Gas naturale: è un idrocarburo prodotto dalla decomposizione anaerobica di materiale organico.
E' la fonte energetica più usata dagli italiani, che lo sfruttano per soddisfare oltre metà del loro fabbisogno elettrico, per scaldarsi e per cucinare: se ne bruciano oltre 83 miliardi di metri cubi all'anno.
L'Italia ne è abbastanza ricca, soprattutto sotto la Pianura Padana e sotto l'Adriatico: se ne potrebbero estrarre senza difficoltà almeno 15 miliardi di metri cubi all'anno (il doppio di quanto si produca oggi), riducendo così la dipendenza energetica del nostro Paese dall'estero.
Stiamo parlando, ovviamente, solo di gas CONVENZIONALE, che si estrae senza bisogno di spingerlo all'esterno con il FRACKING, tecnica recentissima e mai utilizzata in Italia, anche perché non abbiamo giacimenti di shale gas, cioè il gas naturale che si estrae dagli scisti bituminosi.
Questa tecnica, che ha rivoluzionato il mercato del gas nordamericano, potrebbe essere utilizzata in Europa soltanto in poche aree, localizzate soprattutto nell'area del Baltico e in Francia. Non in Italia.
In Italia, la prima estrazione di gas naturale risale al 1938, a PODENZANO, vicino a Piacenza.
Tra il 1946 e il 1950 la produzione italiana passò da 20 a 305 milioni di metri cubi all'anno e la rete di distribuzione fu estesa da 354 a 1266 chilometri.
Da allora ad oggi, le scoperte di nuovi giacimenti si sono moltiplicate, mentre le riserve già sfruttate sono state via via trasformate dall'Eni in stoccaggi, essenziali per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, in caso di interruzioni del flusso dall'estero, ma anche per comprare gas a buon mercato d'estate e rivenderlo a prezzi più alti durante l'inverno, quando la domanda cresce.
Il centro nevralgico del sistema gas italiano, dove convergono la rete dei gasdotti e il sistema degli stoccaggi, si trova a MINERBIO, a una trentina di chilometri da FINALE EMILIA, epicentro da cui è partito il terremoto di questi giorni.
Là sotto c'è il più grande sito italiano di stoccaggio di gas e tutto intorno ce n'è altri, ad esempio a SABBIONCELLO SAN VITTORE, a 18 chilometri da Ferrara.
Poco lontano, l'Eni ne ha uno nuovo in via di realizzazione: ad ALFONSINE, a 50 chilometri da Ferrara.
Per "nuovo" s'intende sempre una cavità che conteneva già di suo gas naturale, estratto nel corso degli anni per soddisfare il fabbisogno degli italiani.
Sempre nell'area dell'epicentro c'è anche un altro sito preso in considerazione in anni recenti per farne uno stoccaggio, RIVARA.
Questo progetto è stato concepito da Ers, una società indipendente che non può sfruttare il sistema di giacimenti monopolizzati dall'Eni fin dai tempi di Enrico Mattei e quindi parte da un sito diverso, che secondo le valutazioni dei geologi dovrebbe essere ancora più adatto e sicuro ai fini dello stoccaggio gas, rispetto ai siti dell'Eni.
In pratica, Ers sta cercando di spezzare il monopolio Eni sugli stoccaggi italiani.
Ma ha incontrato fin dall'inizio una forte resistenza nell'amministrazione regionale, che con l'Eni ha una lunga consuetudine, data l'ubiquità del Cane a sei zampe sul suo territorio.
Il 24 aprile 2012 la Regione Emilia-Romagna aveva espresso formalmente parere negativo sul decreto emesso dal ministero dello Sviluppo Economico e dal ministero dell'Ambiente, che autorizzava Ers ad avviare gli accertamente tecnici preliminari alla realizzazione dello stoccaggio.
Nonostante il parere negativo della Regione, Ers si era dichiarata intenzionata ad avviare lo stesso la fase di accertamento, su cui aveva già ricevuto la Valutazione d'Impatto Ambientale positiva dal ministero.
Ma non ha fatto in tempo a dare il primo colpo di piccone, che è arrivato il terremoto.
Da lì in poi, si è scatenato il delirio mediatico, con le accuse più fantasiose, fra cui quella di aver causato il terremoto scavando di nascosto e di aver utilizzato chissà quali diavolerie tecnologiche, compreso il fracking, per scatenare la vendetta del dio sisma. Ci mancava solo l'accusa di aver avvelenato i pozzi e diffuso la peste.
