Se è vero che passiamo più tempo al lavoro che nel nostro letto, la scelta delle sedute per l’ufficio è fondamentale. Quella giusta ci sostiene tutto il giorno, dev’essere comoda ed ergonomica, ma non deve fare solo del bene a noi, deve anche prendersi cura del pianeta. Per questo Steelcase, leader mondiale dell’arredamento da ufficio, ha progettato Think in base alle regole C2C. E Herman Miller, un altro gigante di questo settore, ha prodotto Mirra, sempre certificata C2C. A fine vita, queste sedie vengono ritirate dal produttore e il 40% del materiale può essere subito riutilizzato in nuovi mobili. Il resto viene fuso e riplasmato per ricavare altre parti. In complesso, il 96% del materiale viene riutilizzato. Un risultato strabiliante, ottenuto attraverso l’attenta progettazione del pezzo e l’impostazione della catena di distribuzione, in modo che funzioni nei due sensi. Non sono gli unici: Allsteel, Brandrud, Geiger, Keilhauer e molti altri che si muovono nel settore dell’arredamento per ufficio sono estremamente attenti all’impatto ambientale dei loro prodotti.
Non è un caso che proprio i mobili da ufficio siano i più avanti nella progettazione circolare. Se una grande corporation vuole raggiungere standard elevati di sostenibilità e costruisce i suoi stabilimenti seguendo le linee guida Leed (Leadership in Energy & Environmental Design), l’arredamento d’interni conta e i prodotti certificati C2C sono premiati nel punteggio finale. Così il design rigenerativo è arrivato anche nelle sedie e nelle scrivanie degli impiegati di tutto il mondo.
Nei mobili Steelcase, si tiene conto dell’impatto ambientale in ogni fase del ciclo di vita: estrazione dei materiali, produzione, trasporto, utilizzo, riutilizzo e smaltimento. Think è composta per il 99% del suo peso da materiali riciclabili e può essere smontata in cinque minuti usando attrezzi di uso comune. Ma anche 32 Seconds, un’altra sedia certificata C2C, è altrettanto facile da costruire e smantellare: per montarla, come dice il nome, s’impiegano solo 32 secondi, per smantellarla bastano 6 minuti e Steelcase garantisce che il 45% del suo peso viene da materiali riciclati. Con 32 Seconds è stato lanciato anche il nuovo imballaggio Eco-Smart. La sedia viene imballata in tre parti, riducendo le dimensioni complessive del 50%: questo significa maggiore efficienza nel trasporto, meno emissioni di CO2 e un minor consumo di benzina. Steelcase è solo uno degli esempi virtuosi: Herman Miller ha sei sedie, una scrivania e tre linee di arredamento per open space certificate C2C, ha contribuito a fondare il Green Building Council e tutti i suoi stabilimenti produttivi sono certificati Leed.
Le ricadute di questo movimento per il comparto manifatturiero che compone la filiera del design d’interni sono di vasta portata: i produttori di arredamento per ufficio hanno bisogno di materiali plastici, tessili, legno e così via per costruire le loro postazioni di lavoro. Steelcase, che ha anche uno studio di architettura, chiede ai suoi fornitori pavimenti sostenibili, rivestimenti puliti e illuminazione efficiente. Il circolo virtuoso si allarga al mondo delle costruzioni: si trovano ormai piastrelle, tegole, materiali isolanti, vetri per l’architettura, intonaci, rivestimenti per facciate che s’inseriscono nella progettazione rigenerativa.
Uno dei casi più interessanti, nell’ambito delle materie prime, è relativo al settore del calcestruzzo, il materiale più utilizzato al mondo, con un consumo annuo pro-capite di 3,5 tonnellate e una produzione complessiva di 10 miliardi di metri cubi l’anno. Una parte di questo materiale – il 2% in Europa e il 5% negli Usa – finisce in discarica, prassi estremamente impattante, che la normativa europea prevede di abolire. Qui interviene Re-Con Zero, un additivo innovativo prodotto da Mapei, che trasforma in pochi minuti il calcestruzzo reso in materiale granulare, che può essere integralmente riutilizzato come aggregato per la produzione di nuovo calcestruzzo. Grazie a questo prodotto, alla lunga si potrà ridurre drasticamente il volume di rifiuti inerti.
Ognuna di queste aziende, impegnate sul fronte del design rigenerativo, ha speso anni di lavoro a ristrutturare i propri processi produttivi, per ottenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza. E chi aspira a una certificazione Leed, oggi, si orienta naturalmente verso questi fornitori. L’innovazione al servizio dell’ambiente costa fatica, ma assicura una marcia in più, che non passa inosservata.