Architetture nel deserto che imitano le forme di una chiocciola. Edifici nelle zone artiche che riescono a migliorare l'isolamento termico catturando la neve anche sulle superfici verticali come le conifere. Vetrate e serre che ampliano o riducono l'ombra con un sistema di schermature che si apre solo al calore del sole, grazie a un meccanismo chimico-fisico e non elettrico, come i petali dei fiori. L'ultima frontiera dell'edilizia sostenibile è la biomimesi, che non inventa niente ma imita semplicemente la natura e vi s'inserisce armonicamente, come i progetti presentati all'ultimo Design Challenge del Biomimicry Institute, dove ha vinto il team iraniano dell'Art University di Isfahan.
Tra gli architetti che si occupano dei temi del design per la sostenibilità ambientale prevale la consapevolezza condivisa che per trasformare in modo realmente sostenibile il nostro modello di sviluppo sia diventato sempre più importante conoscere i sistemi naturali e apprendere le loro strategie evolutive, imparando dalla natura a operare, progettare e produrre senza spreco, senza rifiuti e emissioni, trasformando anzi i rifiuti in nuove risorse in un sistema a cascata estremamente efficiente. Di qui l'attenzione verso le strategie virtuose per la sopravvivenza e l'evoluzione dei sistemi biologici, che spesso si possono applicare anche allo sviluppo di soluzioni progettuali e tecnologiche innovative e sostenibili. Quest'attenzione non è una novità: già le case di Frank Lloyd Wright s'inserivano nella natura come pietre appoggiate nel deserto, con sistemi di costruzione, d'illuminazione e di ventilazione il più possibile naturali. La bioarchitettura, che si occupa della progettazione di edifici costruiti solamente con materiali edili non nocivi e tecnologie costruttive non dannose per la salute e per l'ambiente, facendo ricorso a materiali naturali o riciclabili, è ormai un metodo consolidato. Le case passive, che assicurano il benessere termico senza utilizzare impianti di riscaldamento convenzionali, sfruttando la somma degli apporti passivi di calore dell'irraggiamento solare trasmessi dalle finestre per compensare le perdite dell'involucro durante la stagione fredda, stanno diventando case attive, che producono più energia di quella che consumano con vari sistemi di generazione elettrica da fonti rinnovabili. Ma ora, partendo da tutte queste conoscenze, con i nuovi materiali a disposizione, l'architettura comincia a fare un passo ancora più in là.
A EcoBuild, la fiera londinese dell'abitare sostenibile, si sono visti grattacieli come organismi composti da catene di cellule che crescono una dall'altra in altezza, coperte da una membrana continua, la stessa che funge da copertura a molti stadi e alla Basketball Arena dei giochi olimpici di quest'estate. Si è visto il progetto del Blue Planet Aquarium di Copenhagen, che sarà il più grande del Nord Europa e simulerà la forma di un vortice d'acqua. Si è parlato del progetto di Mountain Band-Aid, vasta ma leggerissima struttura abitativa spalmata come una rete di protezione sulle pendici delle montagne dello Yunnan, nel Sud Ovest della Cina, per stabilizzarle contro il dissesto idrogeologico. E poi di innumerevoli progetti di abitazioni coperte da tetti verdi, quasi completamente mimetizzate nel paesaggio, come colline che s'inseriscono senza soluzione di continuità nella vegetazione circostante.
Il concetto è semplice: durante i suoi 4 miliardi di anni di esperienza, la natura ha sviluppato progetti di forma, di processo e di sistema che vale la pena di osservare, comprendere ed emulare. Da sempre l'uomo ha tentato di capire e imitare i processi naturali, ma oggi le maggiori conoscenze scientifiche e tecnologiche offrono spunti progettuali capaci di soddisfare sia i requisiti di funzionalità ed efficienza, sia i principi di sostenibilità ambientale. È quindi chiaro che la biomimesi può offrire notevoli vantaggi sia in termini di efficienza – perché in natura i processi avvengono a temperatura e pressione ambiente, utilizzando gli elementi chimici più comuni e in maniera limitata – sia in termini di sostenibilità, perché imitare la natura significa agire in accordo e non in contrasto con essa. Ma ispirarsi alla natura significa ragionare per relazioni, come impongono i criteri di certificazione Leed degli edifici eco-sostenibili: gli elementi che compongono un sistema sono una rete di relazioni inserita in reti più grandi, dove il risultato qualitativo dell'intero sistema è maggiore della somma delle singole parti. In linea con questo approccio, l'edilizia diventa punto di snodo per trasformare il nostro processo produttivo, che consuma risorse e produce rifiuti ed emissioni, in un modello produttivo sistemico, che preferisce le risorse vicine rispetto a quelle lontane e che attiva, con gli scarti di un sistema che alimentano l'altro, una collaborazione virtuosa tra i processi produttivi agricoli e industriali, il sistema naturale, il contesto territoriale e la comunità, dando vita così ad una rete di relazioni aperta che rivitalizza il territorio.