Da Helgoland a Borkum, le navi fanno lo slalom fra i campi eolici. Le due isole tedesche più amate dai turisti nel Mare del Nord sono distanti appena 60 miglia, ma da qui verrà il 10% dell’energia necessaria per alimentare il primo Paese manifatturiero d’Europa. Le pale eoliche ormai fanno parte del paesaggio marino e una volta completati tutti i progetti in corso, da 15 gigawatt complessivi, resterà ancora un enorme potenziale sfruttabile, che gli operatori stimano in altri 23 gigawatt, abbastanza per coprire almeno un altro decimo del fabbisogno tedesco futuro e anche di più. Spostandosi a Ovest, lungo le coste inglesi, le pale diventano ancora più fitte. Dal London Array, il più grande campo eolico offshore del mondo alla foce del Tamigi, giù fino alle coste olandesi e su fino alla Scozia, i progetti in corso e pianificati arrivano a 51 gigawatt, oltre metà della potenza elettrica complessiva installata ad oggi nel Paese.
Il mercato dell’eolico offshore è l’unico in cui l’Europa superi di gran lunga la Cina e malgrado i rallentamenti dovuti alla crisi, anche il flusso degli investimenti ha ritmi cinesi. In Germania, con l’Energiewende, la svolta energetica impressa dal governo tedesco qualche mese dopo il disastro di Fukushima, la politica ha dato un segnale inequivocabile, concedendo all’eolico sul mare una remunerazione doppia rispetto agli incentivi per l’eolico di terra. Le ricadute sono importanti, non solo per chi produce e installa turbine, come Siemens, Alstom, Vestas e gli altri, ma anche per chi le deve collegare alle reti nazionali, come Prysmian, campione assoluto dei cavi sottomarini.
“Grazie a queste installazioni, dal 2009 a oggi abbiamo triplicato il giro d’affari e prevediamo di continuare a crescere a doppia cifra anche nei prossimi anni”, spiega Marcello Del Brenna, ad di Prysmian PowerLink, la divisione che si occupa di cavi sottomarini per la trasmissione elettrica, compensando con il suo rapido sviluppo le difficoltà attraversate dai cavi per le telecomunicazioni. PowerLink, con 800 milioni di giro d’affari sugli oltre 7 miliardi del gruppo e 650 dipendenti sui 20mila di Prysmian, è coinvolta in tutte le attività d’interconnessione con la terraferma dei quattro mega progetti BorWin, HelWin, SylWin e DolWin, dove ha messo a segno una raffica di contratti, fra cui l’ultimo da 250 milioni di pochi giorni fa.
Qui si sta varcando una nuova frontiera delle interconnessioni elettriche, con l’installazione su gigantesche piattaforme offshore delle stazioni di conversione che siamo abituati a vedere sulla terraferma. “E’ la prima volta che ci si trova a dover trasferire enormi quantità di energia elettrica da centri di produzione così distanti dai centri di consumo e per di più in mezzo al mare”, spiega Del Brenna. Questo problema, che non si era mai posto per le centrali alimentate da fonti fossili, è stato risolto con una rinascita della corrente continua, oggi molto utilizzata nei lunghissimi cavi sottomarini di collegamento dei campi eolici offshore con la terraferma e i centri di consumo. “Per far fronte a questo rapido sviluppo abbiamo acquisito la nave specializzata nell’installazione di cavi sottomarini dell’inglese Global Marine Energy e l’abbiamo affiancata alla nostra Giulio Verne, la più grande al mondo”, precisa Del Brenna.
Ma il boom delle mega interconnessioni è solo all’inizio. “Questi sistemi sono destinati a svilupparsi fino a fare dell’Europa un mercato unico dell’energia, completamente interconnesso”, prevede Del Brenna, che è stato fino a pochi giorni fa presidente di Friends of the Supergrid, l’associazione europea degli operatori che supportano questa integrazione. “E’ una prospettiva che non tutti vedono di buon occhio, perché porterebbe a una forte pressione competitiva fra le compagnie elettriche dei vari Paesi e a una riduzione del prezzo dell’energia”, commenta Del Brenna. Ma Bruxelles sta spingendo molto in questa direzione e quindi la strada è già segnata. I consumatori ringraziano.