Le colonne Morris degli spettacoli parigini si riconvertono per la difesa dell’ambiente. Le celebri icone con le pubblicità rotanti, che insieme agli ingressi della metropolitana in stile Art Nouveau e alle fontane Wallace caratterizzano da 150 anni il paesaggio urbano della capitale francese, sono candidate a un nuovo ruolo, che potrebbe renderle ancora più utili. Un primo prototipo pieno d’acqua e di microalghe, capaci di catturare tanta CO2 quanta riescono ad assorbirne cento alberi grazie alla fotosintesi, è stato installato in uno degli incroci più inquinati della metropoli, noto come Place Alésia, nel 14° arrondissement. Si tratta di una sorta di acquario luminoso di plexiglas trasparente, alto 4 metri e “travestito” appunto da colonna Morris per non dare troppo nell’occhio. Il progetto, nato dalla collaborazione tra il gruppo Suez e la start-up Fermentalg, è destinato ad allargarsi al resto della città se la sperimentazione avrà successo, spingendo Parigi all’avanguardia nella lotta contro i cambiamenti climatici.
Il dispositivo dovrebbe essere in grado di fissare almeno una tonnellata di anidride carbonica all’anno. “Se la fase di test si rivelerà positiva, il sistema verrà installato in altre zone, soprattutto in quelle dove sono particolarmente alte le emissioni di CO2, come nel caso delle bocche d’areazione dei parcheggi sotterranei o l’uscita dei tunnel del Boulevard Périphérique che circonda l’intera area urbana”, spiega Célia Blauel, responsabile del progetto per il Comune.
Il dispositivo, che è stato donato da Suez al Comune di Parigi, non è semplice da installare poiché dev’essere collegato alla rete di trattamento delle acque reflue. Dopo un certo tempo, infatti, il brodo di coltura si satura e la colonna perde la sua efficacia. Una parte del contenuto deve quindi essere rimossa e sostituita con acqua fresca per consentire l’ulteriore moltiplicazione delle microalghe. Il contenuto da eliminare viene evacuato in un impianto di depurazione, dove contribuirà alla produzione di biometano che può essere reimmesso nella rete del gas. La colonna dev’essere collegata anche alla rete elettrica, per alimentare i led che illuminano di notte le microalghe, che altrimenti non riceverebbero luce sufficiente per crescere. Infatti, sebbene la colonna sia in plexiglas trasparente, la luce del giorno che raggiunge l’interno non è sufficiente a garantire una crescita efficace delle alghe.
Il test durerà un anno, fino all’estate del 2018, quando si tireranno le somme per capire quanta anidride carbonica il dispositivo riesce effettivamente a fissare e quanto biometano si può produrre con le microalghe prodotte con questo particolare allevamento. Si valuterà anche se le microalghe sono riuscite a catturare una parte del particolato che attanaglia i cieli parigini e preoccupa molto la sindaca Anne Hidalgo.
In realtà non si tratta del primo esperimento di questo tipo: altri test analoghi sono già stati condotti nella sede di Colombes dei laboratori di ricerca del Servizio sanitario pubblico nell’Ile-de-France, alla periferia Nord-Ovest di Parigi. “Questi primi esperimenti ci hanno dato dei risultati entusiasmanti: sembra che il sistema funzioni, ma dobbiamo ancora metterlo a punto per un’eventuale industrializzazione”, spiega Olivier Rousselot, direttore del dipartimento sviluppo del Servizio. Si tratta di capire, per esempio, se equipaggiare o meno la colonna con un sistema di risciacquo, per migliorare la dissoluzione della CO2 in acqua, oppure di studiare come aumentare l’efficienza energetica dei led.
La differenza fra i test messi in atto a Colombes e quello in corso a Parigi sta tutta nella concentrazione della CO2 da “digerire”: la colonna installata in periferia, infatti, intercetta una parte dei fumi emessi da un termovalorizzatore, mentre a Parigi si tratta dell’aria che si respira, certamente satura di gas di scarico delle macchine, principali emettitori di CO2, ma non tanto quanto i fumi di un inceneritore. E’ ancora tutto da vedere se le microalghe la gradiranno.