Il rigassificatore di Porto Empedocle si farà: lo ha detto il Consiglio di Stato, ponendo fine a una disputa di campanile che bloccava il progetto da anni. Nell'occasione, ripropongo qui di seguito un mio pezzo pubblicato nell'ottobre 2007, da cui risulta evidente la paralisi delle infrastrutture italiane: in questi quattro anni, l'Enel ha chiuso i contratti sul gas egiziano, la rivoluzione ha rovesciato Hosni Mubarak, gli olandesi hanno costruito il rigassificatore più grande del mondo, ma a Porto Empedocle non si è mossa foglia. Ora, forse, dopo la consueta sequela di sentenze, questo investimento da 800 milioni avrà il via libera. Forse.
Prima Brindisi, poi Porto Empedocle. E' una decina d'anni che l'Enel vorrebbe un terminale di rigassificazione, per alimentare le esauste vene dei metanodotti italiani e soprattutto le sue centrali a gas. A Brindisi, dopo anni di blocco, ci ha rinunciato, lasciando British Gas a sbrigarsela da sola con il delirio nostrano di opposte sentenze. Ora Fulvio Conti punta sulla Sicilia e va a caccia di forniture di metano in tutto il Nord Africa, ma soprattutto in Egitto, balzato rapidamente al sesto posto nella classifica mondiale dei produttori di gas naturale liquefatto, con una capacità annua complessiva pari a 17,5 miliardi di metri cubi. Questo grazie a una serie continua di nuove scoperte nella zona del Delta del Nilo, che hanno eclissato i giacimenti petroliferi dell' area di Suez, ormai arrivati a una fase di maturità, con produzione in declino e riserve sostanzialmente stabili attorno ai 500 milioni di barili. Le riserve egiziane di gas, invece, sono raddoppiate negli ultimi cinque anni e la produzione è triplicata, con la costruzione di due impianti di liquefazione a Idku e Damietta, che hanno consentito di valorizzare i nuovi ritrovamenti rendendo il gas esportabile. «Gli egiziani sono stati molto bravi nella trasformazione e nella commercializzazione di queste risorse, molto più rapidi dei loro vicini», spiega Gianfilippo Mancini, l'uomo degli approvvigionamenti per il gigante italiano dell' elettricità, appena tornato dal Cairo. La crescita fulminea dipende dalla nuova apertura del regime di Mubarak, finalizzata ad attrarre la partecipazione di compagnie internazionali: le condizioni legali e finanziarie offerte a chi sviluppa progetti mirati all' esportazione di gas sono definite come le più vantaggiose in tutta l' area del Nord Africa e hanno fatto affluire investimenti esteri pari a 10 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni. Così, dopo il raddoppio del terminale di Idku, adesso si prospetta un raddoppio di Damietta. È in questa prospettiva che s' inserisce la compagnia guidata da Fulvio Conti. Attingere alle riserve egiziane di metano andrebbe così ad aggiungersi alla fornitura di Gnl nigeriano già in atto, che per ora non può essere rigassificato in Italia per mancanza di terminali, ma viene dirottato sull' impianto Gaz de France di Montoir, in Bretagna, e riconsegnato all' Enel attraverso uno swap, con uno stranded cost di 150 milioni di euro l' anno. «Il contratto nigeriano è già in piedi dagli anni Novanta, quando avevamo in progetto un terminale a Brindisi e poi uno a Monfalcone, ma né l' uno né l' altro sono stati realizzati. Ora Porto Empedocle è alle battute finali del processo autorizzativo e quindi ci muoviamo per trovare il resto di gas che ci serve per alimentarlo», spiega Mancini. Con una capacità di rigassificazione da 8 miliardi di metri cubi l' anno, di cui 1,6 da lasciare liberi all' accesso di terzi e 3,5 già forniti dalla Nigeria, ne restano da trovare altri 3. Sono questi, nell' immediato, l' oggetto della trattativa con gli egiziani. Ma lo sbarco dell' Enel nell' upstream fa parte di una strategia di ben più vasta portata. Strategia incentrata soprattutto sulla Russia, primo player mondiale nella hit parade del gas, dove l' ex monopolista italiano quest' estate ha messo le mani sulle riserve di Yukos nella penisola siberiana di Yamal, messe all' asta dal Cremlino. «Le riserve di gas stimate in questa zona artica della Siberia ammontano a 5 miliardi di barili: al momento attuale ne controlliamo il 40%, il restante 60% è dell' Eni, ma nel giro di due anni entrerà Gazprom al 50%, noi scenderemo al 20 e l' Eni al 30%», precisa Mancini. Tradotto in pratica, si tratta comunque di 1 miliardo di barili equivalenti di petrolio. «Nessuna utility nostra concorrente – fa notare Mancini – possiede riserve di questa portata: neanche Gdf arriva al miliardo, Rwe e Centrica non superano i 500 milioni, EdF si ferma a 200. Solo Eon, con gli asset Ruhrgas in Russia, si muove in un ambito paragonabile. Ma noi vogliamo crescere ancora».