Non più usa e getta, ma usa e ricicla. Dopo la rivoluzione dei prodotti monouso, partita dalle lamette Gillette all’inizio del secolo scorso, il pendolo torna indietro. Anche nell’industria alimentare. Come ad esempio nel caso di Barilla e del suo progetto Cartacrusca, che consiste nel recupero della crusca derivante dalla macinazione dei cereali, per trasformarla in materia prima nella produzione di carta.
In generale la crusca viene venduta a industrie mangimistiche e produttrici di biogas. Per elevare questo abbondante sottoprodotto verso un destino migliore c’era bisogno di un partner altrettanto innovativo, trovato nel 2013 in una cartiera produttrice di carte di qualità, la Favini di Rossano Veneto, che aveva già lanciato una gamma di carte ottenute incorporando residui della lavorazione agroalimentare, quali bucce di agrumi, gusci di nocciola e mandorle, sfridi di mais, caffè, kiwi e olive, chiamate carte Crush. CartaCrusca è nata proprio così, come carta speciale derivata dalla crusca, realizzata in esclusiva da Favini per Barilla, che la utilizza per le confezioni e per i materiali stampati, tagliando il 17% di fibre cellulosiche e il 22% di emissioni di CO2 rispetto alla carta standard Favini. CartaCrusca è un tipico esempio di applicazione dell’economia circolare a progetti di simbiosi industriale, che coinvolgono imprese tradizionalmente separate, con l’obiettivo di promuovere vantaggi competitivi attraverso lo scambio di materia, energia, acqua o sottoprodotti.
Dallo stesso processo sono nate anche Crush Fagiolo e Crush Lenticchia, carte speciali ottenute dagli scarti di lavorazione dei fagioli e delle lenticchie, nell’ambito del programma Save the Waste. La materia prima viene fornita dal gruppo Pedon, un’azienda vicentina oggi tra i big player mondiali del settore dei cereali, legumi e semi, che durante la fase del controllo reindirizzerà le lenticchie deteriorate o danneggiate dagli insetti alla produzione di Crush. Riciclabili e biodegradabili al 100%, Crush Fagiolo e Crush Lenticchia consentono di risparmiare il 15% di cellulosa proveniente dagli alberi e di tagliare del 20% le emissioni di gas a effetto serra. Il risultato è un sacchetto che può stare a contatto diretto con il prodotto, eliminando così la busta interna al pacco. Il progetto Save the Waste destina le risorse ricavate a sostegno di progetti etici e sociali per le comunità agricole dove si coltivano i prodotti, in particolare in Etiopia.
Un altro esempio di produzione rigenerativa nell’alimentare è la valorizzazione dei fondi di caffè promossa da Lavazza, in collaborazione con il Politecnico di Torino. Partendo dalla raccolta del fondo, il progetto si articola in numerosi possibili processi industriali per trarre nuovi prodotti e nuovo valore da una materia prima destinata allo smaltimento. Dai fondi interi di caffè si possono ottenere inchiostri, funghi commestibili, pellet. Dalla cellulosa presente nei fondi di caffè si ottengono biopolimeri, carta, tessuti, carboni attivi, mattoni, mentre dagli oli si possono ricavare cosmetici e biodiesel.
Durante i sei mesi di Expo a Milano i fondi di caffè – raccolti giornalmente dall’Amsa presso lo spazio della Lavazza – sono stati miscelati con spore e posti in speciali silos. Attraverso una procedura particolare per ogni chilo di fondi di caffè sono stati ottenuti 300 grammi di funghi commestibili della famiglia Pleorotus Ostreatus. I fondi di caffè sono particolarmente adatti ad essere utilizzati come compost perché sono ricchi di sostanze nutrienti. Da questa esperienza è nato Fungo Box, un kit che permette di coltivare in casa funghi sostenibili: il composto contenuto nel kit Fungo Box in pochi giorni fa crescere i Pleurotus, funghi altamente proteici e ricchi di fibre. La dimostrazione tangibile del fatto che un’economia circolare in cui gli scarti si trasformano in risorse è possibile, semplice e divertente.