Quotazioni in risalita alla Borsa elettrica, imprese in allarme per il caro-energia, famiglie tartassate dall'inflazione, import sempre più salato. Il deficit della bilancia commerciale energetica italiana è cresciuto del 30% negli ultimi dodici mesi, superando il massimo storico di 60 miliardi di euro, cioè mille euro esatti per abitante, neonati compresi. E questi aumenti, derivati soprattutto dal caro-petrolio, li vedremo ben presto in bolletta. L'unica difesa è produrre e utilizzare l'energia in maniera efficiente e razionale, in base a una strategia nazionale che per adesso non c'è: il piano promesso a metà settembre dal governo ancora non si vede. "Serve una cabina di regia per indirizzare la crescita del settore", ha detto il presidente dell'Authority Guido Bortoni al Festival dell'Energia di Firenze, organizzato da Aris e FederUtility.
Ma la vera incognita per il mercato energetico italiano è rappresentata dagli effetti dell'inasprimento della Robin Tax, che secondo le prime stime peserà sulle aziende elettriche attorno a 1,8 miliardi e avrà ricadute inevitabili sui prezzi finali. Solo per Enel ed Edison, si calcola, il costo sarà di circa 400 e 150 milioni l'anno per i prossimi tre anni. La nuova maggiorazione Ires, secondo l'Authority per l'Energia, comporterà certamente un aumento delle tariffe per i consumatori, oltre a un possibile impatto sugli investimenti per le infrastrutture. In una segnalazione a governo e parlamento, l'Autorità ha già contestato la nuova formulazione della tassa istituita anni fa per togliere un po' di margine alle compagnie petrolifere, che ora la manovra ha esteso all'elettricità e alle reti energetiche. "Il principale effetto di un aumento dell'Ires – avverte l'Autorità dell'energia – è ridurre la propensione all'investimento nell'attività colpita dall'aumento". Proprio il calo degli investimenti, in un momento in cui il settore ne avrebbe grande bisogno, rischia di riflettersi sulle tariffe perché, spiega il documento, "nelle attività svolte a mercato, è attraverso la contrazione degli investimenti e, di conseguenza, dell'offerta che può aver luogo, in linea generale, la futura traslazione degli effetti dell'aumento dell'imposta diretta sui prezzi e quindi sui consumatori". La squadra di Bortoni, ovviamente, vigilerà affinché le imprese coinvolte nell'addizionale non scarichino i sovraccosti sugli utenti, un'operazione vietata dalla legge. Ma questi controlli sono molto difficili.
Già adesso, le imprese italiane pagano una bolletta elettrica del 31,7% più cara rispetto alla media Ue e cioè sborsano un costo maggiore di 8 miliardi di euro l'anno per la corrente elettrica, equivalente a 1.776 euro in più per ciascuna, in base a una ricerca di Confartigianato. E sul gas non ce la passiamo meglio: tra caro-petrolio, assenza delle forniture libiche e cronica mancanza di competitività sul mercato interno, il divario fra prezzi italiani ed europei è salito da una media di 4-5 euro al megawattora di luglio-agosto fino agli attuali 6-7 euro. Per Carlo Stagnaro dell'Istituto Bruno Leoni, la differenza con il Paese europeo più liberalizzato, la Gran Bretagna, è del 32% per i grandi utenti e del 50% per quelli di medie dimensioni. I consumatori soffrono della rigidità dei contratti di lungo termine che ci legano ai nostri fornitori esteri, in primis Gazprom, mentre nel resto d'Europa prevalgono le compravendite sul mercato, da quando è molto più liquido grazie alla diffusione del gas non convenzionale americano. L'Europa ha registrato nel 2010 un vero e proprio boom del trading di gas, con volumi saliti del 29% rispetto all'anno precedente, secondo il rapporto European Gas Trading 2011 di Prospex Research. "Perché questo accada anche da noi, occorre che ci siano molti operatori e grosse quantità da vendere", spiega Davide Tabarelli di Nomisma Energia. Ma oggi non è così.
Su queste e altre distorsioni che aggravano le nostre bollette, l'Authority chiede da anni il varo di una strategia nazionale, che corregga una volta per tutte i continui cambi di direzione delle politiche energetiche governative. Il caos sulla promozione delle fonti rinnovabili, varata lo scorso marzo per recepire le direttive europee in materia, ma a cui mancano ancora una ventina di decreti attuativi, è un tipico esempio di queste distorsioni: scoraggia gli investimenti e crea forti sperequazioni tra le diverse fonti, per cui si incentiva fortemente il fotovoltaico ma si tralascia completamente il solare termico, che invece potrebbe aggiungere un elemento di grande efficienza nel panorama energetico italiano. "La strategia è in corso di realizzazione, è stato affidato lo studio preliminare all'Enea e quindi speriamo, entro la fine dell'anno, di poter dare un quadro complessivo di lungo termine", ha detto il sottosegretario allo Sviluppo con delega all'Energia, Stefano Saglia. E questo significa un altro slittamento, visto che il ministro Paolo Romani l'ultima volta aveva parlato di metà novembre.