità eolica mondiale di 600 gigawatt al 2015 e di 1.500 gigawatt al 2020, quindi superiore sia all'idroelettrico che al nucleare.
Quest'anno le nuove turbine installate dovrebbero arrivare a 45 gigawatt, rispetto ai 36 gigawatt dell'anno scorso, che hanno portato la potenza eolica mondiale a sfiorare i 200 gigawatt complessivi. Di questi 36, la metà sono stati realizzati in Cina, che in un solo anno ha avviato una quantità di pale equivalente a tre volte l'installato complessivo italiano. Il colosso asiatico è ora il primo Paese eolico del mondo con 45 gigawatt, seguito dagli Usa a quota 40, Germania a 27 e Spagna a 20. Facendo le debite proporzioni, però, è la Germania che vince la gara, unico degli otto grandi Paesi industrializzati del mondo a coprire il 9% del suo gigantesco fabbisogno elettrico con la forza del vento. La Spagna riesce a coprire ancora di più, ma su un fabbisogno molto più modesto: in marzo, per la prima volta nella storia energetica spagnola, l'eolico è risultato la prima fonte di generazione, coprendo il 21% della domanda.
In prospettiva, il risveglio del gigante asiatico è destinato a cambiare parecchio il mercato: nel 2010, per la prima volta, oltre la metà dei nuovi parchi è stata avviata in Asia (54%), con l'Europa al 27% e il Nord America al 16%. Questo spingerà molto i costruttori cinesi, che infatti si stanno espandendo in Europa, a partire dalla Grecia: Sinovel – primo fabbricante di turbine cinese e secondo o terzo al mondo, dopo la danese Vestas e testa a testa con l'americana General Electric – ha appena firmato con l'azienda elettrica di Stato ellenica Public Power Corporation un accordo strategico che prevede la realizzazione di parchi eolici fino a 300 megawatt e di uno stabilimento produttivo di aerogneratori.
La competizione tra i costruttori per entrare nei mercati emergenti – dall'Egitto all'Argentina – è ormai al calor bianco. Ma sarà sulla capacità tecnologica dei singoli che si giocherà la leadership del futuro. La dimensione delle turbine, rapportata al costo, sarà determinante per prevalere in questa gara. Le turbine più grandi attualmente installate onshore sono di 3 megawatt e quindi ce ne vogliono 180 per raggiungere una potenza equivalente a quella di una tipica centrale a gas: un impatto di non poco conto per il territorio. In Italia, ad esempio, difficilmente si può riuscire a installare più di 60-70 pale in una volta. Se le turbine fossero più grandi o più potenti, ovviamente ne basterebbero di meno per produrre la stessa quantità di energia elettrica, con vantaggi evidenti nelle procedure autorizzative e nei conflitti con la popolazione locale. E' in questa direzione che puntano tutti i costruttori. Il discorso vale ancora di più per il mercato offshore, di cui parliamo qui accanto.
La gara è aperta e il premio è il dominio di un mercato che dovrebbe raddoppiare nel giro di 3 anni. Ma non è detto che vinca un costruttore occidentale. L'esperienza di Vestas o di General Electric è incontrovertibile, ma si tratta di aziende ormai consolidate, che devono confrontarsi con la straordinaria agilità dei concorrenti cinesi. Basta paragonare il numero di dipendenti, per capire dove sta il problema: Vestas ne ha 23mila contro i 2000 di Sinovel, che ormai le sta con il fiato sul collo. E' chiaro che i costi di produzione non saranno mai gli stessi. Non a caso, nella top ten delle aziende produttrici, le prime due cinesi, Sinovel (seconda o terza) e Goldwind (sesta) hanno già scavalcato le due rivali tedesche, Enercon (quarta) e Siemens Wind Power (ottava). Per non parlare di REpower, terzo produttore tedesco e decimo della top ten, che l'anno scorso è stato direttamente acquisito dall'indiana Suzlon, a sua volta in fortissima ascesa, al quinto posto in graduatoria. La battaglia, quindi, si sposta sul valore aggiunto dell'innovazione. Ma anche qui, gli asiatici ormai si stanno attrezzando. Sarà un bel match.