La conclusione era prevedibile: da NO TAV a NO GAS, in Italia qualsiasi progetto si blocca, anche i più utili, quando qualcuno alza la voce, indipendentemente dall'infondatezza delle accuse.
Il primo a tirarsi indietro è stato il ministero dell'Ambiente, che il 31 maggio ha chiesto un supplemento d'indagine. Il ministero dello Sviluppo Economico lo ha seguito a ruota e oggi ha avviato la procedura di rigetto dell’istanza di stoccaggio di gas naturale presentata dalla Erg Rivara Storage (evidentemente senza sentire il bisogno di conoscere l'esito dell'indagine).
Una bellissima figura.
Qui di seguito metto a disposizione con un "copia-incolla" due testi tratti da Quotidiano Energia, per chi volesse approfondire:
di Enzo Boschi (Università di Bologna)
Le dettagliate ed approfondite ricerche di Agip-Eni realizzate per la ricerca degli idrocarburi, sviluppate dal dopoguerra in poi, hanno rivoluzionato le conoscenze relative agli assetti strutturali dell’intera Pianura Padana e ai suoi rapporti con la Catena Appenninica.
Le “Pieghe Ferraresi” sono costituite dalle strutture plicative e fagliate (faglie inverse) piuttosto complesse: sono queste le strutture sismogenetiche interessate dalla attuale sequenza sismica. Esse possono essere caratterizzate da una attività sismica di bassa e media intensità, quindi con magnitudo tipicamente fino a 6.0 (sebbene non si è in grado di escludere categoricamente terremoti di magnitudo maggiore).
Amplia letteratura INGV è già disponibile su web oltre ai report tecnici preparati per i progetti operativi sui giacimenti e stoccaggi in zona da anni, portati avanti principalmente dalla Unità Funzionale “Geochimica dei Fluidi, Stoccaggio geologico e geotermia” (Fedora Quattrocchi) e studi di quel gruppo sono in corso in queste ore di emergenza sismica, per verificare che in una zona così densa di gas naturale nel sottosuolo, sia in giacimenti che in stoccaggi, non vi siano fughe di gas negli acquiferi superficiali e nei suoli: i primi riscontri stanno appurando che effettivamente pericoli non ve ne sono, come atteso.
In particolare si cercano evidenze superficiali, riferite a fenomeni di “neotettonica”, rilevabili con metodi strutturali e geochimici, quali faglie o zone di disgiunzione o frattura entro coperture sovrastanti le anticlinali sepolte di Mirandola e della Dorsale Ferrarese.
Tutto ciò fu ben dettagliato nel passato da me medesimo negli anni scorsi, anche in incontri pubblici a Mirandola, nell’ambito del possibile approfondimento di studi che poteva portare o meno ad ulteriore sito di stoccaggio gas naturale in Pianura Padana che è la zona migliore in Italia per questo tipo di infrastrutture strategiche: si tenga presente infatti che tutto il bacino padano è caratterizzato depositi di copertura impermeabile con spessori di 4-5 km nel margine settentrionale, per arrivare fino a 12 km, con annessa presenza sottostante di serbatoi di idrocarburi, spesso utilizzati adesso come stoccaggi di gas naturale per le riserve strategiche e la modularità stagionale per la rete gas di Snam.
Tali giacimenti si sono conservati bene in profondità, nonostante le centinaia di sequenze sismiche che, durante gli ultimi periodi geologici, hanno subito: sequenze sismiche del tipo della sequenza sismica odierna che ha interessato la struttura sismogenetica nel ferrarese.
Non si hanno ad oggi notizie di variazioni/incidenti ai siti di stoccaggio gas della Stogit nella regione in queste prime ore di sequenza sismica.
Si fa altresì presente che la struttura sismogenetica che si sta muovendo NON ospita uno stoccaggio di gas naturale al momento e quindi nessuno può dire che "sono i siti di stoccaggio gas a creare i terremoti di magnitudo moderata, come quelli di questi giorni". Sempre servono studi specifici sismologici, geochimici e geomeccanici caso per caso, stoccaggio per stoccaggio.
Paradossalmente questa sequenza sismica ci da l’opportunità di posizionare, con estremo dettaglio, la sorgente sismogenetica, già nota in letteratura INGV, per meglio capirne le interazioni o anche la mancanza di interazioni con i giacimenti di gas naturale/stoccaggi, ben più superficiali della profondità sismogenetica odierna (2 km invece dei 6-20 della posizione dei terremoti attuali).
di Diego Gavagnin
L’Italia è un paese sismico, lo sappiamo da sempre. Anche se dopo ogni sisma dimentichiamo tutto e rimettiamo la testa sotto la sabbia. Poi nuova tragedia e nuove accuse al destino cinico e baro. Molto in linea con il carattere nazionale, anche se sembrava che qualche cosa stesse cambiando e le amministrazioni avessero capito che il problema non è il terremoto, inevitabile, ma la prevenzione del rischio.
