Pronti, via. Il conto alla rovescia verso il traguardo europeo del Nearly Zero Energy Building è cominciato. Da qui al 2020 il settore delle costruzioni dovrà adeguarsi all’obiettivo di realizzare edifici dai consumi energetici prossimi allo zero, in base alla normativa europea, che per gli edifici pubblici entra in vigore già alla fine del 2018. Nel giro di cinque anni, quindi, questo nuovo modo di costruire dovrà diventare la regola e già entro pochi mesi tutti i Paesi membri dovranno fornire a Bruxelles i piani nazionali per spingere il settore alla massima efficienza.
In questo contesto, le nuove tecnologie di green building spuntano come funghi. Energy Skin, ad esempio, è una pelle energetica pensata per azzerare le emissioni di grattacieli, torri e data center, interagendo con l’ambiente interno ed esterno per recuperare sia il calore disperso che quello dall’ambiente esterno. I pannelli di alluminio di Energy Skin sono attraversati da un liquido termovettore, composto principalmente da acqua, per alimentare una pompa di calore che, durante la stagione fredda, recupera l’energia termica dispersa dalla facciata e d’estate, con il principio inverso, contribuisce a smaltire il calore in eccesso. “Il sistema è una pelle di alluminio spessa pochi millimetri che permette di ottimizzare, sia in inverno che in estate, le performance energetiche dell’edificio”, spiega Mario Palazzetti, responsabile della ricerca di Thesan, spinoff della Savio, azienda leader in Europa nel settore dei serramenti in alluminio.
Il progetto, cofinanziato nell’ambito del polo dell’innovazione Polight gestito dall’Environment Park di Torino, è in fase di sperimentazione nell’area verde del parco scientifico e tecnologico. Nel dimostratore realizzato da Thesan, il sistema Energy Skin è abbinato anche a moduli fotovoltaici che schermano la finestratura rivolta a Sud e sono appoggiati sulla pelle di alluminio, con un sistema che permette alla pompa di calore di recuperare l’energia termica raccolta dai pannelli e di utilizzarla per esigenze di riscaldamento e raffrescamento.
Per le coperture, poi, c’è Free Roof, un tetto modulare in legno e grafite che si compone come le tessere di un puzzle, utilizzando solo una tecnica a incastro, realizzato da Vass Technologies, giovane azienda di Carmagnola e anche questo sponsorizzato dal Polight dell’Environment Park di Torino. I moduli sono lamine prefeabbricate e studiate per ospitare i più diversi elementi: dai pannelli fotovoltaici a quelli per il solare termico, finestre da tetto, impianti di illuminazione interna, sistemi di anti-furto, diffusori audio, prese elettriche, interruttori e antenna wifi.
I moduli di Free Roof, in fibra di di legno nella parte a vista, e grafite all’interno, permettono una performance termica tale da risparmiare, tra riscaldamento e condizionamento, fino al 50 per cento sulla bolletta. “Free Roof è una piattaforma ideale per integrare ulteriori funzioni in un’ottica di smart building”, spiega Giuseppe Gianolio, fondatore e amministratore delegato di Vass. “Di recente abbiamo aggiunto ai moduli anche un sistema di condizionamento passivo, una griglia per assicurare un corretto ricambio dell’aria con una tecnologia di ventilazione controllata da sensori di umidità e anidride carbonica, che verificano in maniera costante le condizioni ambientali all’interno dell’edificio”. E’ stata di recente realizzata anche una versione biologica di Free Roof in puro legno, per il recupero di una cascina di inizio Novecento a Guarene, in provincia di Cuneo, che sarà il primo edificio certificato in Italia con il marchio Leed Historical Building.
In Trentino, invece, si sta sviluppando la Fuel Cell Valley, grazie alla SofcPower di Mezzolombardo, che aderisce al progetto europeo EneField, per la sperimentazione su larga scala della cogenerazione con celle a combustibile, con circa 1000 micro-cogeneratori realizzati da 9 aziende produttrici in 12 Paesi europei, di cui 30 in Trentino. I primi tre impianti, unici nel loro genere in Italia, sono già stati installati in diverse strutture pubbliche: il cuore degli impianti è il cogeneratore che, alimentato a metano, riesce a produrre energia elettrica e termica con un’efficienza altissima. Su 100 unità energetiche in entrata, 90 sono trasformate in calore ed energia elettrica, che nel caso trentino viene immessa in rete, ma potrebbe anche essere consumata sul posto.