L’acqua è l’elemento che manca di più al benessere dell’umanità. Oggi 1,8 miliardi di persone soffrono la sete, nel mondo. Nel 2050 saranno 4 miliardi, in base alle previsioni della Banca Mondiale. Quasi la metà della popolazione globale. Da qui ad allora la richiesta di acqua aumenterà del 55%, secondo i calcoli dell’Ocse, ma la quantità di acqua disponibile non cambia: tutti gli esseri viventi non marini sopravvivono con lo 0,75% dell’acqua presente sulla Terra. Il resto è mare o ghiacci eterni. L’unica opzione per aumentare la disponibilità di acqua dolce al di là del ciclo idrogeologico è la dissalazione. La depurazione radicale delle acque reflue, per rimetterle in circolo, è un’altra soluzione allo stesso problema. Di queste due tecnologie si parlerà molto al Watec Italy 2016 dal 21 al 23 settembre a Venezia. Piattaforma di business e di dialogo già sperimentata con successo in Israele, Perù e India, il Watec viene organizzato per la prima volta in Europa dalla casa madre israeliana Kenes Exhibitions, per riunire a Venezia i protagonisti del settore e parlare delle principali novità tecnologiche legate all’acqua: dal trattamento alla purificazione, dalla sostenibilità all’efficienza energetica e al controllo ambientale.
Fra le principali imprese presenti ci sarà anche Rwl Water, che si appresta a costruire un grande impianto di dissalazione a San Quintin, nello Stato messicano di Baja California, un’impresa da 32 milioni di dollari, che fornirà acqua a 100mila famiglie in una regione agricola molto sofferente per la siccità. Baja California è il primo Stato messicano ad aver inserito la dissalazione nella legge statale per le acque e in fatto di legislazione idrica è probabilmente lo Stato più avanzato del Messico. Rwl Water è stata fondata nel 2010 da Ronald Lauder, figlio di Estée e presidente del World Jewish Congress, nella convinzione che l’acqua sarà l’elemento cruciale per lo sviluppo futuro e ha già costruito 7mila impianti di dissalazione e depurazione in giro per il mondo.
La dissalazione resta ancora un processo costoso ed energivoro, che anche con le tecniche più avanzate, come l’osmosi inversa che verrà utilizzata in questo caso, comporta il passaggio dell’acqua salata attraverso una serie di membrane a una pressione fino a 80 bar (40 volte quella degli pneumatici), con un consumo di quasi 4 kilowattora e un costo di circa 1 dollaro per ogni metro cubo di acqua filtrata. L’osmosi inversa si è andata affermando nel corso degli anni Novanta, perché dimezza i consumi di energia e riduce i costi di due terzi rispetto ai vecchi impianti a distillazione termica, che ancora oggi producono l’80% dell’acqua dissalata nel mondo. Un bel progresso, ma è ancora dieci volte il costo delle risorse idriche tradizionali, soprattutto per gli alti consumi di energia. Il più grande dissalatore del mondo via osmosi inversa è in Israele, a Sorek, e fornisce il 20% dell’acqua potabile del Paese, rendendolo completamente indipendente sul piano idrico. La società che l’ha costruito, Ide Technologies, ne ha realizzato un altro in California, che soddisfa il 10% del fabbisogno di acqua dolce di San Diego.
Grazie alla riduzione dei costi raggiunta con l’osmosi inversa, negli ultimi cinque anni gli impianti di dissalazione sono cresciuti del 50% nel mondo: solo in California ce ne sono altri quindici in progetto o in via di realizzazione. La Cina attualmente ha in esercizio una trentina di dissalatori e altri sei in costruzione, l’India ne ha realizzati otto e ne sta costruendo altri tre. Il futuro sta nell’oro blu.