Invece non è andata così se una delle Regioni ritenute più efficienti, l’Emilia Romagna, non ha sentito la necessità di revisionare adeguatamente dopo il 2006 le normative antisismiche in considerazione della nuova classificazione che ha elevato anche la pianura padana ad area sismica.
E non si può dire che l’argomento del rischio sismico non fosse ben presente nel dibattito tecnico-politico regionale, acceso dalla richiesta di svolgimento di ricerche, appunto sismiche, da parte della società Ers per una analisi di fattibilità di uno stoccaggio di gas (avvertenza per il lettore: nel quale anche se indirettamente sono coinvolto professionalmente).
La richiesta per lo svolgimento delle ricerche sismiche è stata ripetutamente bocciata dalla Regione proprio a causa dell’alto rischio sismico dell’area, la stessa devastata dal terremoto di questi giorni. Talmente sismica, secondo la Regione fin dal 2007, che non valeva neanche la pena di saperne di più con ricerche specifiche preliminari.
Chissà, magari se quelle ricerche fossero state fatte si sarebbe salvata qualche vita in più. Di fatto la pericolosità sismica della zona ha avuto valore solo contro il progetto di stoccaggio e non per tutte le altre infrastrutture industriali, edilizie e storico-artistiche miseramente crollate ora dopo ora dal 20 maggio scorso.
Sullo sfondo di questo irrazionale comportamento della Regione e delle altre Amministrazioni locali il contesto elettorale, con il PD – che governa la Regione – sottoposto ad una costante erosione prima da parte della Lega e poi dai “grillini”. Ne è nata una gara a chi la sparava più grossa contro il progetto di stoccaggio che, a loro dire, certamente se realizzato avrebbe potuto addirittura provocare il terremoto.
E’ chiaro che questo micidiale bombardamento politico-mediatico ha influito sulle emozioni delle popolazioni e quando il terremoto tanto evocato è arrivato per davvero, i cittadini si sono convinti che lo stoccaggio fosse entrato in funzione, magari di nascosto, e quindi avesse innescato il dramma, arrivato a 24 vittime. Le autorità poi hanno tardato molto nel chiarire che lo stoccaggio non esisteva e non poteva avere alcun ruolo nel sisma, mentre la Società non veniva creduta.
Sullo sfondo anche il difficile rapporto tra Stato e Regioni nella gestione delle infrastrutture energetiche e la presenza nella stessa area, a pochissimi chilometri dagli attuali epicentri, di veri stoccaggi in funzione e anche molto più grandi di quello proposto. La Regione si è interrogata se fermare per motivi di sicurezza tutti gli impianti, per poi accontentarsi di chiedere al Governo di bloccare le ricerche preliminari di quello che non c’è.
Nonostante il parere negativo della Regione, il Ministero dell’ambiente aveva infatti dato parere favorevole allo svolgimento delle ricerche scientifiche e si sa che Errani, presidente non solo dell’Emilia ma anche del Coordinamento di tutte le Regioni, se l’era legata al dito. Non si sa bene cosa si siano detti tra Errani, Clini e Passera, ma ieri il Ministro dell’ambiente Clini è andato a Canossa “riconosco di aver sottovalutato il parere negativo della Regione” ha detto, ed oggi lo Sviluppo economico ha rigettato la richiesta per le ricerche.
La pericolosità dello stoccaggio in sé è invece tutta da dimostrare, nonostante questo terremoto, peraltro previsto per intensità anche maggiore nelle specifiche progettuali, perché, paradossalmente, quando la terra trema le strutture geologiche che contengono gli stoccaggi sono il posto più sicuro. E’ banale: lo stoccaggio è un sistema chiuso in sé stesso che ha già resistito a milioni e milioni di terremoti senza che ne fuoriuscisse il proprio contenuto sia esso gas, acqua, petrolio o CO2.
Ma la sicurezza del nuovo stoccaggio è un problema di tutta evidenza secondario rispetto alle altre motivazioni di tipo elettoralistico e politico.
Così vanno le cose nel nostro Paese alla faccia dello sviluppo economico ed energetico e alla necessità di investimenti esteri.
Un governo “tecnico” che dice no alla ricerca scientifica.