Il 2011 è stato un anno record per gli investimenti nell'energia pulita in Italia, ammontati a 28 miliardi di dollari, il 38,4% in più rispetto ai 20,2 miliardi del 2010. Negli ultimi cinque anni, ci siamo distinti come uno dei mercati delle rinnovabili più dinamici al mondo, al primo posto per tasso di crescita degli investimenti fra i Paesi del G-20, secondo l'ultimo rapporto Pew. Ma la distribuzione delle risorse è stata molto sbilanciata verso l'energia del sole: nel quinquennio 2007-2011, il fotovoltaico ha attratto l'83% degli investimenti, l'eolico il 12% e le altre energie rinnovabili (inclusi i biocarburanti) il 5%. "Grazie ai prezzi elevati delle fonti tradizionali e alla favorevole posizione geografica, l'Italia è il primo Paese ad aver raggiunto la grid parity, ovvero la competitività dei prezzi dell'energia solare rispetto alle fonti tradizionali", sottolinea Pew. Nell'area del G-20, gli investimenti in energia pulita hanno raggiunto nel 2011 la cifra record di 263 miliardi di dollari, con un aumento del 6,5% rispetto all'anno precedente. Gli Usa restano al primo posto con 48 miliardi, tallonati dalla Cina con 45,5 miliardi, al terzo posto la Germania con 30,6 miliardi e poi c'è l'Italia. Il calo dei prezzi, abbinato al boom degli investimenti nei Paesi emergenti, ha accelerato la crescita della potenza installata, salita nel 2011 di 83,5 gigawatt, fino a 565 gigawatt complessivi. Ma come sarà il 2012?
Dopo il record raggiunto l'anno scorso, quest'anno è previsto un drastico calo degli investimenti mondiali nelle fonti rinnovabili, derivato dalle incertezze politiche che pesano sul settore. Nei primi 3 mesi dell'anno, gli investimenti sono scesi infatti a 27 miliardi di dollari, il 28% in meno rispetto all'analogo periodo 2011 e al livello minimo da tre anni, cioè dalla fase peggiore della crisi finanziaria internazionale. Più in dettaglio, gli investimenti negli impianti di generazione sono ammontati nel trimestre a 24,2 miliardi di dollari (-13% rispetto ai primi 3 mesi 2011), mentre quelli di venture capital e private equity nelle aziende del settore si sono attestati a 1,9 miliardi di dollari (+6%), cui si aggiungono poco più di 600 milioni di dollari (-87%) ricavati dalle quotazioni in Borsa delle società del comparto, riferisce Bloomberg New Energy Finance.
"I dati del primo trimestre 2012 riflettono le destabilizzanti incertezze sul futuro degli incentivi alle energie pulite sia nell'Unione Europea, a causa della crisi finanziaria, che negli Stati Uniti, a seguito della scadenza dei programmi di stimolo e del ciclo elettorale", ha spiegato l'amministratore delegato di Bloomberg Energy Finance, Michael Liebreich, secondo il quale "non vi sono segnali di un mutamento di questo quadro in nessuna delle due regioni per i prossimi 12 mesi". Le tecnologie energetiche pulite, in particolare fotovoltaico ed eolico terrestre, “continuano a registrare una discesa dei prezzi e si avvicinano sempre più alla competitività con i combustibili fossili, ma in molti Paesi i politici sembrano non voler prendere le decisioni che assicurerebbero al settore il mantenimento della traiettoria di crescita”, ha aggiunto Liebreich, convinto che la positiva evoluzione delle rinnovabili nei mercati emergenti non potrà compensare il declino nei Paesi sviluppati.
In Italia, il settore registra già dei rallentamenti, dovuti principalmente all'incertezza sugli incentivi. Un chiaro esempio è dato dall'eolico che ha vissuto un vero e proprio esodo delle aziende italiane all'estero. "Lo scorso anno le imprese italiane dell'eolico hanno investitio di più all'estero (56%) che in Italia", spiega Alessandro Marangoni, commentando i dati contenuti nel rapporto di Althesys. "E' un dato che parla da solo. I problemi derivano dall'incertezza circa la riforma del sistema incentivante che unita al credit crunch rende difficili, se non impossibili, gli investimenti nel Paese". Il rischio regolatorio, come lo definisce Marangoni, acutizza anche la stretta sui finanziamenti da parte delle banche: "Il fenomeno del credit crunch è ormai talmente generalizzato che ormai anche gli stessi istituti finanziari lo ammettono. Il problema è che le rinnovabili ne risultano particolarmente colpite perché le banche non hanno visibilità sui ricavi, data la poca chiarezza sul futuro degli incentivi, mentre prima erano proprio questi a rendere il settore più appetibile di altri".