Dopo la città intelligente e la rete intelligente, anche la luce diventa intelligente. Abbiamo lampade che si accorgono quando entriamo nella stanza, che sentono quanti siamo e dove andiamo, che si spengono da sole quando non ci siamo più. Lampade che non hanno più bisogno d’interruttore, perché si comandano con un’app dallo smartphone. Lampade che illuminano a giorno le zone più pericolose della città notturna e si mettono in stand-by quando non passa nessuno, risparmiando energia. E’ la luce 2.0.
La rivoluzione dei led ha aperto una prospettiva radicalmente nuova nel piccolo mondo antico dell’illuminazione, che dalla fine dell’Ottocento si basava essenzialmente sul filamento di tungsteno delle lampadine a incandescenza per illuminare le nostre notti. I diodi ad emissione luminosa sono in circolazione già dagli anni Sessanta, ma i primi led di colore bianco, che si possono usare al posto delle lampadine a incandescenza come sorgenti di luce ad altissima efficienza, sono un’invenzione relativamente recente. La loro rapida diffusione è basata da un lato sulle esigenze crescenti di illuminazione della popolazione mondiale (saremo 11 miliardi nel 2100) e dall’altro lato sulla necessità di ridurre le emissioni. L’illuminazione oggi pesa per il 20% sui consumi mondiali di energia e il 75% dei sistemi utilizzati è ancora inefficiente. Solo nei primi 160 Comuni italiani l’illuminazione pubblica comporta la gestione di oltre un milione e duecentomila punti luce. Quel 75% di sistemi tradizionali, se riconvertiti a led, consumerebbe meno della metà di oggi, con picchi dell’80% di risparmi.
Oltre al vantaggio della sostenibilità, i led sono trainati anche dalla spinta globale verso la digitalizzazione, perché consentono l’interconnessione wireless fra diversi punti luce, aprendo la strada a sistemi di controllo diversi dagli attuali e funzionalità legate all’Internet delle cose: con lo sviluppo di nuovi software si ampliano costantemente i servizi offerti su questo fronte. Non a caso, il mercato dei led toccherà i 26 miliardi di dollari quest’anno, con un tasso di penetrazione del 23,4% sui sistemi globali di illuminazione, secondo l’ultimo rapporto di Digitimes Research, e il mercato dei sistemi di smart lighting arriverà a 56 miliardi nel 2020, con un tasso medio di crescita annuale del 16% da oggi ad allora.
La rapida diffusione dei led è spinta sia dalla trasformazione dei sistemi d’illuminazione urbana, che dalle nuove applicazioni in ambito domestico, negli uffici e nel commercio. Buenos Aires, ad esempio, sta installando lampade a led al posto delle 125mila lampade tradizionali che illuminano la città, con un risparmio previsto del 50% sugli attuali costi energetici. I nuovi punti luce hanno un sistema integrato di connettività mobile che li mette in comunicazione, senza necessità di connessioni in radiofrequenza, con l’impianto di controllo centrale CityTouch e possono essere comandati a distanza con estrema precisione, sia singolarmente che a gruppi, sia per quanto riguarda l’intensità che la colorazione della luce, rendendo la città al tempo stesso più sicura e più efficiente. Non solo: dopo l’installazione del nuovo sistema il Comune potrà risparmiare anche sui controlli per la manutenzione, visto che ogni singolo punto luce durerà molto più a lungo (fra le 50mila e le 100mila ore) e si metterà in contatto con la centrale in caso di anomalie.
Nel caso di The Edge, la nuova avvenieristica sede di Deloitte ad Amsterdam, certificata come l’edificio più sostenibile d’Europa, i risparmi saranno ancora più significativi: da un lato le lampade a led taglieranno i consumi energetici dell’80% rispetto ai sistemi tradizionali, dall’altro lato consentiranno di ridurre i costi operativi, segnalando l’occupazione degli ambienti, che saranno riscaldati o raffrescati solo in caso di effettiva presenza umana. In questo edificio Philips ha usato per la prima volta il sistema Power-over-Ethernet per connettere ogni singolo punto luce alla rete It, trasformando il sistema d’illuminazione in una corsia informatica, che consente di comandare le luci via smartphone e quindi elimina la necessità di interruttori. Gli occupanti potranno modificare con un’app l’illuminazione di una stanza o di una postazione, attraverso il suo indirizzo Ip. In più, ricevendo via Ethernet sia energia che connettività per lo scambio dati, i punti luce non hanno bisogno di alimentazione elettrica, il che riduce parecchio i costi d’installazione.
Un’evoluzione analoga si può osservare nell’illuminazione domestica. Bastano tre lampadine che dialogano fra loro e un ponte che le colleghi al wifi di casa per produrre infinite combinazioni di luce, controllabili con un’app direttamente dallo smartphone. Si supera così l’antica opzione binaria acceso-spento. Ora si possono creare scenari tratti direttamente da una foto, si può collegare il sistema con dei sensori in modo che la luce dell’ingresso cambi colore quando fuori piove per ricordarsi di prendere l’ombrello, si può collegarlo al campanello e farlo lampeggiare quando suona (molto utile per chi non ci sente bene), si può virare verso la parte rossa dello spettro subito prima di andare a dormire, per stimolare la produzione di melatonina e dormire meglio, o al contrario virare verso l’azzurro quando si vuole stare ben svegli e lavorare fino a tardi.
Il sistema più completo per produrre tutti questi effetti, con infinite variazioni d’intensità e tonalità, è Hue, un altro prodotto Philips scelto per l’Apple Store della mela morsicata, il che lo ha consacrato come un benchmark. Ma di recente sono usciti altri prodotti simili di piccole start-up, da LifX a iLumi. E non è difficile prevedere che presto da qui nascerà un mercato molto più articolato. Con ciò, l’illuminazione domestica esce definitivamente dall’incandescenza ottocentesca per entrare nell’intelligenza dei led. Ci vorrà un po’ per abituarsi, ma la strada è segnata.
@elencomelli