Sostenibili fin dalla nascita

“Per difenderci dall’esaurimento delle risorse, l’unico modo è riutilizzare sempre gli stessi materiali”. Parola di Michael Braungart, il guru dell’economia circolare, dove nulla si crea e nulla (o quasi) si distrugge. Nel suo sistema Cradle 2 Cradle, il chimico tedesco ha codificato negli anni Ottanta, insieme all’architetto americano William McDonough, l’utopia del design rigenerativo, che crea prodotti eternamente riciclabili e attinge alle risorse del pianeta solo per il minimo indispensabile. La certificazione C2C è un sacro Graal molto difficile da ottenere, ma introduce gli imprenditori che la ottengono in un modo di produrre completamente diverso, che parte dalla fine dei processi industriali invece che dall’inizio. La filiera produttiva, nella visione di Braungart e compagni, non dev’essere pensata “dalla culla alla tomba” – con l’estrazione delle materie prime, la loro elaborazione, l’utilizzo del prodotto e poi il suo smaltimento a fine vita – ma “dalla culla alla culla”, con la rinascita continua dei materiali di base, riciclati infinite volte nella stessa filiera.

Per sfruttare a fondo le risorse naturali, il prodotto dev’essere quindi progettato a ritroso, partendo dal suo disassemblaggio, che dev’essere semplice e deve portare a ottenere materiali completamente riciclabili, fino all’ultima vite. L’operazione va ben al di là di un superficiale greenwashing e infatti non mancano i critici, che considerano Braungart e McDonough dei pericolosi talebani. Ma sul fronte opposto ci sono colossi piuttosto autorevoli, da Dow Chemical a Nestlé, che rimettendosi in discussione hanno trovato soluzioni produttive molto più efficienti, economiche e pulite di quelle da cui partivano. Per questo la certificazione di Braungart e McDonough (Mdbc) sta diventando sempre più popolare nel mondo del manifatturiero avanzato.

In pratica, il modello Mbdc divide il mondo in due grandi categorie: materiali tecnici e organici. Il primo passo del design rigenerativo è escludere i materiali sintetici dannosi per l’uomo o per l’ambiente e mantenere nei processi produttivi solo quelli non tossici, con grande attenzione al consumo efficiente di energia e acqua. I materiali organici, invece, si degradano rapidamente, ma proprio perché appartengono al ciclo della vita, possono ritornare alla terra, decomponendosi senza danni. Nel primo stadio del processo, Mbdc analizza tutte le componenti di un prodotto e chiede all’azienda di risalire indietro nella supply chain di almeno nove passaggi.

Una richiesta che può essere molto difficile da soddisfare, dato che ogni prodotto spesso contiene migliaia di parti, provenienti da tutto il mondo e da vaste schiere di fornitori. Per fare un televisore, ad esempio, si usano oltre 5000 diversi ingredienti chimici. La seconda fase è ridurre al minimo indispensabile i “cattivi ingredienti”, che nel caso ideale dovrebbero essere completamente eliminati. Poi bisogna rivedere i processi produttivi, tagliando il più possibile le inefficienze. L’ultimo aspetto è la costruzione di una nuova supply chain basata su sistemi a ciclo chiuso, in modo che i materiali per realizzare un prodotto nuovo provengano sempre da altri prodotti che hanno avuto una vita precedente.

Alla fine, tutta l’area dei materiali tecnici deve contenere solo pezzi perfettamente riciclabili e facili da separare dai materiali organici. Essendo i materiali organici quelli che si usurano più facilmente, in un prodotto certificato dev’essere facilissimo staccare la suola dalla tomaia per sostituirla, oppure staccare la stoffa del divano dalla parte sottostante per rigenerarlo. E quando il prodotto intero è proprio arrivato al capolinea, dev’essere possibile riutilizzare completamente tutti i pezzi non organici in un nuovo prodotto analogo.

In questo modo, si passa all’infinito da una culla a un’altra culla. Morire sarà sempre più difficile.